Quello che è stato il caso cinematografico dell'anno in Francia arriva finalmente anche sugli schermi italiani. Si tratta di Giù al nord, piccola commedia che, distribuita oltralpe la scorsa primavera, ha battuto a sorpresa ogni record d'incassi, arrivando a un passo dalle cifre astronomiche di Titanic e risultando così il più grande successo della storia del cinema francese. Sono stati, infatti, addirittura 21 milioni i biglietti staccati nei cinema transalpini che si sono trovati a dover aumentare la propria programmazione giornaliera per accogliere nelle proprie sale i fiumi di persone desiderose di assistere a quello che è diventato in breve tempo un vero e proprio fenomeno. Scritto e interpretato da Dany Boon, Giù al nord ha messo d'accordo critica e pubblico grazie al suo sguardo ironico sulla contrapposizione esistente tra Sud e Nord della Francia, totalmente opposta rispetto a quella che può essere ritrovata in un paese come il nostro. I nostri cugini d'oltralpe considerano infatti il Nord come un luogo tetro, gelido e inospitale, mentre il Sud è visto come un'oasi di benessere dove tutti sognano di vivere e lavorare. Per Dany Boon però, è ora di sfatare i luoghi comuni e mostrare il vero volto di una regione considerata da sempre ostica, per restituirne una realtà fatta di umanità e grande spirito solidale, in cui lo straniero viene accolto a braccia aperte. A portare il film in Italia è Medusa, che lo distribuisce, a partire dal prossimo 31 ottobre, addirittura in 400 copie con in cantiere già un remake tutto italiano della storia.
L'idea alla base del successo del suo film è la contrapposizione tra Nord e Sud della Francia. Era già stata esplorata in precedenza dal cinema francese?
Dany Boon: Non era mai stata ancora trattato questo tema nel modo in cui l'ho fatto io, perchè solitamente se si gira un dramma lo si ambienta al Nord, mentre se è una commedia al Sud. E' la prima volta che una commedia che parla del Nord viene girata effettivamente in quei luoghi senza che ci siano sullo sfondo depressione, miniere, mancanza di lavoro e suicidi. Sono protagonista di una serie di one man show da quindici anni e sono originario del Nord. In Francia, le persone del Sud hanno tanti preconcetti rispetto agli abitanti settentrionali che considerano chiusi e tristi. In realtà le persone del Nord sono molto aperte e accoglienti.
Da dove nasce questa storia? Tra i suoi ricordi ci sono episodi particolari che l'hanno spinta a fare un film su questo argomento?
Dany Boon: Non volevo fare un film che esaltasse la gente del Nord a discapito di quella del Sud. La mia è una commedia sulla tolleranza che vuole far ridere e far commuovere nello stesso tempo, è un film che non ha subito alcuna influenza da parte delle commedie hollywoodiane, ma che si rifà essenzialmente alla tradizione della commedia francese. Io sono cresciuto al Nord e negli anni ne ho sentite di tutti i colori in proposito, ma invece di arrabbiarmi preferivo riderne, come quando leggevo certi servizi sui giornali secondo i quali al Nord si moriva più giovani per la mancanza di luce.
Da dove viene il proverbio che lei usa nel film, e cioè "Uno straniero che va nella regione degli Ch'tis (Nord della Francia) piange due volte: quando arriva e quando riparte"?
Dany Boon: Ho usato spesso questo proverbio nei miei show in cui supplicavo la gente a venire in vacanza al Nord in luglio e agosto, un periodo in cui quella regione si svuota perché anche i suoi abitanti si spostano altrove per le vacanze. Quando una persona del Sud arriva in quelle zone teme una vita d'inferno e una pioggia continua, ma poi scoprono la grande umanità di quelle persone, la loro accoglienza e quindi piangono quando vanno via. Il Nord è una regione che ha accolto tanti immigrati e quindi c'è questa tradizionale apertura verso gli altri.
