Alla proezione riservata alla stampa l'accoglienza ad Elizabeth: The Golden Age, uno dei film più attesi della sezione Première, è stata abbastanza tiepida; non così quella ai due interpreti Cate Blachett e Geoffrey Rush, applauditi calorosamente alla loro apparizione in conferenza assieme al regista del film Shekhar Kapur. Ma la star del giorno è la luminosa Cate, tornata, dopo qualche esitazione, a vestire i sontuosi panni della leggendaria Elisabetta I d'Inghilterra, e bersagliata di domande su questa sua scelta.
Come avete convinto Cate Blanchett a riprendere questo ruolo?
Geoffrey Rush: Le abbiamo regalato quelle scarpe (Cate, fasciata in uno scintillante abito da coctail, calza un paio di sandali che non passano inosservati, ndR)!
Shekhar Kapur: Guardando a quella che è stata la carriera di Cate negli anni trascosi tra l'originario Elizabeth e questo sequel, colpisce quanto i ruoli da lei interpretati siano varii e coraggiosi. Per questo riesco a capire che non fosse interessata, inizialmente, a riprendere un ruolo già interpretato. Io ovviamente credo che ne valesse la pena perché sono convinto che Elisabetta possa diventare, nel cinema, una figura simile a quella di Amleto per le molte versioni e visioni della sua storia.
Cate Blanchett: Credo che Elisabetta sia uno dei personaggi più straordinari mai vissuti. D'altra parte, però, non è stata l'unica donna eccezionale. Sin dal momento in cui seppi che Geoffrey Rush era interessato a girare questo film capii che avrei potuto lasciarmi coinvolgere. E, una volta letto lo script, compresi che c'era ancora molto da dire su questo personaggio; ovviamente non secondario era anche il piacere di tornare a lavorare con Shekar e Geoffrey.
Come per Elizabeth, anche per lei sono trascorsi diversi anni tra un film e l'altro. Ha cercato di trasmettere la sua esperienza al personaggio?
Cate Blanchett: Questa era la sfida principale del film, raccontare un'altra era, un'altra fase del percorso di questa donna. Come il primo film, anche questo doveva funzionare indipendente. Lì c'era una giovane donna che scopre cosa significa regnare, qui c'è una donna matura che affronta il dramma dell'età che avanza e la minaccia della guerra.
Kapur, il film ha due anime, da una parte c'è la gestione di un personaggio, dall'altra la scala epica della guerra e della grande battaglia; quale delle due cose l'ha tenuta più sulla corda?
Shekhar Kapur: Non c'è film che non presenti sfide, ed è un bene: se le montagne fossero facili da scalare non le scaleremmo. Credo che le scene intime abbiano senso nel loro contesto, così come le scene più epiche, e in un certo senso sono le une controparte indispensabile delle altre. Io vedo anche la scena della battaglia con l'Armada come parte del viaggio di Elisabetta.
Come diceva Kapur, ci sono state molte interpretazioni di Elisabetta e alcune sono molto famose. Cate Blanchett si è ispirata a qualcuna di esse per il primo film o per questo?
Cate Blanchett: E' indubbio che Elizabeth abbia un notevole pedigree cinematografico, un retaggio difficile da ignorare. Conosco e ammiro molte di queste interpretazioni, tra cui quella molto recente di Helen Mirren. E condivido anche il paragone con Amleto, però c'è una differenza: Amleto ha un testo da cui partire, mentre la storia di Elisabetta è frutto dell'interpretazione dei biografi, e a maggior ragione, quindi, la visione del personaggio dipende dalla visione del regista con cui si lavora.
Kapur, è vero che Cate Blanchett ha partecipato attivamente alla lavorazione del film anche in fase di montaggio?
Shekhar Kapur: Mi piace lavorare con attori dalla forte personalità, che contribuiscano in prima persona alla visione creativa di una pellicola. Per me la migliore cosa che possa fare un regsita è liberarsi del proprio ego, e con attori come questi riesco a farlo ed è arricchente per tutti.
Cate Blanchett: Io credo che gli attori abbiamo il loro ruolo anche in questo, possono dare il contributo anche nello studio delle inquadrature, nella scelta delle luci, se comprendono il valore di questi elementi per la costruzione del personaggio.
Kapur, perché ha rappresentato i nemici spagnoli in maniera così grottesca?
Shekhar Kapur: Non c'era l'intenzione di rappresentare la cultura spagnola ma solo un elemento della storia spagnola: la Santa Inquisizione. Quello che ho voluto mostrare sono i rischi del dogmatismo e dell'incapacità di aprirsi ad altre visioni della religione. Mentre lavoravo alla concezione del film ho visitato l'Escorial, la reggia costruita da Filippo. E' un palazzo di una bellezza abbacinante, eppure lui viveva recluso in una stanza simile ad una caverna, come un monaco. Questo è l'uomo che ha dato vita a una delle più feroci persecuzioni religiose di sempre. Ma non era mio intento quello di ridicolizzare gli spagnoli, amo molto la Spagna!
Alla fine del film, Elisabetta dice che è perché non ha marito e non ha figli che ha la sua indipendenza e la sua libertà di regnare. Secondo voi è così per le donne di oggi? Per avere il potere bisogna rinunciare al resto?
Shekhar Kapur: Non è il prezzo del potere, è il prezzo della venerazione. Elisabetta lo ha pagato per essere come Dio in terra per i suoi sudditi.