A distanza di sei anni, torna alla 79ª edizione del Festival del cinema di Cannes Jia Zhangke, regista e scrittore cinese (anche vincitore di un Leone d'oro a Venezia 2006) che con il suo Caught by the Tides (Feng Liu Yi Dai nell'originale cinese) continua lo stesso percorso intrapreso con I figli del fiume giallo, raccontando una storia fatta di abbandoni in una Cina che cambia, volto e forma, nel corso di vent'anni.
Il cineasta, che nel 2004 ha avuto il benestare del governo cinese, nonostante le frequenti censure operate ai suoi film, ripropone in questo nuovo titolo le tematiche a lui più care raccontandole ancora con il suo stile malinconico e disilluso, accompagnato da Zhao Tao, attrice prediletta e consorte, che collabora da anni con lui in quanto protagonista assoluta e imprescindibile delle sue storie. Nello scrivere questa recensione, quindi, non possiamo non tenere conto del percorso che Jia Zhang-ke ha approntato in anni fatti di storie uniche e, in qualche modo, complementari nelle quali raccontare la forza inarrestabile del cambiamento.
Nella trama la Cina che cambia
Il film racconta la lunga storia d'amore tra Qiaoqiao e Bin, due individui enormemente diversi che, nel corso di vent'anni, si ritrovano a inseguirsi in un'alternanza di fugaci incontri e dolorose separazioni, proprio come la marea che invade la terra ferma e poi si ritira in un moto perpetuo inevitabile e continuo. Partendo dal 2001 Jia Zhang-ke mette in scena la Cina che cambia: il progresso tecnologico, le speculazioni edilizie, il vecchio che viene demolito per far posto al nuovo, perché, proprio come succede nei rapporti umani, anche le città decadono e vengono distrutte per poi cambiare forma.
Recuperare materiale d'archivio
L'operazione compiuta con Caught by the Tides è complessa e frutto della complicata situazione sanitaria che dal 2019 ha imposto alla Cina e al mondo intero restrizioni. Ovviamente girare su un set era complicato, ma il regista che stava revisionando il suo girato d'archivio, ha così deciso di provare ad imbastire una storia utilizzando decenni di filmati, alcuni frutto di pura sperimentazione, altri parti non incluse in precedenti lavori.
È così, quindi, che è nata la particolarissima impostazione visiva del progetto che vede continui cambi di formato, di lenti e fotografia. L'autore, con in mano un materiale enorme ma senza continuità stilistica, decide così di raccontare una storia frammentandola idealmente in tre parti: la prima ambientata nel 2001, la seconda nel 2006 per poi arrivare al 2022, alla comparsa di mascherine e disinfettanti, sezione del film girata nella Cina contemporanea. In tutto ciò Zhao Tao recita con gli occhi quello che non esprime a parole: il personaggio di Qiaoqiao, infatti, non pronuncia battute ma riempie il vuoto con un'espressività necessaria a colmare anche le discrepanze sonore che, probabilmente, si sarebbero venute a creare nel dare nuova vita a materiale non pensato per essere assemblato in un'unica opera.
Abbandono e cambiamenti: il cinema di Jia Zhangke
Nonostante la sua travagliata e complessa realizzazione Caught by the Tides è un lungometraggio interessante, eterogeneo ma coeso che riesce a sopperire alle problematiche tecniche con ottime idee e una serie di espedienti narrativi che solo una buona scrittura sa offrire. Tutto questo senza tradire i punti cardine del cinema di Jia Zhang-ke che ancora una volta parla di mutamento, del mondo e dell'anima, lasciando nello spettatore un profondo senso di solitudine, nostalgia e disillusione... ah, e anche il brano Butterfly del gruppo svedese Smile.dk che, ripescato anch'esso dalla fine degli anni novanta, dopo la visione, non andrà più via dal vostro cervello.
Conclusioni
Nel condensare in poche parole la nostra recensione di Caught by the Tides vi ricordiamo che il nuovo lungometraggio presentato al Festival di Cannes da Jia Zhangke è una storia frammentata ma coesa frutto di un lungo lavoro di revisione di materiale d’archivio durante l’emergenza sanitaria. Il regista non potendo passare ore sul set si dedica a dare nuova vita al suo vecchio girato costruendovi intorno una storia che condensa molti dei temi a lui cari mostrando i mutamenti del mondo e dell’anima attraverso atmosfere malinconiche e disilluse.
Perché ci piace
- L’incredibile lavoro di adattamento del materiale.
- L’interpretazione di Zhao Tao.
- La sceneggiatura che si plasma attorno al film.
Cosa non va
- La disomogeneità visiva potrebbe non soddisfare chi necessita di maggior continuità per fruire la storia.