Di persona, non perde un briciolo del carisma che trasuda sul grande schermo, Tom Hiddleston, anzi, a contatto con la stampa si dimostra un professionista serio e generoso, esattamente come sono le sue performance; anche se, rispetto alla maggior parte dei personaggi che ha interpretato sul palcoscenico e sul grande schermo, appare certamente più solare, eloquente ed espansivo. E pensare che, per Crimson Peak, il bel Tom è stato una "seconda scelta": per il ruolo di Sir Thomas Sharpe, infatti, Guillermo del Toro aveva inizialmente ingaggiato l'illustre collega Benedict Cumberbatch, che ha rinunciato in extremis al ruolo per "differenze creative", spianando la strada a un'altra interpretazione ricca di sfumature per il popolarissimo Loki del Marvel Cinematic Universe, che pure ebbe pochissimi giorni per prepararsi alle riprese.
Sir Thomas, infatti, è un misterioso baronetto che arriva nella brulicante Buffalo della fine del diciannovesimo secolo per rubare il cuore della giovane Edith (Mia Wasikowska), ingenua ma intelligente aspirante scrittrice. Edith finirà per seguirlo in Inghilterra, nella magione avita dove vive con l'ombrosa sorella Lucille (Jessica Chastain), un immenso maniero fatiscente che nasconde, come Sir Thomas, orribili segreti.
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Uno "sconosciuto alto e tenebroso" per Edith
Tom, quello che interpreti in Crimson Peak è un personaggio ambiguo, come altri che hai interpretato, ma in questo caso l'ambiguità è un po' alla rovescia. Il personaggio è presentato come un poco di buono, e mostra gradualmente segnali di ravvedimento.
Tom Hiddleston: Sì, è una delle cose che mi hanno attratto di questo ruolo. Ho trovato questo personaggio molto affascinante, molto ricco e stratificato. All'inizio del film viene introdotto come un uomo elegante e sofisticato che conquista Edith grazie al suo carisma. Ci accorgiamo però che dietro questa facciata si nasconde molto altro - un enorme senso di colpa, il peso della vergogna e orribili traumi. Il momento di svolta per questo personaggio così oscuro è quello in cui si innamora - si innamora forse per la prima volta nella sua vita, in maniera onesta e trasparente - e la vulnerabilità a cui questo lo espone porta a trovare, all'ultimo momento, il coraggio per riscattarsi. La cosa più difficile da esprimere di questo personaggio per me è stato il dubbio. Aspetta troppo, e si ritrova intrappolato dagli obblighi verso sua sorella, fino ad essere intossicato dalle paure di Lucille. Solo alla fine trova il coraggio di liberarsene. In questo siamo molto diversi, io credo che avrei reagito molto prima di lui.
Il personaggio ha un aspetto un po' diverso dal tuo, soprattutto la chioma. C'era bisogno di preparativi laboriosi al mattino mentre giravate?
Sì, ci voleva un po' di tempo per tutti e tre, per me, per Mia e per Jessica. Nel momento in cui io sono entrato nella produzione del film, Guillermo e Jessica avevano deciso che Lucille avrebbe avuto i capelli neri, e così è venuto naturale che li avesse anche Thomas, anche se i miei sono biondi. Ma credo faccia parte dell'immagine dell'eroe byroniano, nell'immaginazione del pubblico l'eroe romantico è associato all'oscurità - da lì viene l'espressione "tall dark stranger". Il mio personaggio doveva trasmettere una grande intensità e mistero, mentre quello di Mia doveva essere chiaro e luminoso: lei ha questi lunghi capelli biondi e indossa sempre colori come il giallo e l'oro, mentre gli Sharpe, con i loro capelli neri, indossano colori come il blue e il nero. Kate Hawley, la costumista, ha un'incredibile immaginazione e mi ha mostrato tutti gli elementi che hanno ispirato la sua visione: alcuni ritratti di Lord Byron, alcune immagini molto efficaci legate all'imagery del gotico, alcune antiche, altre moderne. Sin dall'inizio, quindi, ho visto Thomas associato a colori scuri.
