Quando le cose non vanno bene si urla. Un suono ad alto volume, istintivo, che nella sua assenza di parole porta con sé una valanga di emozioni: dolore, rabbia, voglia di dimostrare la propria esistenza. L'urlo, in questo caso, ha una forma ben precisa. È studiato, pensato, ragionato, ma non per questo si dimostra meno potente o meno rabbioso. O meno disperato. In questa nostra recensione di Due Estranei proveremo ad analizzare il merito di questo cortometraggio che, in soli trenta minuti, dà corpo a un sentimento che non può più rimanere nascosto, che non può più essere minimizzato e che va messo in scena con una schiettezza disarmante. Il cortometraggio disponibile su Netflix (al momento solo sottotitolato) è un'opera originale e terribile nel mettere in scena il razzismo americano. Si collega all'attualità, la reinterpreta in un what if surreale, maschera il dramma con la leggerezza, scivolando lentamente tra l'ottimismo e il nichilismo. Candidato ai premi Oscar 2021 nella categoria Miglior Cortometraggio, Due Estranei è un film breve e imperdibile.
Un loop infinito
Il protagonista Carter, un giovane afroamericano, si sveglia nel letto di una ragazza con cui ha passato la notte. Deve tornare a casa dove il suo cane lo sta aspettando. Indossa le cuffiette per ascoltare un po' di musica sulla via del ritorno, si ferma sul marciapiede per accendersi una sigaretta quando viene fermato da un poliziotto sospettoso. Si intuisce presto che l'unico sospetto è legato a un pregiudizio sul colore della pelle e la conversazione, a prima vista rispettosa, si conclude velocemente in uno scontro mortale: Carter morirà strangolato dall'agente di polizia mentre viene arrestato. Per poi svegliarsi sul letto della ragazza e ricominciare da capo la giornata. Carter vivrà costantemente questo loop infinito in cui proverà a cambiare gli eventi per evitare la propria morte. È una soluzione narrativa efficace per mettere in scena una ferita sia profonda che apertissima dell'America contemporanea. A nemmeno un anno di distanza dalle immagini della morte di George Floyd che hanno fatto il giro del mondo, Travon Free e Martin Desmond Roe sono riusciti a incanalare questa rabbia di disperazione e a creare un'opera dal chiaro messaggio politico e, soprattutto, sociale. Perché sarebbe troppo comodo, e persino errato, semplificare il cortometraggio come un'opera di denuncia (e non vogliamo nemmeno immaginare che ci possano essere le sempre più presenti e sterili critiche che inneggiano al "politicamente corretto"): Due Estranei vuole svegliare lo spettatore, chiamandolo direttamente in causa e rendendolo partecipe di una tortura psicologica.
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Aggiustare "le cose come stanno"
Sul portone di casa di Perri, la ragazza con cui ha avuto il primo appuntamento, il numero non è ben fissato. Quel 9 dorato è diventato un 6, mettendo in bella vista il simbolo dell'infinito. Carter è bloccato in questo spazio infinito in cui non ha scampo. Non che abbia scelta, così come non ha scelto il colore della sua pelle, unica causa dei sospetti su di lui, delle violenze subite, della cattiveria delle forze di polizia pronte a premere il grilletto e ucciderlo. Il corto si basa quasi esclusivamente sui tentativi di aggiustare le cose. Ma cosa bisogna aggiustare? È Carter che deve lasciare lo zaino in casa o vestirsi in un altro modo? È lui che deve usare parole diverse, stare attento a chi incontra per strada. In poche parole, bisogna aggiustare la sua stessa esistenza? Deve aggiustare sé stesso? Oppure il problema è ben più profondo di questo e la colpa non è sua. È solo una vittima degli eventi, delle semplici "cose come stanno". La canzone che Carter ascolta mentre esce dal palazzo di Perri è The Way It Is, un famoso brano di Bruce Horsnby and the Range il cui testo si riferisce al Movimento per i diritti civili degli afroamericani avvenuto negli anni Sessanta e nel ritornello si dice che "alcune cose non cambieranno mai, è così che sono". Carter sta cercando, invece, di rompere questa realtà consolidata e immutabile, una realtà quotidiana che, però, ha il sapore dell'assurdità fantascientifica.
Tra ottimismo e pessimismo
Se è possibile usare il cinema per ragionare per assurdità, il cortometraggio decide, a un certo punto, di prendere quella strada riuscendo ad avvicinare vittima e carnefice. Grazie al dialogo, a uno scontro pacifico a suon di idee, di parole, di punti di vista, i due riusciranno a trovare alcuni punti di contatto o, forse, semplicemente, saranno capaci di comprendersi. È una mano tesa che sembra davvero avvicinare i due estranei del titolo e rompere il loop di cui forse è prigioniero anche lo stesso poliziotto ("Non ho mai parlato così tanto con uno come voi" dirà). Ma è solo un ennesimo sogno. Quella distanza che è presente nel titolo originale, Two Distant Strangers, e che si perde inspiegabilmente nella traduzione italiana, forse non si potrà mai riempire. In questo destabilizzante e cinico gioco, la storia di Carter diventa una storia universale. Il nome di un personaggio diventa definizione di un intero popolo composto di cittadini americani uccisi a causa del razzismo furioso insito nel sangue di altri cittadini che dovrebbero servire e proteggere con "cortesia, professionalità e rispetto", come scritto sulla portiera dell'auto. Con queste idee visive che mettono in mostra il sogno americano diventato un incubo da cui non ci si può svegliare, Due Estranei si gioca il tutto per tutto e cerca almeno di svegliare la coscienza dello spettatore. In quell'ultimo primo piano, con un personaggio che si rivolge direttamente in camera, con quella lista di nomi che scorrono, con l'invito a dire ad alta voce quei nomi e a ricordarli, il cortometraggio svela le sue carte e ammette di essere un'opera faziosa e di parte. La parte giusta.
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Conclusioni
Concludiamo la nostra recensione di Due Estranei dando a questo incredibile cortometraggio il massimo dei voti. È un’idea originale per mettere in scena una realtà americana ormai troppo insopportabile. Ed è così che questi trenta minuti diventano un grido di dolore, di rabbia, di sfogo, di volontà a cambiare le cose. Di chiaro stampo politico, il corto chiama in causa lo stesso spettatore: se è impossibile farlo dall’incubo, che sia almeno la coscienza a svegliarsi. Imperdibile.
Perché ci piace
- L’idea è originale e ottimamente sviluppata.
- Lo spettatore si sentirà chiamato in causa.
- Il cortometraggio ha la forza di un grido sincero: è da queste esigenze che nasce l’arte migliore.
Cosa non va
- Nulla da segnalare.