Quando giocavamo la prima volta a Doom, nel lontano 1994 sul nostro primo PC, avevamo il sentore di qualcosa che rivoluzionasse il mondo dei videogiochi. E il fatto che stiamo ancora parlando del mondo videoludico creato da id Software a più di trent'anni di distanza è la conferma che quelle sensazioni rispondevano al vero, che di fatto quel cammino iniziato con Wolfenstein e Doom nei primi anni dei '90 ha ancora senso oggi. Un approccio agli shooter in prima persona che va ovviamente svecchiato, come si è cercato di fare col nuovo corso di Doom dal 2016, e che The Dark Ages cerca di fare con spunti interessanti.

Il nuovo gioco della popolare quanto cruenta serie, disponibile su PS5, Xbox e PC dal 15 maggio, si presenta come prologo di quanto fatto dal 2016 in avanti con il reboot della saga e il successivo Doom Eternal. Un prequel a tutti gli effetti che racconta le gesta del Doom Slayer e la sua lotta contro le legioni dell'Inferno. Racconta, il termine giusto da usare, perché una delle novità del nuovo titolo è di tentare una strada più narrativa a fare da collante all'azione sopra le righe che caratterizza il franchise, non mero pretesto ma condimento gustoso.
Le origini del Doom Slayer
Terzo capitolo del nuovo corso, ma cronologicamente posto prima del Doom del 2016, The Dark Ages sfrutta l'espediente del prequel per farci conoscere il cammino dello Slayer da mera e impetuosa pedina al servizio di poteri più grandi di lui a macchina di morte in grado di eliminare qualunque minaccia si trovi al suo cospetto. Un percorso dettagliato e messo in scena attraverso una costruzione narrativa più elaborata rispetto al passato, coerente con i presupposti iconografici della serie, con dei personaggi ricorrenti sia sul fronte degli alleati che quello dei rivali, e soprattutto una serie di cutscene per introdurre e accompagnare i 22 capitoli di cui il gioco è composto.

Una scelta visiva che valorizza il lavoro di costruzione scenografica, con un immaginario generale che vira dalla scifi brutale a cui eravamo abituati per colorirsi di sfumature quasi lovecraftiani, spostandosi in direzione da fantasy medievale, cupo e tetro. Una gioia per i nostri occhi affamati di atmosfere di questo tipo, tanto da rammaricarci per la frenesia dell'azione che non ci permette di soffermarci quanto vorremmo sui dettagli che caratterizzano le tante location in cui ci troviamo a combattere.
Tutto quello che ci aspettiamo da Doom...

Perché ovviamente il gioco è crudo e frenetico come è giusto che sia, perché l'azione è brutale e ricca di quell'impeto che il Doom Slayer richiede. C'è tutto quello che possiamo aspettarci da Doom in The Dark Ages, dalle armi che già conosciamo (e la gioia di imbracciare il classico e amato shotgun appena ne entriamo in possesso non ha eguali), ad altre aggiunte intriganti che aggiungono varietà a un combattimento molto fisico, solido e sanguinoso, che richiede spostamenti laterali sul campo di battaglia e rende intrigante il rimanere a contatto con l'avversario: abbiamo trovato molto intelligente ed equilibrato il modo in cui i diversi tipi di armi melee valorizzano il combattimento corpo a corpo, con un lavoro interessante sulle combo e la brutalità che ne deriva, e dell'impagabile scudo-sega, utile per proteggersi e realizzare "parate perfette" che danno la possibilità di eseguire colpi molto dannosi per l'avversario, ma anche come arma d'attacco da lanciare all'occorrenza contro i nemici.
... e qualcosa di nuovo per The Dark Ages
Se queste novità del combattimento danno vita a vere e proprie danze tra l'avvicinarsi e l'allontanarsi dagli avversari per gestirsi al meglio, The Dark Ages presenta anche altre aggiunte che mirano a rendere più vario e articolato il flusso del gioco, per non renderlo qualcosa di più del solito sparatutto in prima persona. La prima è l'Altan, che potremmo descrivervi come una sorta di grosso mech che lo Slayer può controllare in alcuni livelli che ne richiedono l'uso. Una novità che funziona perché dosata al punto giusto, in modo da assecondare l'esaltazione di controllare questa macchina di morte senza insistervi tanto da far emergere i limiti nella sua gestione.

La seconda è il drago che possiamo cavalcare in altri livelli per volare da una parte all'altra della mappa, eliminare delle torrette nemiche e permetterci di atterrare per continuare la distruzione come al solito via terra. Un'aggiunta stuzzicante a livello di idea, ma che soffre di una realizzazione meno riuscita dell'Altan: se col primi ci si diverte nelle sequenze che lo vedono protagonista, il drago rischia di diventare frustrante per un sistema di controllo poco funzionale e un sistema di mira che toglie, invece di aggiungere, divertimento.
Lo spettacolo di Doom: The Dark Ages

Nel complesso, però, The Dark Ages ha più meriti che difetti e ci si diverte molto per la quindicina di ore che servono per completare il 22 capitoli e godersi la storia principale. Lascia anche con la voglia di tornare a ripercorrere le singole sezioni per aumentare la percentuale di completezza ottenuta al primo passaggio, ma soprattutto con la suggestione di voler vedere le atmosfere e i luoghi del suo sanguinoso e demoniaco fantasy medievale anche in forma diversa, magari come background di un film o una serie. Sarebbe ora di un nuovo adattamento che possa rendere giustizia alla saga e sviluppare in modo compiuto quella narrativa di cui Doom: The Dark Ages ci ha dato un primo intrigante assaggio.
Conclusioni
Doom: The Dark Ages ripropone tutto quello che ci aspettiamo da un gioco del franchise in termini di azione e violenza sopra le righe, ma cerca di aggiungere anche qualcosa di nuovo, sia dal punto di vista del gameplay che sul piano narrativo, che è quello che più interessa a noi: a differenza del passato, c’è un vero e proprio racconto a far da collante ai diversi capitoli, con delle cutscene dal gusto cinematografico, dei personaggi che ci accompagnano e una storia, seppur esile, a sostenere le origini del Doom Slayer che ci vengono raccontate. Il tentativo, per lo più riuscito, è di soddisfare i fan di vecchia data, ma incuriosire anche le nuove generazioni.
Perché ci piace
- L'aggiunta di una componente narrativa più elaborata.
- La messa in scena delle cutscene e l'ambientazione.
- La solita frenetica e sanguinosa azione di Doom.
- L'equilibrio nel combattimento e l'Altan.
Cosa non va
- Il drago non funziona bene quanto l'Altan.
- Alla fine è pur sempre Doom e chi non ama la saga potrebbe non apprezzarlo.