A ventotto anni ha diretto il film premio della giuria del Sundance, Public Access.
A trenta I soliti sospetti l'ha consacrato di fronte al pubblico di tutto il mondo.
Poi una carriera segnata dai fumetti, con la serie di X-men e Superman Returns ad occuparne tempo ed energie. Nel 2009 Bryan Singer ritorna al tema che aveva già affrontato, seppur più lateralmente, con L'allievo, catapultandosi con Operazione Valchiria nel bel mezzo della Germania nazionalsocialista, che lo ha da sempre affascinato.
"Quella della Germania di Hitler è una grande storia, mi intrigano i suoi personaggi, e sono estremamente affascinato dal mondo nazista, dalla stessa figura del Fuhrer", ci confessa.
Ma nessun timore di idee politiche balzane. Singer, come ammette senza alcun problema, è un ebreo affezionato al proprio patrimonio culturale, e l'interesse per quegli anni oscuri è puramente di tipo storico e narrativo
"Ci sono stati ben quindici attentati di tedeschi al proprio Fuhrer - ci racconta appassionato - e se all'inizio si poteva dire che Hitler avesse una buona sicurezza personale, ad un certo punto si può proprio affermare che ha avuto una fortuna del diavolo, come si dice in America. Era un tipo particolarissimo, si muoveva in maniera molto imprevedibile, partiva all'improvviso, senza un gran seguito, ma con un gruppo ristretto di persone".
"La storia di per sè era molto affascinante - racconta Singer - _ Gli eventi che si determinarono intorno all'attentato, e la portata dell'attentato stesso, e osservare inoltre la figura di quello che lo mise in atto veramente, sono state tutte opportunità di raro interesse_".
I corsi e i ricorsi del grande mondo della celluloide lo hanno legato a Paul Verhoeven, che nel suo Black Book affrontava da un'altra prospettiva lo stesso periodo. Quando gli chiediamo se si fosse in qualche modo ispirato alla produzione italo/tedesca Attentato a Hitler (in tedesco semplicemente Stauffenberg), otteniamo un garbato diniego, al quale però aggiunge: "Ma sono un buon amico di Sebastian Koch, che nel film interpreta il conte, che ha anche partecipato al film di Verhoeven, sul set del quale ha conosciuto e si è innamorato di Carice van Houten, che nella mia pellicola interpreta Nina von Stauffenberg!".
Un incastro fantastico, che ci dà la possibilità di chiedergli su come oltreoceano vengano visti i grandi totalitarismi che dilaniarono in modo feroce l'Europa del novecento, e delle eventuali differenze da quella che è la sensibilità del Vecchio Continente.
"Negli Stati Uniti siamo cresciuti pensando che tutti i tedeschi fossero nazisti. Negli States si tende ad avere una percezione manichea, e da ebreo mi è piaciuta molto questa storia, perchè ci aiuta a ricordare che non erano tutti uguali quelli che vivevano in Germania a quel tempo, non tutti erano nazisti convinti, ed era un messaggio importante per il nostro paese. Per gli americani è importante vedere che c'era un gruppo di tedeschi che ha provato ad uccidere Hitler, così come è importante sapere che tanti italiani hanno cercato di rovesciare Mussolini, fatti che magari sono stati minimizzati dagli Alleati nell'immediato dopoguerra, in cerca di una resa incondizionata da parte dei paesi dell'Asse".
Non resta altro da fare che andare al cinema e, tra popcorn e impegno civile, godersi la storia partorita dal connubio tra il divo Tom ed il talentuoso regista.