Crescere è fuggire dai propri sogni
Mettere insieme un genio della fantasia come Neil Gaiman e uno che con lo stop motion è in grado di fare miracoli come Henry Selick non può che condurre a risultati stupefacenti, in grado di far brillare gli orizzonti più estremi dell'immaginario dello spettatore. E mentre a una curiosa ragazzina di undici anni impartiscono una saggia lezione, sballottandola tra il grigio mondo reale e un quadretto virtuale idilliaco solo finché cela il proprio orrore, al pubblico offrono un'esperienza davvero travolgente, trasportandolo in una dimensione che esce dall'ordinario per avvolgerlo completamente del proprio incanto. Dopo la fortunata esperienza con Tim Burton, il regista di Nightmare Before Christmas torna ad animare una nuova, affascinante favola gotica, traducendo su grande schermo Coraline, il romanzo scritto da Gaiman per sua figlia, che per l'occasione viene ribattezzato, in Italia, Coraline e la porta magica. Ne è uscito fuori un prodotto memorabile, che alla meraviglia tecnica unisce una generosità di emozioni e lampi di genialità davvero senza paragoni.
Quella di Coraline è una storia non dissimile dalla parabola di Alice nel paese delle meraviglie, ma le sue atmosfere sono più cupe e le sue intuizioni ugualmente illuminanti e affascinanti. La vita della nostra eroina è fondamentalmente noiosa, il trasferimento con la famiglia dal Michigan in Oregon non ha migliorato la situazione e i genitori sono troppo presi dal lavoro per occuparsi di lei. Ma nella sua nuova casa c'è una porta segreta, che per Coraline rappresenta la possibilità di toccare con mano l'eventualità di un'esistenza alternativa, in cui tutto appare perfetto, dai colori vividi di ciò che la circonda, così lontani dai toni grigi della sua realtà, alle amorevoli attenzioni che le riservano i suoi "nuovi" genitori. Eppure, che qualcosa non quadri in questo mondo perfetto non è difficile intuirlo e ben presto l'esuberante Coraline sarà chiamata a dimostrare tutto il suo coraggio per uscire dalla trappola in cui è finita. Il percorso di crescita della giovane protagonista segue quindi uno schema abbastanza comune nell'architettura fiabesca, e la sua formazione si concretizza nella collisione con la brutalità dei sogni più ingenui. Alle grandi verità non c'è mai scampo: bisogna stare attenti a ciò che si sogna, curandosi di più di ciò che si ha già. Ciò che colpisce maggiormente di un prodotto d'animazione come Coraline e la porta magica è la sua maturità, sia nel dosaggio dei toni che si mantiene delicato pur non concedendo alcuna attenuazione ai sussulti dark così vicini all'horror che contiene in nuce, sia nei suoi aspetti contenutistici. In questo senso, il film di Selick rappresenta un vero e proprio regalo per bambini intelligenti e per quegli adulti ancora disposti a lasciare vibrare il proprio stupore. La precisione della sceneggiatura, curata dallo stesso regista, concede una notevole profondità ad ognuno dei personaggi, lavora abilmente sul rapporto tra genitori e figli senza risultare mai enfatico, ma tenendo le considerazioni più importanti sempre tra parentesi. Ad esprimersi con forza sono le atmosfere e le sensazioni, e l'avventura di Coraline evita così di trasformarsi in tediosa lezioncina, aprendosi invece a un'esperienza davvero significativa e coinvolgente, sublimata dalla sua realizzazione in 3D stereoscopico. Per la prima volta la tecnologia trova una sua degna espressione, senza aver bisogno di "colpire" lo spettatore, ma andando a operare sulla profondità di campo, concentrandosi sull'apertura dello spazio. E quindi oltre a proporre un accattivante viaggio in universi fittizi, Coraline e la porta magica fa un passo ulteriore e porta lo sguardo dello spettatore a confrontarsi con una nuova dimensione. E ancora una volta il grande cinema passa per un film d'animazione, fatto di pupazzi e tanta, tanta creatività.