Dopo gli 'esami' di Brizzi, Andrea De Rosa diventa grande

La nostra intervista all'attore di 'Notte prima degli esami' sui suoi prossimi progetti cinematografici - tra cui l'imminente 'Quando si diventa grandi' - il mestiere di attore in Italia, tra difficoltà e soddisfazioni e altro ancora.

Lo abbiamo conosciuto nei panni di Massi, il "cazzaro" di Notte prima degli esami - accanto a Nicolas Vaporidis e agli altri giovani protagonisti del film - e in altri ruoli giovanili in commedie come Ultimi della classe, ma adesso Andrea De Rosa, romano classe 1983, si prepara a nuove sfide, e non solo nel campo della recitazione.

Andrea, dalla stand up comedy nei teatri off di Roma, fino a Notte prima degli esami e adesso Quando si diventa grandi. Due titoli in qualche modo "simbolici", che raccontano un po' la parabola della tua giovane carriera. Cosa ti aspetti dal tuo futuro professionale adesso che stai crescendo?

"Mi aspetto di fare questo mestiere per il piacere di farlo, quindi di poter scegliere i ruoli e non dovermi accontentare di fare sempre la stessa cosa. Di mettermi sempre in discussione. Di potermi dividere tra cinema, teatro e televisione, e vivere solo di questo pane. Questi sono i miei sogni... per carità, non è un momento facile, lo sappiamo tutti: c'è tanta fame e poco lavoro. I miei sogni però mi hanno portato a fare il film che hai appena nominato. Quindi continuo ad allenarmi, oltre che nella recitazione, anche nella scrittura, come nel caso di Quando si diventa grandi."

Dopo diversi ruoli brillanti - l'ultimo dei quali, ricordiamo è quello di Becchino in Ganja Fiction, attualmente in post-produzione - ci sembra di capire che sei approdato a un'interpretazione dai toni più riflessivi, quella di un giovane scrittore alle prese con un blocco creativo. Si tratta di una storia scritta da te in sinergia con Renato Solpietro, che tra l'altro fa parte del cast. Da quale spunto sei partito per raccontare la storia del protagonista di Quando si diventa grandi?

"E' una storia un po' lunga, cercherò di essere sintetico. Avevo in testa l'idea di questo film da quattro anni, ma ho aspettato a scriverlo perchè c'erano da mettere insieme un po' di spunti e anche perchè non mi sentivo abbastanza maturo. Poi c'è stato l'exploit del film di Brizzi, e mi sono trovato all'improvviso coprotagonista di un film di successo, in una realtà completamente diversa. Tutto questo ha fatto sì che io avessi il vero spunto per iniziare a scrivere la mia sceneggiatura, che come hai capito è anche vagamente autobiografica. Solo che quello di Notte prima degli esami è stato un successo di gruppo, mentre in Quando si diventa grandi si parla del successo di un singolo, quindi più dirompente. Altra differenza: il protagonista non è un attore, ma uno scrittore. Nella scrittura sono stato aiutato da Renato Solpietro, con cui, per quanto riguarda la comicità e le situazioni brillanti, abbiamo un'ottima intesa, mentre per il profilo psicologico della protagonista femminile, da Crisula Stafida (compagna di De Rosa n.d.r.) che ne è anche l'interprete."

Hai interpretato uno studente sbruffone, e uno più timido e impacciato, ma hai anche messo alla berlina i vizi e le manie della tua generazione in un tuo recente spettacolo teatrale. Per te recitare significa metterti sotto i riflettori per raccontare la realtà che ti circonda, e che osservi ogni giorno, oppure nasconderti ogni volta dietro una maschera diversa?

"Per quanto riguarda il cinema, mi piace entrare completamente nella psicologia e nelle movenze di un'altro. Già lo avrai sentito dire, è il bello di questo mestiere: estraniarti da te stesso e trasformarti in un'altra persona, con relativa sofferenza ma anche divertimento. Nel cabaret è diverso, almeno per me. Lì ironizzo, faccio battute, parodie, satira, ma resto me stesso, perché lo uso come terapia di sfogo: cerco di divertire sulle cose che più mi danno fastidio della televisione, delle mode e della mia generazione. E naturalmente è una bella palestra per aggiornare i tempi comici."

Quando hai capito con chiarezza che ti sarebbe piaciuto recitare?

