Corri, ragazzo, corri
'Amo l'atletica perché è poesia. Se la notte sogno, sogno di essere un maratoneta'. Non è un caso che un poeta come Eugenio Montale abbia parlato di sogno per descrivere la bellezza dell'atletica leggera, ed in particolare della maratona, una delle specialità sportive più massacranti, fatta per chi è in grado di resistere alla fatica e alla paura. Dall'ultimo dei dilettanti, al vincitore degli allori più prestigiosi, ogni maratoneta sa di dover lottare, ogni volta, contro nemici terribili come la fatica e la paura e per tagliare il traguardo deve abbandonarsi completamente al suo corpo, concentrare tutto nei gesti precisi e morbidi di braccia e gambe. Vincere, però, è un'altra storia. Nel 1908 l'italiano Dorando Pietri, simpatico operaio di Carpi, riuscì a compiere una vera impresa vincendo la gara olimpica a Londra. Eppure ancora oggi non si parla di lui come l'atleta che si impose su rivali ben più accreditati, ma come colui che vide sfumare l'agognato trionfo a causa di una squalifica. Ad un passo dal traguardo, allo stremo delle forze, Pietri accettò l'aiuto di alcuni giudici e per questo fu privato dell'oro. Al piccolo emiliano, figlio di umili contadini, Don Giovanni impenitente, con una sfrenata voglia di correre e di vincere, Rai Uno dedica un film tv in due puntate, Il sogno del maratoneta, diretto da Leone Pompucci.
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Ma l'attenzione alla messa in scena non sarebbe nulla se al centro del racconto non ci fosse un personaggio come Dorando Pietri, un uomo cocciuto e ostinato, il cui temperamento impetuoso è stato spesso fonte di problemi. Figlio di una cultura popolare e contadina, Dorando non si accontenta della vita che il padre ha programmato e completamente certo delle proprie qualità si lancia in una storia più grande di lui. Al suo fianco un coro di personaggi riconoscibilissimi, dal cattivo Barbisio (l'ottimo Pippo Del Bono), uomo potente e Maramaldo che gode nel complicare la vita di Dorando, alle due donne, Luciana e Teresa. Già nell'efficace incipit del film, che vede tutti i protagonisti rivolgersi al pubblico per dare la propria definizione di Dorando, emergono le contraddizioni dell'uomo che sa essere un atleta sopraffino e allo stesso tempo un essere umano spaventato dall'amore. Pompucci riesce a trarre il massimo dalla storia sfruttando le indubbie capacità recitative del protagonista, quel Luigi Lo Cascio, vero mezzofondista e sincero appassionato di atletica, che è perfetto per la parte. Puntiglioso nel rendere la goffa corsa di Pietri, bravissimo a sfruttare il 'nervoso' dialetto carpigiano, l'interpete siciliano fornisce una prova da applausi e assieme ad Alessandro Haber rappresenta l'elemento in più in una narrazione di per sé già emozionante. Più modesti i contributi delle due interpreti femminili, Laura Chiatti e Dajana Roncione. Il risultato finale, però, rappresenta un ottimo biglietto da visita per la Rai in vista dei prossimi Giochi Olimpici di Londra. Un modo per iniziare a celebrare degnamente quel grande spettacolo che è la competizione a Cinque Cerchi, a partire dalla favola di un uomo che non ha trovato il finale giusto alla propria storia.
Movieplayer.it
3.0/5