Sorridente, in giacca nonostante il caldo, più alto di quanto ci si aspetti, a riprova della sua straordinaria prova in Breaking Bad, in cui è più curvo, con una voce splendida e un talento puro nel reggere il pubblico: Bryan Cranston, 61 anni, è uno degli interpreti di maggior talento nel panorama cinematografico e televisivo contemporaneo, divenuto celebre in tutto il mondo grazie all'incredibile personaggio di Walter White, il professore di chimica che passa al lato oscuro divenendo un signore della droga.
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Arrivato in Italia per partecipare al Giffoni Film Festival, l'uomo che bussa ha concesso sorrisi e foto a profusione, dimostrando di possedere una parlantina inarrestabile, in grado di passare da un argomento all'altro con un'agilità mentale notevole.
L'amore per le storie: una passione lunga una vita
Il sorriso di Cranston è quello di chi ha fatto della propria passione la sua vita: l'amore per la recitazione comincia da lontano: "Per ogni persona l'amore per il cinema nasce in modo diverso, per esempio: un titolo che ha significato molto per me è un vecchio film di Jane Fonda chiamato Cat Ballou. La gente spesso mi chiede: perché proprio quel film? È un western divertente: all'epoca i miei genitori stavano affrontando un divorzio difficile, quindi io e mio fratello scappavamo a vedere i film. Qualsiasi cosa fosse in cartellone era più attraente di ciò che ci aspettava a casa. I film possono essere un rifugio temporaneo: per due ore permetti alla tua mente di viaggiare e, se la storia è buona, ti fa fare un viaggio. È per questo che raccontare storie è così importante: non credo esista un solo essere umano che non voglia sentire una storia. Come ho detto ai ragazzi oggi: il vostro primo ricordo probabilmente è quello in cui portate un libro ai vostri genitori per farvi leggere una favola con tanto di figure. È così che si comincia. Io ci ho costruito una carriera: so che le persone sono disposte a spendere soldi per sentire una storia che sanno non essere vera. Non ha importanza: per me raccontare storie è una gioia universale".
Una passione che sembra non conoscere cali: "La sento ancora: ho una storia d'amore con la recitazione, spero di continuare a lavorare. Ci penso in continuazione: penso ai personaggi e alla narrazione. Alcune cose, come imparare le battute, sono un lavoro, ma, a parte questo, amo immergermi in una storia e poi affrontare un personaggio completamente diverso. Amo sia interpretare qualcuno di realmente esistito sia costruire un personaggio diverso da me, a teatro come al cinema. Quando avevo 22 anni sapevo che volevo perseguire qualcosa che amavo, sperando di diventare bravo, invece che impegnarmi in qualcosa in cui ero abile ma che non mi appassionava".
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Il momento d'oro che lo ha investito in questi ultimi dieci anni non lo ha cambiato: "Sono molto fortunato: non sono soltanto una persona a cui piace sentire storie, ma posso anche raccontarle per vivere. È un regalo incredibile. So quanto è importante: qualsiasi sia la fama o il successo che un attore raggiunge, finirà. Al momento me la cavo piuttosto bene, ma so che a un certo punto rallenterò: succede, il mio momento finirà e cederò a qualcun altro il mio posto. È così che la vedo: essere in questa posizione non è un mio diritto, ma un privilegio. Siccome lo vedo come un privilegio, ho il desiderio di aiutare come posso le generazioni più giovani".
Breaking Bad: Walter White e Better Call Saul
Il ruolo di Walter White in Breaking Bad ha cambiato la vita di Cranston, ma anche il modo di fare e scrivere la televisione: insieme ad altri titoli, la serie creata da Vince Gilligan ha infatti dimostrato che non c'è necessariamente bisogno di un protagonista piacevole per realizzare un'opera di successo: "Credo che la cosa più importante che abbiamo capito in questi ultimi 15-20 anni raccontando storie è che non è necessario che un personaggio debba piacere per forza: è più onesto approcciare il lavoro in modo da permettere al pubblico di capire quella persona. Se capisci il motivo per cui quel personaggio si comporta in un certo modo puoi essere in disaccordo con quello che fa, come per esempio Walter White, ma così è più autentico, più simile a quello che accade nella vita reale. Non sempre ci sono eroi: spesso ci presentano persone che non ci piacciono e va bene così".
