Pietramezzana, fusione di Castelmezzano e Pietrapertosa, è l'immaginario paesino sperduto nelle Dolomiti lucane dove i pochi abitanti rimasti, capeggiati da un grintosissimo Silvio Orlando, allestiscono una recita ventiquattr'ore su ventiquattro per convincere un frivolo chirurgo estetico milanese (Fabio Volo) a restare. Perché per aprire una fabbrica e salvare il paese serve un medico, e i combattivi abitanti di Pietramezzana le proveranno davvero tutte, producendo effetti di una goffaggine esilarante.
Alla conferenza stampa del film, che uscirà in oltre 250 copie il 24 marzo distribuito da 01 Distribution, sono presenti il regista Massimo Gaudioso, il produttore e fondatore di Cattleya Riccardo Tozzi, gli interpreti Fabio Volo, Nando Paone e la splendida Miriam Leone, che incarna il volto più puro del paese, e quello meno incline ai compromessi.
Lavoro che non si trova e personaggi del film
Il film si basa su un film canadese, alquanto simile anche a Benvenuti al Sud nell'idea di fondo, che Gaudioso aveva scritto e che a sua volta era il remake di un film francese. In questo caso quanto c'è di vostro e quanto dell'originale?
Massimo Gaudioso: Il lavoro di adattamento è simile a quello fatto per Benvenuti al Sud, ma in questo caso la storia corrispondeva ancora di più a una realtà molto attuale in Italia, con la crisi e le fabbriche che chiudono. Lo spunto infatti è molto più drammatico, anche se ho cercato di usare un registro leggero. Nel lavoro di documentazione preliminare, mi aveva commosso la storia dei minatori del Sulcis, colpiti non solo dal punto di vista economico ma anche nella dignità, e allora ho deciso di raccontare la vicenda di questo paesino in cui viene chiusa una miniera, ma all'interno del territorio gli abitanti trovano delle risorse per cambiare il proprio destino. È ciò che spero io per l'Italia.
Fabio Volo e Miriam Leone, cosa pensate del tema del film e dei vostri personaggi?
Miriam Leone: Massimo è stato molto bravo nel costruire i personaggi degli abitanti del paesino, che sono un po' disonesti ma vengono presentati senza giudizio, quindi noi parteggiamo per loro: non vogliono fregare lo stato, ma riconquistare la propria dignità, senza tradire le proprie radici. Io per esempio ho cercato lavoro fuori, ma quando torno nel mio paese sono felice. E il mio personaggio è l'unico che non partecipa a questa messinscena geniale, perché è innamorato del suo paese, pensa di fare dei figli lì, nonostante ci sia poco materiale, senza offesa (ride).
Fabio Volo: Riguardo al tema del film, non credo sia una questione di Nord e Sud che s'incontrano, ma di due bisogni che s'incontrano. Il mio personaggio, facilmente associabile ad aspetti della vita finti e superficiali, si trasferisce in un posto che dovrebbe essere abitato da persone autentiche, mentre è il contrario: lui indossa una maschera a Milano per sopravvivere nel suo contesto, mentre nel paese la toglie, ed è l'unico senza. Ma come il paese ha bisogno di lui, lui ha bisogno di relazioni sane e autentiche. Il tema del lavoro è mondiale; ma mentre prima si fuggiva dai paesini, adesso ci si torna, anche per il recupero dell'agraria.
Differenze con l'originale e simpatici aneddoti
La struttura narrativa è molto fedele all'originale. Gaudioso, come ha lavorato per perfezionare il materiale, sia come regista che come sceneggiatore?
Massimo Gaudioso: La storia originale mi piaceva, quindi non ho ritenuto necessario fare cambiamenti strutturali così evidenti, anche se il lavoro sui personaggi è stato profondo. E anche il finale cambia completamente il senso della storia e il tema del film. Poi per me quest'esperienza non è stata tanto in veste di sceneggiatore, quanto di scrittore sul set, cioè in fase di montaggio: era ciò che m'interessava. Mi volevo mettere alla prova come regista più che come autore, scegliendo una storia popolare ma universale. Ho coinvolto un paese che non aveva mai visto un set cinematografico, ho fatto recitare una signora di 102 anni, spero di aver trovato un equilibrio fra attori e non attori. Io non riesco mai ad arrivare a un grande pubblico con qualcosa di mio, perché i miei gusti sono più particolari, ma spero si possa essere considerati autori pure per il modo di raccontare qualcosa, e il mio stile credo sia abbastanza riconoscibile.
