Nel 1985 Gabriele Salvatores portava in scena al Teatro dell'Elfo un testo di Trevor Griffith, insieme ad una scombinata e folle compagnia di attori (Paolo Rossi, Silvio Orlando, Claudio Bisio, Bebo Storti e Renato Sarti), che avrebbe trovato in quel fortunato esperimento la propria occasione. Anni dopo Comedians ispirò Kamikazen - Una notte a Milano, secondo film di Salvatores con un cast pressoché identico a quello dell'opera teatrale, che raccontava le speranze di successo di una combriccola di sei aspiranti comici. Oggi il regista premio Oscar torna su quello spettacolo e lo rivisita cogliendone il lato più oscuro a favore di un film Comedians (in sala dal 10 giugno), che si rivela una riflessione sull'arte del comico.
La video intervista a Gabriele Salvatores
Il ritorno alle origini
"È un'opera di parola - ci racconta Gabriele Salvatores - Nel 1985 eravamo giovani anarchici affamati di successo e con tanta voglia di far ridere; usammo quel testo riempiendolo di improvvisazione. Rileggendolo ho scoperto oggi la sua parte più malinconica e nera, e si è rivelato molto più attuale di quanto immaginassi, è una piccola umanità che deve fare conti con la vita".
Girato in quattro settimane di cui ben due di prove, Comedians è per il regista anche un ritorno alle origini, in un certo senso "Per migliorarsi. Torni a frequentare qualcosa che conosci. Sedici anni di teatro mi hanno insegnato molto sulla direzione degli attori. Il teatro è la loro casa, il cinema è più quella del regista. Nel caso di un film dove le parole e i personaggi sono importanti come in un testo teatrale, allora la regia non deve sentirsi troppo. Devi stare al servizio, mascherarti dietro a loro". Ed è quello che ha fatto in questo film infilandosi tra gli attori con due macchine da presa e standogli vicino, "siamo arrivati sul set sapendo già esattamente dove mettere la macchina e posizionare le luci, e gli attori sapevano dove fermarsi".
Comedians, la recensione: Il lato oscuro del comico
L'arte della risata
Cosa gli manca del palcoscenico? "Il cinema è dispersivo, a teatro hai un rapporto diretto con gli attori, è come un matrimonio che va coltivato e rinnovato sera per sera. Il cinema invece è una passione amorosa che brucia subito, il giorno dopo non c'è più. Avrei voglia di tornare a teatro, ma dovrei trovare qualcosa di diverso da quello che c'è in giro", ci dice.
Sull'arte comica di cui Comedians è una disamina appassionata, aggiunge: "Non conosco comici felici! Tra tutti forse Bisio è quello più razionale, ma Paolo Rossi ad esempio anche se ti fa ridere mentre cammini per strada facendo due chiacchiere, ha dentro l'inferno. Fai il comico perché hai visto il dolore e provi a raccontarlo in un altro modo. Un attore comico è bravo a fare una parte drammatica, ma non il contrario". E avverte: "La comicità sta vivendo un momento strano, a metà tra lo sdoganamento del politicamente scorretto e la ricerca di una nuova strada. Oggi può svolgere un ruolo importante, non tanto come satira politica ma nel saper far ridere in maniera intelligente veicolando delle riflessioni sulla realtà".