Come gestisce la fama che il suo alter ego televisivo gli ha donato? Che fa quando, come qui a Giffoni, vede ragazzi che indossano magliette con la sua faccia? "È una cosa divertente: se vedo qualcuno al supermercato con una maglietta con la mia faccia mi avvicino e gli dico sussurrando 'mi piace la tua maglietta' (con la voce di Walter White n.d.r.). In genere mi guardano sconvolti e me ne vado, perché voglio mantenere il mistero".
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Che ne pensa invece uno dei protagonisti assoluti sul rapporto tra cinema e televisione? Ormai il futuro sono le serie tv? "Ogni storia si sceglie il suo mezzo: Breaking Bad sarebbe stato un pessimo film. Pensateci: con solo due ore a disposizione si sarebbero perse moltissime sfumature e dettagli, la lenta discesa di quest'uomo non sarebbe stata possibile, sarebbe stata molto più veloce e avrebbe perso la sua forza. Alle nuove generazioni dobbiamo insegnare i pregi della pazienza: in un certo senso Breaking Bad è stata d'aiuto. I giovani oggi non sanno aspettare: vogliono storie veloci, in cui la trama procede rapidamente, invece noi abbiamo raccontato la nostra storia in modo sorprendente ma anche onesto. Siamo andati veloci e poi abbiamo rallentato: se permetti al pubblico di affezionarsi ai personaggi, che è lo scopo principale, allora puoi giocare, rallentando in modo da far quasi stare male gli spettatori, in modo che non cambino canale. Se la storia è buona puoi manipolare il tempo come vuoi per creare un effetto drammatico".
Ha visto quindi Better Call Saul, spin-off di Breaking Bad con protagonista Bob Odenkirk? "Sfortunatamente non ho avuto la possibilità di guardare troppa televisione: in questo momento sto producendo quattro serie tv e ne ho altre in cantiere. Però ho visto Better Call Saul, per ciò che mi lega a quella serie, e mi piace molto: ho anche detto a Vince Gilligan di non dirmi nulla di quello che succederà. Vorrei avere il tempo di guardare più serie: ma in questo momento passo la maggior parte del tempo a leggere e scrivere appunti. È divertente ma porta via un sacco di tempo".
E per quanto riguarda la polemica piattaforme di streaming vs sala? "I miei fratelli sono attori a loro volta, tutti in giro per il mondo, quindi se qualcuno produce più cose sono felice per i miei colleghi attori, scrittori, registi e tecnici: per me è una buona cosa. Per quanto riguarda la sala invece spero che non sparisca mai: è sempre più comodo guardare film a casa, è vero, gli schermi sono più grandi, ma l'esperienza non è la stessa. Quando ti siedi in una stanza piena di persone c'è un'energia diversa: se guardi un film insieme a due persone non è la stessa cosa".
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L'arte e il potere di aggregare le persone
Da innamorato del suo lavoro, Cranston riconosce all'arte il potere di superare ogni confine: "In tutto il mondo, e specialmente nel mio paese, ci sono problemi politici in questo momento, ci sono molte opinioni, le persone ti dicono che hai ragione o che sbagli tutto il tempo, mentre la cosa più bella dell'arte è che nessuno ha torto: quello che ognuno prova di fronte a un dipinto, ascoltando un brano musicale, guardando un ballerino danzare o un film è una cosa che riguarda lui e non può sbagliarsi, perché è ciò che prova. Questo ferma i conflitti e permette al dialogo di andare avanti e capire che ci può essere una differenza di opinioni. Credo che proprio quando l'arte instaura una conversazione allora trionfa davvero. Quando alla fine di un film ne vuoi parlare allora vuol dire che ti ha emozionato".
