Si sprecherebbero i giochi di parole sul fatto che sia un film "esplosivo", quindi giochiamo sporco, come piacerebbe a Denji: questo è un film da "BOOM". Il mondo di Chainsaw Man in questo nuovo adattamento (per la prima volta) cinematografico, è stato fratturato, spezzato, maciullato e ricomposto in una poltiglia dal sapore simile alla prima stagione, ma con una forma nuova. Una forma mostruosamente azzeccata.
Reze Arc, traslato al cinema da MAPPA, non tenta di addomesticare lo spirito del Diavolo Motosega: ciò che ha fatto nella prima stagione, nel bene e nel male, lo ripropone. Il film prende l'arco narrativo originale di Tatsuki Fujimoto - l'arco che introduce Reze e mette in crisi il cuore di Denji - e ne ricava una messa in scena che è insieme prova d'amore per il fumetto e tentativo di ridefinire cosa può essere un adattamento cinematografico di un manga violento e sentimentale.

Significa comprimere ritmo e amplificare ogni scena, puntando a una visione che sappia colpire lo spettatore con la stessa imprevedibilità del materiale televisivo. MAPPA si assume il rischio - e il compito - di restituire il bilanciamento tra brutalità e sentimento che rende Chainsaw Man tanto ambiguo quanto potente. Pur con qualche inciampo, il film conferma le aspettative col botto. E ci fa venire una gran voglia di altri fuochi d'artificio.
Adattamento e fedeltà nel film di Chainsaw Man
L'arco detto "Bomb Girl" è narrativamente denso: introduce dinamiche affettive complesse, gioca sul rovescio della fiducia e costruisce un crescendo che mescola quotidianità e apocalisse. Nel passaggio dal manga al grande schermo lo script di Hiroshi Seko si occupa di selezionare, comprimere e, dove necessario, espandere: alcune scene vengono dilatate per farne microsaghe emotive, altre condensate per evitare un ritmo frammentato.
La sceneggiatura cerca di preservare i momenti chiave e i gesti che definiscono i personaggi, mantenendo una fedeltà al manga quasi maniacale. Eppure il fan della saga cartacea percepisce subito che in formato da serie tv non sarebbe stata la stessa cosa: il film ha una propria autonomia narrativa, funzione imprescindibile per un prodotto cinematografico che deve funzionare anche per chi non conosce il manga.

MAPPA gestisce qui il compito con la consueta dimestichezza tecnica: il disegno dei personaggi alterna fedeltà al tratto di Fujimoto e piccole variazioni stilistiche pensate per la pellicola, il montaggio gioca con accelerazioni improvvise e piani più lunghi, e il sound design scolpisce l'esperienza visiva con tagli sonori che lasciano parlare il sangue e poi la paura.
Dal punto di vista tecnico
La regia di Tatsuya Yoshihara, supportata dal character design e dalla fotografia digitale, lavora sui contrasti: primi piani sul volto di Denji che trasformano espressioni in paesaggi emotivi; ampie inquadrature che fanno esplodere la violenza in coreografie metalliche; movimenti di macchina che seguono la catena e la motosega come prolungamenti del corpo. Il risultato è un film con sequenze d'azione che letteralmente esplodono con una fisicità quasi tattile, mentre i momenti intimi vengono girati con una delicatezza inattesa, in cui la macchina da presa indugia su dettagli che, nel manga, si leggono ma qui si ascoltano e si vedono con un'intensità tangibile.
La qualità dell'animazione è complessivamente alta: le scene d'azione mostrano il virtuosismo di MAPPA, con una coreografia che miscela violenza e inventiva visiva. Tuttavia, la compresenza di diversi stili (disegno tradizionale, CGI) a volte si avverte, benché il ritmo visivo riesca, per la maggior parte, a mascherare queste sfumature, ancor più che nella stagione televisiva.