Ci sono state proteste al Nord per gli stereotipi che si possono riscontrare nel suo film?
Dany Boon: Non volevo dare un'immagine falsata delle persone del Nord, ma mostrare anche quei difetti che li rendono umani, e la loro voglia di superarli. Dopo che il film ha avuto tanto successo, la stampa se ne è "impossessata" e ne ha parlato in tutti i modi possibili, quindi anche criticandolo per una presunta immagine sbagliata che offriva del Nord. C'è di fatto però che l'estate scorsa il turismo da quelle parti è aumentato del 10%, i prodotti del Nord sono aumentati del 40% e c'è stato un impatto per certi versi delirante sul pubblico. C'è gente, per esempio, che ora va a fare pipì sul canale che si vede nel film, come fanno i protagonisti, e sono stati presi provvedimenti perché ormai c'era un tanfo insopportabile.
Se lo aspettava questo successo straordinario in Francia?
Dany Boon: Siamo stati molto sorpresi dalla risposta del pubblico, perché non ci aspettavamo un successo simile quando abbiamo realizzato il film. Abbiamo speso 11 milioni di euro per realizzarlo, ma in poche settimane erano già rientrati abbondantemente i soldi spesi. A marzo, quando il film è uscito in Francia, ha fatto quindici milioni di spettatori, le sale aggiungevano proiezioni mattutine e notturne e si creavano lunghe file ai cinema, tanto che in molti andavano a vedere il film nelle sale più vicine del Belgio. Giù al nord non è soltanto il più grosso successo della storia del cinema francese, ma quel che è più importante è un film che è stato amato dal pubblico. Uno dei fattori di successo del film è la tolleranza che emerge sia dalla storia che dai personaggi. La cultura del Nord è molto radicata nel territorio, ma è aperta anche agli altri. Oggi ci sono tanti pregiudizi, c'è la tendenza a giudicare tutto e tutti in maniera molto rapida, veniamo bombardati da tante informazioni, ma manca il tempo di elaborare tutta questa nuova conoscenza. La xenofobia e il razzismo vengono dall'ignoranza e il cinema può aiutare le persone a conoscersi e a non sprofondare nella propria chiusura.
Tra i riferimenti che ci sembra cogliere nel suo film ci sono Jacques Tati e Francis Veber. E' esatto?
Dany Boon: E' vero, sono stato molto influenzato da Tati perché sono cresciuto con i suoi film. Giù al nord può essere paragonato al suo per l'aspetto visivo della commedia fatto di gag e azioni goffe. Veber è naturalmente un altro dei miei punti di riferimento, ma nel film c'è anche un po' di Dino Risi, cioè di quel cinema fatto di persone semplici, che preferiscono denigrarsi pur di aiutare l'altro. Il mio film va contro il cinema hollywoodiano degli effetti speciali. Il personaggio-simbolo di Giù al nord è quello che interpreto io, quello cioè di un postino che suona le campane ed è contento così, felice della sua vita perché vive con gli altri. Il messaggio umano è quello che più ha toccato il pubblico, in un mondo in cui sembra che contino solo le cose superficiali. E' una storia semplice, raccontata in maniera dettagliata e ricca di particolari e che ha saputo conquistare anche il pubblico più giovane.
Quali sono i suoi prossimi progetti?
Dany Boon: Attualmente sto girando il nuovo film di Jean-Pierre Jeunet, intitolato Micmacs à tire-larigot, nel quale interpreto un personaggio drammatico. E' la storia di un bambino la cui vita viene distrutta dai fabbricanti di armi. Il padre, infatti, perde la vita per lo scoppio di una mina e lui si ritrova anni dopo a essere un clochard che intende vendicarsi nei confronti di quegli uomini che gli hanno rovinato l'esistenza. Per il resto, tornerò a teatro tra un anno a Parigi per i miei one man show e continuerò a fare cinema, soprattutto queste commedie eleganti e umane che sono quelle che preferisco.