Per festeggiare l'episodio numero 200, CSI: Crime Scene Investigation tenta di fare il colpaccio e chiama dietro la macchina da presa nientepopodimeno che William Friedkin, regista di film culto come L'esorcista e Il braccio violento della legge. Il risultato però è un episodio ambiguo e pieno di chiaroscuri, che sta già suscitando polemiche tra i fan statunitensi (per ora concordi nel bocciare la puntata). Se infatti nell'episodio si sentono molto la mano esperta del regista e il suo stile raffinato, viene pagato un pesante dazio in termini di plot: i fan di CSI, abituati a trame complesse e molto investigative, si troveranno davanti un intreccio tanto scarno da essere quasi inesistente, e dove la particolareggiata descrizione delle dinamiche di indagine lascia il posto a flashback e scene che approfondiscono soprattutto il lato umano dei personaggi, in particolare del professor Langston.
Si parte con una suggestiva introduzione ambientata nel mondo della "lucha libre", gli incontri di lotta libera che si svolgono nelle arene dei bassifondi di Las Vegas. In uno di questi locali, una giovane sta assistendo a un feroce combattimento. La ragazza sembra scossa e in preda all'alcol mentre fissa lo sguardo sul ring, poi all'improvviso si allontana dal locale barcollando. Presto, capiamo che qualcuno la segue: si tratta di un energumeno mascherato proprio come i campioni di "lucha libre".
Torniamo al presente per vedere il cadavere della Mallick nell'obitorio della Csi. Robbins indica come causa della morte la rottura di tre vertebre cervicali. A questo punto salta fuori un indizio che potrebbe rivelarsi importante: nella mano della giovane è infatti stretto un pezzo di cuoio bianco, probabilmente strappato da un indumento del suo assassino.
L'uomo, che è un ex-lottatore con precedenti per stupro, si dice estraneo all'omicidio e si rifiuta (come la maggior parte degli altri wrestler) di fornire un campione del suo dna. Intanto però, è arrivata dal laboratorio la notizia che le ricerche sul frammento di tessuto hanno permesso ai CSI di identificare da quale maschera tra quelle dei lottatori proviene. Si tratta di Fantazma, uno dei più noti lottatori, apprezzato dal pubblico per le sue prese. Il campione viene convocato da Brass, che comincia a torchiarlo. Fantazma sembra però estraneo ai fatti, e accetta senza problemi di fornire il suo dna. Ben presto, sarà chiaro perché. Le analisi di laboratorio mostrano che il dna ritrovato sul lembo di tessuto della maschera non appartiene al lottatore, ma allo speaker pregiudicato per stupro. Una volta scagionato, è lo stesso Fantazma a smascherare il colpevole negli spogliatoi, accusandolo di avergli rubato la maschera per commettere dei crimini, e intimandogli di andarsene. A questo punto però, lo speaker estrae un'arma e fa fuoco, uccidendo Fantazma, dopodichè tenta di darsi alla fuga, ma è troppo tardi. Brass e Stokes gli sono già addosso. Sotto interrogatorio, l'uomo ammette tutti gli omicidi ma cerca di discolparsi dicendo di essere caduto in potere di "Agoon". Si tratta, spiega l'uomo, del "dio della violenza", un'entità malvagia che lui non è riuscito a fermare. Mentre parla, sullo schermo appare a intermittenza l'immagine di una maschera demoniaca, che già avevamo intravisto nelle sequenze che precedono la morte di Silvia Mallick. Il caso è chiuso, ma le ultime sequenze sono tutte per Langston. L'uomo sfoga la sua rabbia per la perdita della sua allieva sfasciando mobili e suppellettili della stanza degli interrogatori. Mentre si allontana, sconsolato, scatta l'ultimo flashback, quello riguardante l'ultimo incontro tra lui e la Mallick. Qui capiamo una volta di più la statura umana e la profondità d'animo del nuovo leader della Csi, un uomo che non teme di mettere a nudo il proprio dolore e la propria collera per la perdita di una persona cara.
Si chiude così il 200esimo episodio di Csi, un episodio atipico e già vituperato da molti fan che non hanno apprezzato la trama essenziale e dominata dai flashback. Si tratta, in ogni caso, di un esperimento interessante per una serie che dopo nove anni riesce ancora a emozionare.