Sir Thomas è anche molto rappresentativo dell'epoca in cui si svolge il film. E' un avventuriero, un inventore...
Sì, anche questo ne fa un personaggio profondamente tragico. Ha un dono naturale e un'apertura verso il futuro. Con Guillermo abbiamo parlato di questo aspetto, come ingegnere Thomas è incredibilmente dotato e avrebbe potuto diventare uno dei grandi imprenditori e industriali dell'epoca vittoriana. Ma è avvelenato dal passato, dalle cose che ha fatto e da quelle che ha subito, è intrappolato tra il passato e il futuro. Edith è la luce che gli mostra la strada.
Tra ispirazioni e incubi
Nel film c'è un omaggio a Peter Cushing nel nome della famiglia della protagonista, e tu, come aspetto e movenze, lo ricordi un po': Guillermo del Toro le ha indicato questo suo illustre conterraneo, una vera e propria leggenda dell'horror cinematografico, come modello?
Guillermo mi ha chiesto ispirarmi a modelli per lo più letterari; mi ha chiesto di rileggere Rebecca di Daphne Du Maurier, I misteri di Udolpho di Anne Radcliffe e Il castello di Otranto di Horace Walpole; voleva recuperare il senso profondo del romance gotico, in cui una fanciulla pura e innocente si innamora di un uomo misterioso, un "tall dark stranger", che rappresenta l'ignoto e la sessualità. Per la prima volta ne I misteri di Udolpho i fantasmi vengono spiegati come traumi emotivi del passato che si ripresentano. C'è da dire che però, nelle mie giornate migliori sul set, Guillermo mi diceva che gli ricordavo Peter Cushing.
Hai sofferto di incubi durante le riprese?
A dire la verità ero talmente stanco alla fine delle giornate di lavoro che dormivo come un sasso! E' certamente una storia molto intensa: Crimson Peak è un film sulla passione, e ogni giorno la mia responsabilità professionale era quella di impegnarmi ad abbracciare la passione del film. Quindi una volta finito per quella giornata, fatta una bella doccia, sotto le coperte e buonanotte!
Tom l'indagatore
Sei passato dal ruolo di Loki per la Marvel a questo, e recentemente hai anche interpretato Hank Williams nel biopic musical I Saw the Light. Questa varietà è un caso o è voluta da parte tua?
E' cercata da me, assolutamente. Quello che mi piace nel mio lavoro di attore - lo dico con tutto il cuore - è il fatto che mi permette di soddisfare la mia curiosità e la mia immaginazione. A volte mi sento come un corrispondente che si avventura in un territorio sconosciuto. Amo fare ricerca intellettuale, amo la sfida fisica rappresentata dal dover dare corpo a personaggi diversi, e anche lo studio psicologico, anche se fatto a livello amatoriale, nell'indagare il cuore e l'anima degli altri. Mi piace l'ampiezza dell'esperienza, cercare di comprendere la portata di tutte queste possibilità, della natura umana. Penso che tutti noi conteniamo moltitudini: abbiamo in noi la grandezza e abbiamo in noi la miseria e il fallimento, e a me piace suonare tutti i tasti del pianoforte.
Per me ogni vero attore vi dirà la stessa cosa: il nostro lavoro è esplorare l'identità. Che non significa che io non sappia chi sono, perché lo so molto bene; mi interessa esplorare altre identità facendo emergere aspetti della mia, ma anche abbracciare pensieri e sentimenti che non mi appartengono e trovare la loro autenticità. Lo vedo un po' come uno studio antropologico. Mentre interpretavo Hank Williams, c'erano così tante cose della sua vita che non condivido con lui, siamo diversissimi su tanti livelli, non solo il fatto di essere nati in periodi diversi, soprattutto le difficoltà della sua infanzia nel sud degli Stati Uniti, la diversità della sua voce, del suo corpo, del suo talento. Alla fine delle riprese sentivo di averlo capito. Conoscevo il suo dolore, conoscevo la sua gioia, avevo un rapporto con tutti gli aspetti di lui che non avevano a che fare con la musica.
