Chien de la casse, la recensione: una commedia di formazione per un esordio da non perdere

La recensione di Chien de la casse, opera prima di Jean-Baptiste Durand. La rivelazione ai Cesar 2024 arriva nelle sale italiane per No.Mad Entertainment, in versione originale sottotitolata.

Una scena del film Chien de la casse

"Cane dello sfascio" o "cane da discarica" è un'espressione che viene dai quartieri della periferia francese, "il 'cane dello sfascio' è colui che fa le cose per sé e crede che gli altri siano 'cani dello sfascio'", chiarisce il regista Jean-Baptiste Durand, che quella periferia la conosce molto bene essendoci cresciuto prima di entrare alla Scuola des Beaux-Arts di Montpellier. Aldilà del valore metaforico, che spiegheremo più avanti nella recensione di Chien de la casse, l'espressione dà il titolo al film in sala dal 23 maggio grazie a No.Mad Entertainment che ha coraggiosamente deciso di distribuirlo in versione originale sottotitolata. Un cinema "di territorio" che non usa artifici e punta al realismo duro e puro; miglior opera prima ai César 2024 si rivela un film di rara sensibilità e potenza umana adagiata nella sonnolenta provincia del sud francese.

Una storia di fratellanza

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Una scena del film di Jean-Baptiste Durand

Proprio da questo territorio parte la storia di Chien de la casse e lì finisce, in quell'universo senza spinte centrifughe che lo portino aldilà dell'indolente microcosmo in cui la gioventù protagonista è abituata a vivere: giovani che bighellonano tra le panchine della piazzetta del paese, ascoltano musica, giocano a calcio, fumano canne, bevono e fanno a botte. Damien, detto Dog (Anthony Bajon), e Antoine, che tutti chiamano Mirales (Raphaël Quenard), sono due di loro; amici di infanzia inseparabili si conoscono dalle medie, da quando cioè Mirales si è trasferito da Grenoble in quel piccolo borgo della provincia occitana, dove il tempo sembra dilatarsi a dismisura scandito dalla ripetitività dei rituali quotidiani e dal torpore che tutto avvolge.

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Raphaël Quenard in una scena del film

La loro è una storia di fratellanza e di amicizia, anche violenta, basata sulla lealtà reciproca e disciplinata dalle regole di una mascolinità che non ammette vulnerabilità e altri tipi di rapporto che non siano "dominante-dominato", simile a quello tra un cane e il suo padrone: da un lato Mirales, iperattivo, nevrotico, spaccone, un gradasso abituato a comandare e che per ammazzare il tempo prende in giro Dog; dall'altro appunto il fedele Dog, remissivo, arrendevole e silenzioso. Quando li incontriamo per la prima volta Dog è in procinto di arruolarsi, ma prima di partire incontra Elsa, una ragazza che studia letterature comparate e che si è appena trasferita in paese per restarci un po' di tempo. Con lei vivrà una storia d'amore, ma Elsa sarà anche motivo di allontanamento tra i due ragazzi; una distanza che alla fine però gli permetterà di crescere e trovare il proprio posto nel mondo.

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Tra bromance e viaggio di formazione

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Chien de la casse: un momento del film

L'intero film è strutturato seguendo lo svolgersi delle giornate dei protagonisti, sempre uguali a se stesse, tiepidamente "appollaiate" sulle strade vuote e i loro tentativi di riempirle come meglio possono: Mirales le trascorre addestrando il suo cane Malabar, portando biscotti alla vicina di casa e scambiando la rituale chiacchiera quotidiana con il matto del villaggio il cui passatempo preferito è acquistare biglietti della lotteria nella speranza vana di trovare quello vincente. Tra la passione per la cucina, le citazioni di Montaigne (ne colleziona a raffica) e un interesse insospettabile per la lettura Mirales si occupa anche della madre, una pittrice depressa che "dipinge e basta, intrappolata in una spirale. Dipinge, aspetta che asciughi, mette il quadro in cantina e ne comincia un altro".
L'immobilismo in quel paesino dove nulla accade sembra non risparmiare nessuno, men che meno il taciturno Dog che lo sfrontato Mirales tratta come il suo cane, "un idiota felice che non è neanche felice, [...] diventato tragicamente stupido [...] la sua vita è mangiare, bere e dormire".

Galatea Bellugi E Anthony Bajon In Chien De La Casse
Una scena di Chien de la casse

È lui il suo "cane da discarica", l'amico di una vita condannato a un ruolo di totale sudditanza. Il regista sceglie uno stile semplice e porta la narrazione in direzioni diverse, in parte racconto di formazione, in parte bromance. Ma è soprattutto il potenziale umano, la coerenza dei personaggi e la loro totale adesione al reale a rendere questo film un piccolo capolavoro di scrittura. Il cast fa il resto: Raphaël Quenard, la rivelazione del surreale Yannick, è perfetto nel restituire l'immagine tragicamente sfacciata di Mirales; Anthony Bajon è la sua controparte malinconica, prigioniero di una mite rassegnazione che solo l'irruenta freschezza di Elsa (Galatéa Bellugi) riuscirà in parte a scalfire. I tre diventano così gli inconsapevoli protagonisti di una storia di emancipazione, che in un modo o nell'altro li porterà ad affrancarsi da una realtà di ruoli definiti e abitudini consolidate nel tempo.

Conclusioni

Chien de la casse rivela un nuovo talento e noi vi consigliamo di tenerlo d’occhio. Se è vero che in alcuni casi la narrazione si rivela acerba senza la capacità di indicare una direzione ben precisa, è però nella messa in scena dei rapporti umani e della sonnolenta provincia occitana che il film rivela la sua forza. Un cinema “di territorio” che non usa artifici e punta al realismo duro e puro; Jean-Baptiste Durand restituisce il ritratto crepuscolare di una gioventù schiacciata dall’indolenza di un piccolo villaggio nel sud della Francia. Spetta ad una figura femminile, Elsa, il compito di alterare gli equilibri e portare i protagonisti a emanciparsi da una realtà fatta di convenzioni e ruoli predefiniti.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.5/5

Perché ci piace

  • Il realismo e la scelta di una narrazione semplice, priva di artifici.
  • La messa in scena della provincia del sud della Francia, dove nulla accade e tutto si ripete.
  • La scrittura dei personaggi perfettamente aderenti al reale.

Cosa non va

  • A volte, soprattutto nella prima parte del film, i ritmi della narrazione sono eccessivamente lenti.