Per esempio il personaggio interpretato da Nando Paone nel film originale è molto diverso.
Nando Paone: Sì, nell'originale il mio personaggio è molto corpulento, rissoso e ubriacone. Massimo ha proposto di cambiarlo un po': come il personaggio interpretato da Miriam, lui è rimasto quello più radicato nel paese, non ha mai neanche preso la corriera. Ma abbiamo eliminato le caratteristiche violente del suo carattere: non mi si addicevano ed erano troppo forti. Il mio personaggio è un montanaro un po' burbero, ma animato da buoni sentimenti, e nessuno nel film si ubriaca in maniera molesta.
Massimo Gaudioso: Mi sono ispirato anche ai personaggi incontrati sul luogo. Nel mio lavoro di documentazione avevo trovato in Basilicata storie altrettanto interessanti, e le ho amalgamate con quella che è una mia utopia. Ma non posso fare spoiler.
Ci sono aneddoti personali degli attori in quei luoghi, e avete scoperto vini o cibi particolari?
Miriam Leone: Abbiamo fatto abuso di vino rosso, baccalà, caffè. Il paese ci ha accolto con grandissimo entusiasmo: gli abbiamo riempito case e ristoranti. Io e Fabio abbiamo fatto il volo dell'angelo e siamo stati gli unici rimasti a metà percorso. Io ho provato a farlo di nascosto, anche se non dovrei dirlo davanti alla produzione per questioni assicurative. Sono andata dall'assessore, con cui ci vedevamo tutte le mattine al bar come una grande famiglia, e gli ho raccomandato di non spifferare niente. E invece lui: "Oh, guarda che c'è la Miss che sta scendendo con il volo dell'angelo!" (fa l'imitazione ridendo). È un paese dove non si possono mantenere i segreti; ma è stata una bellissima esperienza.
Fabio Volo: Condivido sulla bellissima esperienza. Io vengo dalla provincia, la amo, ma non sono mai stato un provinciale: vivo 3-4 mesi l'anno a New York, ho una compagna islandese. Quindi mi è piaciuto molto girare in quei luoghi, ma dopo un po' sento l'esigenza di scappare, come da Brescia, Milano, e anche da New York. Apprezzo molto la bellezza dei posti autentici, ma dopo essere passati a trovare i parenti è bello andare via: io quando vado a Brescia il venerdì, già il lunedì sento il bisogno di andarmene. Non vedo la provincia come luogo candido, contrapposto alla città come luogo violento. La provincia italiana per tante cose è violenta: nei giudizi, per esempio.
Nando Paone: Non so se avete notato, ma Castelmezzano è una strada, e ogni volta che ci si rincontra ci si saluta di nuovo! Anche se si è dimenticato il prosciutto nel negozio, ci si deve salutare come se fosse la prima volta.
Tornare alle radici
Dal punto di vista produttivo, girare in un paesino delle Dolomiti lucane ha dato problemi?
Riccardo Tozzi: In generale installarsi in un posto che diventa il mondo del film è un modo molto bello di lavorare: crea unità, concentrazione e atmosfera. Sia a Sud che a Nord: l'Italia è piena di posti stupendi. La Lucana Film Commission rende le cose più semplici, ma in ogni caso è molto stimolante.
Questo film mi ha fatto pensare a Scappo dalla città - la vita, l'amore e le vacche con Billy Crystal. Può essere anche un invito a tornare nei piccoli centri, più accoglienti? E gli attori farebbero di nuovo la scelta di lasciare la provincia?
Massimo Gaudioso: Quando siamo arrivati in quei luoghi, dopo tre giorni provavamo tutti lo stesso desiderio di cercare una casa in cui vivere. Il primo istinto è quello, perché ritrovi qualcosa che ti appartiene o che ti è appartenuto. Più che uno spazio fisico, si cerca uno spazio mentale: il paese come luogo dove si conservano certi valori. Sono banalità che senti fortemente quando stai lontano per tre mesi.
Nando Paone: Siamo tutti diversi. C'è chi ama l'idea di andar via dal proprio paese e di non tornarci mai più: io a diciannove anni sono andato via da Pozzuoli, dove non mi trovavo bene. Sono stato ventiquattro anni a Roma, e poi sono tornato a Pozzuoli: quasi quindici anni che sono lì, e non mi schioda più nessuno.
Miriam Leone: Beh, in fondo ognuno ha la sua Itaca, ma per tornarci deve attraversare la sua Odissea.