La colonna sonora (contributi significativi di Kensuke Ushio e inserti musicali che pescano anche nel rock e metal più abrasivi) plasma la temperatura emotiva: non solo medico dell'azione ma motore psicologico. I brani accompagnano i passaggi dalla dolcezza improvvisa alla violenza cruda, sostenendo la scelta di compressione narrativa del film. Il tono scelto è netto: una linea che non si limita alla mera spettacolarità, ma cerca di far sentire al pubblico la confusione interiore dei personaggi, la loro impreparazione guastata dalla tenerezza.
Personaggi e interpretazioni: Denji, Reze e l'attrito dell'affetto
Il film eccelle quando mette a confronto violenza e intimità: le sequenze del bacio o in cui la normalità si incrina per la brutalità dell'evento sono tra le più riuscite. La velocità di montaggio in certi atti chiave, i colori (davvero esplosivi nonostante la sfumatura tetra di base) e la gestione degli spazi sonori trasformano la sala in un luogo di tensione palpabile. Ci sono picchi visivi che rimarranno impressi per la potenza iconica, immagini che riescono a sintetizzare il sacro e il grottesco in un fotogramma.
Il film costruisce il nucleo emotivo attorno a Denji e Reze, ma senza spiegare ogni sfumatura: la loro relazione è mostrata piuttosto che spiegata, e il pubblico è invitato a sentire piuttosto che a dedurre. Le performance vocali, con Kikunosuke Toya a prestare la voce a Denji e Reina Ueda a quella di Reze (tra gli altri membri del cast che includono i ritorni di voci già note del franchise), danno corpo a questa ambiguità: c'è tenerezza nella voce, ma anche una tensione che non si risolve in parole nette.
Questa scelta però ha un rovescio: chi avesse atteso spiegazioni più esplicite sulle motivazioni dei personaggi o dettagli della storia potrebbe rimanere insoddisfatto. La pellicola si affida all'intuizione dello spettatore e alla memoria del lettore del manga: se non si ha quella conoscenza dell'opera, alcuni passaggi possono apparire enigmatici. MAPPA e lo staff hanno evidentemente puntato a costruire un'opera che dialoghi prima di tutto con chi conosce il materiale, pur restando fruibile - ma in modo diverso - anche al nuovo pubblico.
Che cosa resta e cosa manca: un bilancio critico
Alla fine, Chainsaw Man - Il Film: La Storia di Reze è un film che vive di slancio e di tagli: slancio nel provare a restituire il freddo e il caldo del manga, tagli nei tempi necessari per adattarlo a una durata cinematografica. Ma questi, come ben insegna il Diavolo Motosega, non sono tutti sbagliati. Anzi, il pregio più grande di questo lungometraggio è la capacità di evocare, in appena un'ora e quaranta, in maniera diretta e spesso brutale, la complessità dei sentimenti che possono abitare anche i diavoli: un difetto spesso accusato alle serie tv in generale.
In ogni caso, il film conferma che un adattamento cinematografico su Chainsaw Man non era solo possibile, bensì quasi necessario: questo fenomeno di narrativa grafica è un'energia tematica che può prendere forme diverse. O meglio, tranciarle a metà.
Conclusioni
Chainsaw Man – The Movie: Reze Arc di MAPPA trasforma l’arco di Reze in un film denso, visivamente travolgente e pieno di pathos. Tra romanticismo e brutalità, spiccano regia e animazione, solo il più accanito diavolo fan potrebbe pensare che la compressione narrativa sacrifica parte della complessità psicologica del manga.
Perché ci piace
- Per gli spettatori che amano la commistione di orrore, commozione e pura inventiva visiva, il film offrirà immagini e sequenze che resteranno a lungo nella memoria.
- Animazioni MAPPA di alto e diabolico livello, con combattimenti coreografati in modo spettacolare.
- Un adattamento fedele nello spirito al manga di Tatsuki Fujimoto, ma...
Cosa non va
- L’impatto emotivo può risultare minore per chi non conosce il materiale originale.