L'abbiamo vista in Mad Men, prima ancora ne Il diario di Bridget Jones e Schindler's List. Oltre che in Ray Donovan e Old di M. Night Shyamalan. Dall'altra parte dello schermo, collegata via Zoom, ecco Embeth Davidtz, che ha esordito alla regia con Don't Let's Go to the Dogs Tonight. Il film, presentato al Telluride Film Festival e Toronto, è basato sulle libro di memorie di Alexandra Fuller, nel quale raccontava l'esperienza della propria famiglia (di bianchi) nello Zimbabwe segnato dalla guerra di quella che, fino al 1979, veniva chiamata Rhodesia.

Ad interpretare Alexandra, la piccola rivelazione Lexi Venter. Con lei, anche la stessa Davidtz, che si è ritagliata il ruolo - non facile - della mamma Nicola Fuller. "Volevo interpretare questo personaggio", spiega la regista alla stampa mondiale, raccolta per la conferenza. "Ho adattato la sceneggiature, c'è voluto del tempo. Quando non ho trovato un regista ho pensato: "ok, lo dirigerò io". Tutta la mia energia è stata dedicata alla bambina, non ho avuto tempo di riflettere, dovendo girare velocemente alcune sequenze. Tutto prodotto in sequenza. Il mio aspetto trasandato alla fine rispecchiava il mio stato d'animo, perché è stata una vera sfida realizzare qualcosa con un budget così ridotto e dirigere un bambino. È stato duro, la liberatorio".
Lo spunto per il film

Ancora senza data di uscita italiana (in Nord America i diritti sono stati acquisiti da Sony Pictures Classics), Don't Let's Go to the Dogs Tonight si sofferma sulla quotidianità della famiglia Fuller, e sulle difficoltà di vivere in un luogo estremamente complicato, e infiammato dalla campagna elettorale portata avanti da Mugabe. "Ho letto il libro anni fa", continua Embeth Davidtz, "Mi sono trasferita in Sudafrica quando avevo otto anni, e Alexandra racconta la storia della sua infanzia in Zimbabwe. E quando l'ho letto, ho pensato: "Questo è proprio quello che ho vissuto nella mia infanzia, alla stessa età". E mi è rimasto impresso. Più guardavo il libro, più sentivo la necessità di raccontare una storia che dovevo legarsi alla mia vita. C'erano tante cose in comune. In parte, è avvenuta la stessa cosa quando ho ricevuto la chiamata per Schindler's List. Quando Spielberg mi ha chiamato, ho avuto la sensazione che quello fosse un momento importante della mia vita, avendo un bisogno irrefrenabile di raccontarlo. E così andò, a causa del mio legame e delle somiglianze con la mia infanzia".
Il mal d'Africa secondo Embeth Davidtz
Embeth Davidtz, poi, si sofferma sul suo legame con l'Africa. "Qualunque sia il luogo in cui la nostra anima discende, l'Africa ti cattura e non ti lascia più andare. Ho trascorso del tempo in Zimbabwe, in Botswana, in Mozambico. Quella particolare area geografica, tutto ciò che la riguarda, dagli odori alla temperatura dell'aria, al cibo, alle persone, alle risate, al senso dell'umorismo, è rimasto dentro di me. Mi sono trasferita in America 30 anni fa, ma non ho mai lasciato andare questa parte di me. È uno dei motivi per cui ho dovuto realizzare Don't Let's Go to the Dogs Tonight".

Nel film, la piccola Lexi Venter condivide la scena con numerosi animali. Cani, gatti, galline. E un serpente. Gli animali, fin dal titolo, sono infatti centrali in Don't Let's Go to the Dogs Tonight. "Dicono che non bisogna mai lavorare con animali o bambini. In questo film ho avuto a che fare con entrambi in modo piuttosto strano", confida la regista. "Ho affrontato la situazione come se niente fosse, ma il serpente è stata una delle cose più difficili. Ho una paura folle dei serpenti. Abbiamo utilizzato alcuni effetti speciali e uno schermo verde, ma si trattava comunque di un serpente molto velenoso e spaventoso. Sul set c'era un addestratore di serpenti. E poi ho avuto un meraviglioso addestratore di cani. In ogni ripresa c'era qualche cane che si alzava e se ne andava. Volevo cani che non fossero addestrati a stare seduti. La cosa che mi ha aiutato molto è che il cane principale che sta sotto il tavolo con la bambina, con Bobo, era in realtà il cane della piccola attrice. Chiedevo al cameraman: "Tieni la telecamera accesa quando la bambina non se ne accorge". Molte delle cose che ho montato riguardavano Lexi mentre giocava con il suo cane, gli dava da mangiare, lo coccolava". In fine, il gatto: "I gatti non sono tranquilli, ma nel nostro c'era qualcosa di speciale. Se ne stava sdraiato sul letto, abbracciato dalla bambina, permettendomi di ottenere le riprese di cui necessitavo".

A proposito, Lexi Venter, esordiente, è una vera e propria folgorazione. "Avevo detto fin dall'inizio che volevo una bambina che non avesse mai recitato prima, perché sapevo cosa sarebbe successo. Il reparto casting non capivano bene le mie indicazioni. Continuavano a trovare bambini che avevano già recitato. Allora ho detto: "Mettiamo un post su Facebook. Pubblichiamo sui social media. C'è qualcuno che conosce una bambina tra i sei e i nove anni che sia selvaggio, scalzo, libero, che sappia andare a cavallo, che magari non abbia paura delle moto e che abbia un viso cinematografico e una qualità naturale?". Non appena ho visto il viso di Lexi, ho pensato quanto fosse espressiva, brillante, divertente, senza rendersi conto di esserlo. Non sapeva ancora leggere, ma non volevo imparasse le battute. Doveva recitare la situazione, mantenendo la sua freschezza. Doveva essere naturale".
Don't Let's Go to the Dogs Tonight: una storia intima e collettiva
In qualche modo, Don't Let's Go to the Dogs Tonight potrebbe essere paragonato a La zona d'interesse: da una parte la vita vissuta, dall'altra marcate e drammatiche atrocità. In mezzo, la fine del colonialismo in Africa. "Questa fine è il fondamento della storia", dice Embeth Davidtz, "perché la famiglia stava andando in pezzi. Stanno andando in pezzi perché c'è una madre che non accetta il fatto di stare perdendo la sua posizione di supremazia. Come ne La zona d'interesse c'è l'idea che ci siano persone molto attaccate alla rigidità del proprio sistema, in contrapposizione a ciò che serve al bene comune. Quando ho letto il libro di memorie mi è sembrato che il mondo ruotasse attorno alla figura materna. Se la madre è fuori centro, se la madre sta cadendo, tutto crolla. Lo spunto di una famiglia che crolla in una società che sta crollando mi ha fatto pensare che questo fosse il modo giusto per raccontare la storia. L'illustrazione più profonda del microcosmo e del macrocosmo che crollano contemporaneamente".