Ci vuoi dire qualcosa anche del tuo ruolo in High Rise, il film tratto dal'opera di J.G. Ballard?
E' un ruolo intenso. Sul serio! Sono un'ammiratore di J.G. Ballard da molto tempo. Credo che abbia presagito molto del mondo in cui viviamo oggi. Gli sarebbe piaciuta questa scena, io che parlo con voi giornalisti, quindi a un numero limitato di persone, ma di fatto parlo a migliaia di persone attraverso questi microfoni e registratori e attraverso le vostre voci nei media. Lui sapeva che sarebbe successo, aveva immaginato queste nuove tecnologie legate alla comunicazione, ed era interessato a capire come i nostri schemi psicologici sarebbero cambiati di conseguenza. High Rise ha in buona parte a che vedere con questo, rappresenta una sorta di avviso: al centro c'è un gruppo di persone che hanno scelto di sostituire la natura con la tecnologia - e la cosa non finisce bene, almeno per loro. Ma il film è anche un'esplorazione affascinante dei desideri e degli appetiti umani, e un'ammonizione sul fatto che il caos è dietro l'angolo se non facciamo attenzione.
Dopo gli applausi
E' facile per te liberarti del personaggio alla fine di un progetto?
Sì, è facile. In tutta franchezza, a un attore si richiede di essere veritiero in circostanze immaginarie, ma se imponi al tuo corpo delle esperienze fisiche - piangere, per esempio - lo senti allo stesso modo che se fosse stato spontaneo. Ti senti come una persona che ha appena pianto. Il pianto è reale anche se non è reale il motivo per cui hai pianto. Tuttavia, è facile liberarsi di una situazione immaginaria. Qualcuno ti fa fare una risata, ti fai una doccia, ti metti a tavola per un buon pasto, e va tutto bene. A volte alla fine della giornata se mi sento stanco e soddisfatto vuol dire che ho fatto bene il mio lavoro. Ma non resto nel personaggio: mi sfilo la giacca, sciolgo il nodo della cravatta, e tanti saluti. Torno nel 2015 e torno ad essere me stesso.
Sei un acclamato, pluripremiato attore di teatro, e un versatile attore di cinema; il grande pubblico però ti adora per il ruolo di Loki nella saga di The Avengers. Come concili le due dimensioni, il fatto di avere tanti fan per quel particolare ruolo, con il resto del tuo lavoro?
E' una cosa straordinaria, e molto lusinghiera. Se qualcuno, quando finii gli studi, mi avesse detto che avrei lavorato in quei film e che avrei interpretato un personaggio che avrebbe catturato l'immaginazione di un pubblico così vasto, non ci avrei mai creduto. Né ci avrebbero creduto i miei familiari e i miei amici. E' stata la sorpresa più bella della mia vita. Come attore non c'è niente di più importante; il desiderio è quello di toccare il tuo pubblico, e di sentire che la tua creazione viene apprezzata. Sembra che sia successo proprio questo con Loki, e per me è il complimento più grande.
Tornerai a interpretare Loki?
Semplicemente non so nulla. Vorrei potervi dire qualcosa, ma non so nulla. E' un po' di tempo che non parlo con i produttori della Marvel e so che loro hanno dei piani, ma non ho idea di cosa siano questi piani!
Quali sono i tuoi programmi ora?
Intanto sono in trepidazione per I Saw the Light e High Rise, ma anche per The Night Manager, che è una serie che ho girato quest'anno per la BBC e che verrà trasmessa l'anno prossimo. Sono in procinto di iniziare a lavorare su Kong: Skull Island, un film del franchise di King Kong in cui sono lieto di annunciarvi che interpreto un personaggio spudoratamente eroico. E' un avventuriero e ha delle caratteristiche che mi interessano molto. Perché, come dicevamo prima, è diverso. Ho interpretato diversi personaggi traumatizzati e torturati e adesso mi piace l'idea di interpretarne uno del tutto sano, che fa le scelte giuste, generose ed eroiche, anche nella situazione più estrema e disperata, come essere alle prese con un gigantesco primate preistorico!