Con la recensione di Clarkson's Farm ritroviamo uno dei volti di Amazon Prime Video e della sua programmazione originale dopo una lunga assenza: Jeremy Clarkson. Dal 2016 il celebre giornalista e conduttore televisivo inglese, licenziato dalla BBC dopo una controversia di troppo, fa parte della famiglia di Prime Video grazie a The Grand Tour, programma automobilistico che dopo la conclusione della terza stagione ha optato per un nuovo format, con singoli speciali girati in un territorio specifico e senza pubblico in studio o ospiti speciali. Un format che per ovvi motivi è stato messo in crisi nell'ultimo anno, limitando le scelte del team creativo (un nuovo speciale, girato in Scozia, dovrebbe debuttare a breve, così come un altro girato altrove nel Regno Unito in attesa di poter nuovamente viaggiare). E così, complice la vita privata di Clarkson, la piattaforma ha a disposizione una nuova docuserie incentrata su di lui per colmare il vuoto creato dall'emergenza sanitaria (che tra l'altro diventa parte integrante del progetto dal quinto episodio in poi).
Nella vecchia fattoria...
Dal 2008 Jeremy Clarkson, che vive e lavora principalmente a Londra, possiede una fattoria nella zona di Cotswolds, nell'Oxfordshire, e alla fine del 2019 ha saputo che l'uomo che aveva assunto per occuparsene aveva intenzione di ritirarsi. A quel punto, Clarkson si è detto: "Perché non faccio tutto direttamente io?". Da lì nasce Clarkson's Farm, docuserie che racconta esattamente un anno e un giorno di attività agricola e contadina ad opera di Clarkson, assistito dalla compagna Lisa Hogan e alcuni collaboratori, molti dei quali lo deridono - e non a torto - per l'ingenuità e l'eccessivo ottimismo con cui pensa di riuscire a reinventarsi come uomo di campagna senza alcuna esperienza pregressa. Ciascuno degli otto episodi si concentra su un aspetto in particolare, con il filo conduttore dell'emergenza sanitaria a partire dal quinto capitolo, nel quale Clarkson ammette candidamente di avere paura: "Ho quasi sessant'anni, ho fumato 750.000 sigarette e ho avuto la polmonite. Se becco questa cosa..." "Non c'è molta speranza", aggiunge il suo giovane aiutante Kaleb (ironia della sorte, il conduttore ha contratto il virus dopo la conclusione delle riprese, durante le vacanze di Natale 2020, ma si è ripreso senza particolari difficoltà). A questo aggiungiamo un meteo imprevedibile, l'ostilità parziale delle autorità locali e un rapporto non sempre idilliaco con gli animali, in particolare una pecora che lo odia a vista dopo un malinteso anatomico durante un esame ("E fu così che scoprii che le pecore hanno due buchi sul retro").
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Meglio solo che male accompagnato?
Di primo impatto la serie può spiazzare chi conosce soprattutto il Clarkson di Top Gear e The Grand Tour, affiancato dai colleghi e amici (anche se lui ironizza spesso sul fatto di non considerarli tali nella vita) Richard Halliday e James May. I due sono assenti in questa sede, ma c'è una breve gag su May (che si è anche prestato per la narrazione del trailer dello show in inglese) e un rimando ad alcune imprese viste nell'altra serie. Certo, ci sono gli altri collaboratori che non esitano a prendere per i fondelli il conduttore e protagonista, ma con dinamiche diverse: laddove con Hammond e May c'è una situazione di parità (essendo tutti e tre qualificati come esperti di automobili), qui è proprio la figura centrale a essere in svantaggio rispetto a coloro che lo circondano, anche se il suo ego spesso e volentieri rifiuta di ammetterlo. Difatti la struttura non differisce più di tanto da quella delle altre produzioni in cui appare Clarkson, a cominciare dalla voce narrante autorevole ma non priva di (auto)ironia, ma in questo caso c'è anche una dose di pathos in più, perché si percepisce, forse in assenza della necessità di insultare Hammond e May, un vero attaccamento alla regione e a una vita più tranquilla (anche se parzialmente imposta dall'emergenza sanitaria).
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È anche per questo che fa particolarmente sorridere il dubbio dello stesso Clarkson sul voler continuare (con possibile seconda stagione annessa): da un lato è logico che egli voglia tornare alla vita di tutti i giorni, tra motori ruggenti e colleghi - a suo avviso - deficienti, mentre dall'altro c'è un misto di ottimismo e masochismo che potrebbe tranquillamente spingerlo ad alternare in modo permanente i viaggi esotici e la routine agraria, soprattutto se ci fosse l'incentivo economico legato ad Amazon (dato che, come lui stesso ammette, occuparsi esclusivamente della fattoria senza altre fonti di reddito non sarebbe fattibile). A questo punto, però, almeno un'ospitata degli altri membri del trio sarebbe auspicabile, se non altro per vedere l'autentica gioia nei loro occhi quando l'amico farà l'ennesima, inevitabile gaffe. In mondovisione, come vuole la tradizione del suo percorso televisivo recente.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di Clarkson's Farm, docuserie di Amazon Prime Video che punta tutto sul carisma di Jeremy Clarkson, qui alle prese con un ambito che conosce poco e male. Risate garantite grazie alle sviste del protagonista.
Perché ci piace
- Anche senza i due compagni d'avventura soliti, Jeremy Clarkson è molto divertente.
- L'elemento pandemico aggiunge non poco pathos alla struttura della serie.
- L'atmosfera bucolica si presta bene all'approccio scanzonato di Clarkson.
Cosa non va
- I fan duri e puri del trio Clarkson-Hammond-May potrebbero non apprezzare l'assenza di due terzi del gruppo.