Cantare la verità
Esistono persone capaci di cambiare il mondo in meglio. Grazie alla loro arte, al loro talento, al loro impegno etico e sociale. Miriam Makeba ha cambiato il mondo in meglio per tutti questi motivi. Miriam era una ragazza qualunque, negli anni Cinquanta in Sudafrica: una ragazza nera, e, come tutti i neri, vittima dell'apartheid. Ma, a differenza di tutti gli altri, lei sapeva cantare, in un modo impossibile da dimenticare, da non farsi entrare nel cuore, anche dopo averla sentita una sola volta. E quindi si esibiva, nei locali per neri, certo, ma anche in quelli per bianchi, per poi, però, sgattaiolare fuori dalle cucine. Fu così che venne notata da Lionel Rogosin, che la fece cantare nel suo film Come Back, Africa, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1959. In quel momento per Miriam iniziarono la fortuna e la sfortuna insieme: aveva un palcoscenico internazionale, ora, ma il suo Paese non la voleva più, perché cantava la segregazione, l'ingiustizia, la sofferenza in un modo talmente trascinante e pieno di vita che nessuno la poteva ignorare.
Mika Kaurismäki racconta in questo Mama Africa, attraverso filmati di repertorio e interviste ai compagni di vita della grande artista, dal primo marito ai nipoti, tutta la travagliata vita di Miriam, mettendone in luce l'importantissimo impegno politico per la causa sudafricana e per la parità dei diritti degli afroamericani, ma senza mai distogliere l'attenzione da quella che era la vera grandezza della protagonista: la sua carica espressiva, la sua capacità di dare tutta se stessa al pubblico, la traboccante felicità che esprimeva quando faceva quello che sapeva fare meglio. Ricostruendo le tappe della sua carriera e della sua vita privata, il regista dimostra come, nonostante il successo, la vita di Miriam Makeba fosse tutt'altro che facile: l'esilio, che la costrinse alla lontananza dalla madre e dalla figlia (che poi diventerà una delle sue autrici), il boicottaggio del suo lavoro anche in America, le tragedie familiari sono tutti aspetti che condizionarono profondamente il percorso dell'artista. E, proprio alla luce di questo, la sua figura risulta ancora più potente: non solo perché il suo impegno politico e sociale non è mai venuto meno, ma soprattutto perché Miriam Makeba è stata in grado di veicolare un messaggio così urgente e pesante con grazia, con spirito fermo ma sempre pieno di dolcezza, con una generosità autentica. Lei non era un'arrabbiata, una che aizzava le folle, che urlava il proprio dolore: lei cantava con la forza della verità, e più quella verità era difficile, e dura da affrontare, più struggente risultava la sua energia, la sua inarrestabile determinazione a fare la propria parte. Kaurismäki, intelligentemente, lascia che a parlare di Miriam siano le sue interpretazioni, tanto quelle più note che quelle più private, ripescate dagli archivi di famiglia, piuttosto che le seppur interessanti testimonianze di colleghi e amici. La sua forza era la sua musica, ed è tuttora così: non è difficile immaginare come, attraverso il proprio talento, abbia saputo unire le istanze di tutto il continente Africano, in una comunanza di intenti che, dopo di lei, è stata impossibile da ricostruire. Kaurismäki, oltre che tracciare la parabola umana e professionale di un'artista inarrivabile, ci parla anche del ruolo che l'arte può, e deve avere nella società, sulla responsabilità di cui è investito chi sta sotto i riflettori ogni giorno, e di come la popolarità possa dare riscontri più alti della semplice soddisfazione personale. E se Miriam Makeba ha potuto raggiungere milioni, se non miliardi di persone, grazie alla propria arte, non vuol dire che ogni contributo, anche se piccolo, non sia comunque altrettanto importante: basta cantare, come faceva lei, nient'altro che la verità.Movieplayer.it
3.0/5