Le serie tv biografiche sono sempre rischiose perché si cade facilmente negli stilemi che le caratterizzano, rendendole già viste e un po' noiose. Soprattutto se si tratta di figure storiche realmente esistite che sono state determinanti per un certo corso degli eventi o per un settore in particolare, come ad esempio quello della moda. Non rientra per fortuna completamente in questo frangente la recensione di Cristóbal Balenciaga, la nuova miniserie spagnola (dal 19 gennaio tutta disponibile su Disney+) che come da titolo vuole raccontare, ovviamente in versione romanzata, la vita personale e professionale di uno degli stilisti più famosi di sempre, il cui marchio tuttora viene acquistato nelle migliori boutique.
All'origine del mito
La trama di Cristóbal Balenciaga si basa giocoforza sulla vita del protagonista e sulla scelta di romanzarla attenendosi abbastanza ai canoni del biopic classico. Tutto parte dal funerale di Coco Chanel, altra celebre icona del mondo della moda, a cui si presenta un anziano Balenciaga che viene fermato da una giornalista inglese stimata e agguerrita che riesce a strappargli l'unica (e ultima) intervista della sua vita. Da qui parte un racconto a ritroso in sei capitoli che vanno ad indagare ed esplorare sei momenti diversi della vita dello stilista; a partire dal 1937 e dal suo arrivo a Parigi dopo essere stato esiliato da Madrid, dove stava riscuotendo un discreto successo vestendo l'aristocrazia spagnola, in seguito alla guerra civile. Qui deve reinventarsi insieme al partner in affari e anche nella vita (in segreto, ovviamente, visti i tempi) Wladzio d'Attainville (Thomas Coumans), celebre per aver creato i cappelli legati ai suoi abiti, e lo fa grazie all'investimento della coppia di amici Nicolás Bizkarrondo (Josean Bengoetxea) e Virgilia Mendizabal (Cecilia Solaguren). Aprire una boutique nella capitale della moda non è impresa facile, soprattutto perché in un decennio arriveranno la Seconda Guerra Mondiale e il Nazismo.
Un biopic ristretto
Proprio come un caffè ristretto, anche la miniserie sceglie di concentrarsi - come ad esempio aveva fatto lo Steve Jobs di Aaron Sorkin - su un determinato periodo della vita di Balenciaga, andando in ordine cronologico di episodio in episodio come in un biopic classico ma tralasciando, se non attraverso alcuni brevi flashback, gli anni dell'infanzia, adolescenza e formazione del protagonista, che avrebbero sicuramente appesantito il racconto. Che rimane un pochino ingessato ma allo stesso tempo risulta elegante e raffinato, proprio come la creazione degli abiti che racconta. Lontano dagli eccessi recitativi e di messa in scena tipici delle produzioni in lingua spagnola.
Creata da Lourdes Iglesias e diretta dai 12 volte vincitori del Premio Goya Aitor Arregi, Jon Garaño e Jose Mari Goenaga (La trincea infinita, Loreak, Handia), la miniserie mostra come il creatore spagnolo di Guetaria presentò la sua prima collezione di Haute Couture parigina nel 1937 e dovette farsi largo in quel mondo difficile, sofisticato e già consolidato da nomi come Coco Chanel, amica e in un certo senso mentore, e Christian Dior, talento emergente divenuto rivale di Balenciaga a causa della stampa. Proprio i due stilisti vengono ritratti in modo affascinante e convincente, rispettivamente da Anouk Grinberg e Patrice Thibaud, rendendo il serial quasi una partita a tre piuttosto che un biopic singolo, per ricordarci che spesso per parlare di una figura storica non bisogna dimenticarsi delle altre che l'hanno resa tale.
Attenzione ai dettagli
Non si può dire che Cristóbal Balenciaga, prodotta da Xabier Berzosa per Moriarti Produkzioak e Irusoin, non esprima bene l'ossessione per i dettagli del personaggio titolare. C'è una doppia attenzione infatti nelle sei puntate: da un lato quella dell'attore Alberto San Juan (L'altro lato del letto) che diventa a tutti gli effetti Cristóbal Balenciaga, un maniaco del controllo con varie contraddizioni interiori, ma dal talento innato che non era mai sicuro di avere mettendosi sempre in discussione, quasi con una continua sindrome dell'impostore addosso. Un artista che riuscì a sfidare le convenzioni sociali e quelle del mondo della moda, rimanendo però elegante ed elitario. La creazione del proprio stile unico e inimitabile è al centro degli episodi, così come il suo rapporto con Wladzio, coi genitori e con la politica, dalla quale ha sempre cercato di estraniarsi.
Dall'altro l'attenzione maniacale per il trucco, compreso quello prostetico stranamente non eccessivo a cura della make up artist Karmele Soler, vincitrice del Premio Goya per La pelle che abito. Per i costumi di Bina Daigeler, candidata agli Oscar per Mulan e agli Emmy per Mrs. America, insieme al suo collaboratore Pepo Ruiz Dorado. Per la fotografia di Javier Agirre Erauso - vincitore del Premio Goya per Handia - che gioca con la luce e coi riflessi degli abiti di Balenciaga, la cui casa di moda e le cui sfilate vengono trattate come spettacoli teatrali; ovvero con una tenda a fare da divisorio alla storia che lui vorrebbe raccontare - piuttosto che parlarne con la stampa, verso la quale è sempre stato restio, rispetto a Dior - diventando a tutti gli effetti l'uomo dietro le quinte. Per la colonna sonora del compositore Alberto Iglesias, vincitore di 11 Premi Goya. Nonostante la confezione apparentemente classica, insomma, nulla è in realtà lasciato al caso al suo interno.
Conclusioni
È un ritratto limitato e ovviamente romanzato quello emerso dalla recensione di Cristóbal Balenciaga, proprio come la scelta narrativa fatta dalla miniserie Disney+, che prova a discostarsi dal biopic classico non riuscendoci fino in fondo ma proponendo comunque un prodotto attento ai dettagli e alla messa in scena. Ci sono vari momenti e caratteristiche della biografia di genere ma allo stesso tempo qualche guizzo e coinvolgimento emotivo potenziale per gli spettatori.
Perché ci piace
- La figura contraddittoria di Cristóbal Balenciaga.
- L’attenzione alla lingua (se lo vedete in originale).
- L’assenza di eccesso tipico delle produzioni spagnole.
- I costumi e il trucco prostetico.
- I ritratti di Coco Chanel e Christian Dior.
Cosa non va
- Nonostante si allontani dal biopic classico, in parte ci entra con tutte le scarpe.
- Se non vi interessa la moda, difficilmente la miniserie vi colpirà.