Voleva essere uno show, ed effettivamente c'ha provato, dall'inizio alla fine. Fabrizio Bigio, che accoglie i candidati fuori il Teatro 5 di Cinecittà in Roma, come se fossimo ad Hollywood, prima della cerimonia degli Oscar. Paola Cortellesi, Silvio Orlando, Emanuela Fanelli, Marco Bellocchio, Barbara Ronchi. Qualche battuta, lanciata lì a rompere il ghiaccio. Il time code Rai, intanto, corre: la diretta è ormai iniziata, preceduta da un nutritissimo red carpet. Interviste, flash, baci e abbracci. Passerella di rito, ritrovo tutto del cinema italiano, che ogni anno fa il punto della situazione durante la Cerimonia dei David di Donatello. Non possiamo non pensare a Call my Agent - Italia, e quanto sia speculare alla realtà che viviamo, e che proviamo a farvi vivere. Se "il cinema è la nostra storia", come ha illuminato il Presidente Sergio Mattarella, nel consueto ricevimento mattutino, quella andata in scena su Rai1, presentata da Carlo Conti e Alessia Marcuzzi, è in effetti una cerimonia che ha provato a svecchiarsi (a volte riuscendoci, a volte no), affidandosi per l'apertura alle coreografie di Luca Tommasini: un omaggio a Federico Fellini sulle note di Nino Rota che finisce per mashare con Mahmood e la sua Tuta gold.
E poi? Poi irrompe il siparietto tra Alessia Marcuzzi e Nanni Moretti ("non mi sono messa i sabot, sta sera, Nanni!"), ed eccola subito sul palco, al fianco di Carlo Conti. La parola 'cinema' ricorre spesso e volentieri, intanto che si consuma (già) la prima mezz'ora di diretta. E il primo David? Il primo dei tanti: quello del Pubblico, che va a Paola Cortellesi e al suo C'è ancora domani. Di premi, durante la serata, ne vincerà molti, dividendo la luce con Matteo Garrone, che inaspettatamente porta a casa il Miglior Film (che brusio, in sala stampa!). Ma attenzione, perché "se il cast dei sogni", secondo la Cortellesi, ha riportato in sala la grande platea, c'è una riflessione su quanto il pubblico debba tornare centrale. Come? Tutto deve partire dalle sceneggiature: bisogna ridare un senso profondo al mestiere del cinema, capace di scavare ed entrare nell'anima del pubblico. "Sembra una frase fatta, eppure è vero", dirà commossa Emanuela Fanelli, per il David alla Miglior Attrice Non Protagonista. E in fondo è così: il cinema è una frase fatta, ma ogni volta è diversa. Un po' come il cinema italiano: troppo ombelicale a volte, troppo simile a sé stesso, ma sicuramente mai sgraziato e mai disinteressato.
Amore, lotta e la lezione di Vincenzo Mollica
Di amore e di lotta, potremmo titolare questi David 69. La lotta di Paola Cortellesi, per un cinema pop che guarda alla qualità; la lotta di Michele Riondino ed Elio Germano (che vince forse un po' a sorpresa?), girando l'Italia, per spiegare quanto il lavoro sia alla base della nostra Costituzione, nonostante ci siano in giro troppe Palazzine LAF. "Potremmo accantonare le fabbriche, se sviluppassimo al meglio le prospettive dell'industria cinematografica", sottolinea Riondino, ricevendo il premio per il miglior attore. E poi, la serata scorre ancora e ancora nel segno di Paola Cortellesi: sul palco salirà diverse volte, e tutte le volte sarà puntuale nei discorsi, nei ringraziamenti, nella sostanza che l'ha mossa a fare il salto, diventando forse quella regista che in Italia mancava dai tempi di Lina Wertmüller. Un'esagerazione? Forse sì, ma oggi è festa, e se non si esagera quando si festeggia...
A proposito di festa, tra i momenti che restano di questa edizione c'è il David speciale a Vincenzo Mollica. Il giornalista, piccolissimo ma vivido, sale sul palco per mano a sua moglie Rose Mary, regalando alla platea diversi aneddoti, ma soprattutto regalando una lezione di giornalismo: non bisogna cadere nel narcisismo del mestiere, ascoltare le risposte è più importante che fare le domande. Chapeau.
David di Donatello 2024: tutti i vincitori, Io capitano è il miglior film
Il trionfo di C'è ancora domani e il cinema italiano che è "tutto un magna magna!"
Ma se ogni festa è anche un momento di confronto, quello più spinoso si consuma... per le scale. Ecco, il cinema italiano è un condominio (non ci sono dubbi), e dunque diciamo che è stata spiacevole la premiazione off delle così dette maestranze: scenografi, costumisti, acconciatori che il David l'hanno ricevuto letteralmente da un'altra parte. Niente Teatro 5, ma altri "luoghi dove si crea in maniera artistica", interviene Carlo Conti, a placare le rimostranze di Sergio Ballo, che ha vinto il David per i costumi di Rapito. Scrivevamo di lotte, ed ecco Diodato che "ricorda la lotta dei tarantini", ed ecco Anna Foglietta, che invece parla di cinema come "un cammino lungo, da percorrere tutti insieme", prima di consegnare il David per la migliore attrice a... Paola Cortellesi!
Al quinto David, in ordine di consegna, la regista e attrice sale sul palco commossa, scherzando: "è tutto un magna magna!". E forse sì, forse è vero: luogo comune per eccellenza, zona di comfort quando la situazione gira male. Sì, è tutto un magna magna. Però, dovremmo considerarci di più, e meglio: pensiamo a Justine Trier, che ricevendo il David per il Miglior Film Internazionale "omaggia" quel gran film che è La chimera di Alice Rohrwacher (ingiustamente snobbato). Del resto, i David di Donatello 2024 vanno così: tre ore piene (con poca pubblicità, per buona pace di noi giornalisti, che non riusciamo nemmeno a ber un bicchiere d'acqua) e la legittimazione di C'è ancora domani, entrato nell'immaginario di un'industria che cercava un punto da cui poter ripartire (ma il David per la Miglior Produzione andrà a Io Capitano...). Tuttavia, a guardar bene, i premi chiudono un ciclo, ma aprono al futuro: bisogna correre, perché una rondine non fa primavera. Soprattutto oggi, che fuori c'è un maggio che sembra novembre.