"Se devo dire la verità, non ricordo un momento preciso in cui l'ho deciso... forse perché ho sempre voluto fare questo. Da piccolo volevo fare l'attore comico e basta, poi dopo aver iniziato a studiare recitazione, mi sono appassionato al mestiere in senso totale e ho scoperto il piacere di fare anche il drammatico, magari me lo proponessero... Secondo me, chiunque sente dentro una grande passione per questo mestiere, deve studiare e dare il massimo per riuscirci. Ma se questa passione non ce l'hai e ti interessa solo apparire, o fare quella che secondo te sarà una "bella vita", devi startene a casa o fare un altro lavoro. Sembra una cosa scontata, ma non lo è: colpa dei cattivi esempi televisivi, soprattutto i reality - Grande Fratello in primis - non smetterò mai di dirlo! Il messaggio che arriva all'interlocutore è: "Li vedi questi qua? Stanno dentro una casa, non fanno niente e appena escono saranno pieni di soldi, successo e avranno la strada spianata nel mondo dello spettacolo!". Questo è inaccettabile. Penso soprattutto a quelli che non hanno avuto la mia fortuna di azzeccare il film giusto e lottano da anni per emergere dopo aver studiato e fatto tanta gavetta."

Come hai vissuto il successo improvviso di Notte prima degli esami? Te lo aspettavi, o ne sei rimasto sorpreso?

"Quando una cosa te la aspetti non succede. Infatti ne sono rimasto assolutamente sorpreso e anche spaesato. Ho dovuto fermarmi a pensare cosa era accaduto e poi sono ripartito con i piedi saldi a terra, cosciente che è stato un caso più unico che raro."

Si sente dire sempre più spesso che le commedie nostrane che arrivano nelle sale oggi non sono paragonabili alle storiche "commedie all'italiana" di una volta, che hanno fatto storia. Da cosa dipende questo secondo te? C'è qualcosa che andrebbe cambiato nel modo di concepire il genere della commedia, oppure no?

"Ci sono bravi attori, bravi sceneggiatori e bravi registi. Ma si fanno pochi film. Di conseguenza ne risente anche la commedia, che nel nostro paese è stato il genere più prolifico per almeno tre o quattro decenni. Amo la commedia perché è il genere più azzeccato per raccontare il proprio paese, il costume, l'attualità e la gente. E la amo perché è multiforme: può essere amara, brillante, sentimentale, di costume, e molto altro ancora. Ripeto: secondo me, di gente valida ce n'è, e ce n'è altrettanta che ancora deve essere scoperta, solo che se il cinema non viene aiutato e finanziato, resteremo sempre così. E di begli esempi ne avremo sempre meno, perché sono i film che sono sempre meno."

La difficoltà più grande nel fare cinema in Italia, secondo te, è nella mancanza di coraggio da parte di chi distribuisce e produce, o nel pubblico che dovrebbe aprirsi alle novità? Pensi che il pubblico nostrano sia eccessivamente 'chiuso', oppure è chi fa cinema a puntare sulle stesse cose e non osa nuovi linguaggi?

"Sicuramente il pubblico non ha colpe. Con questo non voglio generalizzare, perché ci sono produttori e produttori. Ad esempio, quelli indipendenti, che non sono aiutati da nessuno, e credono fino in fondo in un progetto e lottano fino alla fine per fargli vedere luce. E' il sistema che è sbagliato. Ti faccio un esempio concreto: si fa un film nuovo, fresco, che coglie di sorpresa il pubblico e incassa tantissimo. A questo punto che si fa? Si crea un'altra storia fresca, nuova che colga di sorpresa il pubblico?Assolutamente no. Si fanno altri dieci, quindici film dove cambia un po' la trama ma la sostanza è sempre la stessa. Il pubblico però non lo prendi in giro. Perchè non è stupido e soprattutto vuole la varietà, sia di storie che di scelta. Per carità, io su quattro film che ho fatto, in tre ero uno studente, ma io sono un attore emergente, quindi accetto la proposta e mi impegno al massimo. Dovrebbe essere qualcun altro a propormi qualcosa di diverso. Ad esempio, Quando si diventa grandi, anche se il titolo è equivocabile, non segue affatto il filone adolescenziale, poiché parla almeno di un periodo di transizione: ovvero il passaggio dall'adolescenza all'età adulta. Oh... è già un passo avanti!" (sorride)

C'è un aspetto che ami particolarmente del tuo lavoro, e uno che proprio non sopporti?

"Questo lavoro lo ami per tante sue sfaccettature. Per il bello di divertirti, avere paura ed emozionarti col personaggio per poi riversare e trasmettere tutte queste emozioni sul pubblico, che se si riconosce e si emoziona a sua volta, e ti dà una forte gratificazione personale. La cosa brutta è che è un mestiere precario, fatto di tante attese, rischi e illusioni. Ma anche questo aspetto te lo fa amare ancora di più."