Visto che è anche regista e produttore oltre che attore, come si capisce se una storia è buona o no? "Credo che tutte le buone storie debbano risuonare in qualche modo, devono significare qualcosa per te: è un modo per esplorare l'essenza dell'animo umano. Noi vogliamo investire tempo ed energia insieme ad altri esseri umani: sia che ci piacciano, sia che non li sopportiamo, quando guardiamo un film e un personaggio non ci dà fiducia cominciamo a pensare alle implicazioni di questa sensazione, o se è attraente ci sono possibilità diverse, in ogni caso cominciamo a pensare e a prendere decisioni come se fossimo il protagonista. Se riesci a portare il pubblico a investire emotivamente sui personaggi allora hai fatto centro come narratore".
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L'America di Trump e l'importanza dell'impegno sociale
Visto che è così addentro alla comunità di Hollywood, come vede il futuro dello spettacolo ora che il presidente degli Stati Uniti è Trump? "Credo che gli Stati Uniti, e non solo, stiano vivendo un momento difficile: ci sono sentimenti di isolazionismo e nazionalismo anche in Francia, Gran Bretagna, Germania, molti paesi stanno cominciando a innalzare dei muri. Mentre le serie tv e il cinema abbattono quei muri: sono diffusi a livello internazionale, ci mettono in contatto e non possiamo tornare indietro, a prescindere dai desideri di alcune persone, non possiamo tornare alla semplicità del passato, condividiamo la fortuna e la sfortuna con i nostri vicini. Per quanto riguarda l'America credo sia un periodo di transizione: a volte il tempismo fa emergere individui che sulla carta sono la scelta più assurda, perché magari il contesto spinge in quella direzione. È più facile quando molte persone si sentono trascurate e lasciate indietro: in queste condizioni l'ascesa di qualcuno come Donald Trump è la tempesta perfetta. Il fatto che Trump sia Presidente degli Stati Uniti per me è inconcepibile: mi sveglio ancora la mattina chiedendomi come sia possibile. Non ci posso credere. Posso dirvi che non riflette la grande maggioranza del paese: ha vinto grazie al nostro sistema elettorale, che allora funzionava ma oggi ha bisogno di essere aggiornato. Per il momento non possiamo fare altro che allacciare le cinture e sperare che la corsa non sia così tremenda come pensano in molti".
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E cosa pensa Hollywood di Trump? "La maggioranza della comunità creativa non lo ama per niente: sta agli artisti comunicare con i cittadini ogni volta che c'è oppressione in qualsiasi paese. In ogni momento storico è stato così: gli artisti sono sempre stati l'avanguardia nel comunicare attraverso la loro arte e hanno portato al cambiamento. Quindi per noi è essenziale avere opinioni diverse e realizzare prodotti che mettano in luce queste cose. Farò uno spettacolo a Londra, al National Theatre, Network dal film di Paddy Chayefsky, un'opportunità che sarei stato folle a farmi sfuggire: il regista è Lee Hall e la storia parla dei nostri tempi e delle difficoltà che stiamo affrontando globalmente".
In questo senso quindi anche Breaking Bad ha contribuito a mettere in evidenza certi aspetti oscuri della società americana? "Breaking Bad non è nato con l'intenzione di veicolare un messaggio sociale: ma all'epoca un personaggio con quelle caratteristiche, che aveva bisogno di cure mediche ma non poteva permettersele, ha messo in luce l'argomento. Credo che ogni cittadino abbia diritto a cure dignitose: anche a costo di far pagare di più le persone con reddito maggiore. Io sarei felice di farlo, perché è la cosa giusta da fare. Una società sana permette a tutti di crescere".