Reinterpretare e adattare una storia in chiave animata non è mai semplice, è un processo rischioso che richiede meticolosità e originalità. Di questo parleremo in questa recensione di Bright: Samurai Soul, il nuovo film animato targato Netflix disponibile dal 12 ottobre 2021. Il lungometraggio è diretto da Kyōhei Ishiguro, regista molto apprezzato in Giappone per serie quali Children of the Whales e Bugie d'aprile, e che nel 2021 ha finalmente avuto l'occasione di cimentarsi in film da lui diretti: Words Bubble Up Like Soda Pop, distribuito per l'estero sempre dalla celebre piattaforma streaming e questo Bright: Samurai Soul che si distingue sicuramente dai precedenti lavori del regista per la sua originalità nel reinterpretare una storia moderna e fantastica - già narrata nella pellicola di David Ayer con Will Smith e Joel Edgerton, Bright - con efficacia, senza mai tradire l'originale e intrigante world building.
Una trama che richiama il film live action
Una prima differenza con il film del 2017 è l'importante cambio di ambientazione: siamo in Giappone, dopo la caduta dello shogunato e all'inizio di quell'era di enormi cambiamenti conosciuta come rinnovamento (o restaurazione) Meiji, solo che anche qui gli umani convivono con altre razze: elfi, orchi, goblin, nani e tutte quelle creature magiche tipiche dei racconti fantasy. In questo mondo facciamo la conoscenza di Izou, un ronin che dopo aver perso l'occhio destro in battaglia sembra aver rinunciato ad ogni ragione di vivere. L'uomo si accontenta di piccoli lavori come quello di aiutante e guardiano di una casa di piacere, ed è proprio qui che conosce Sonya, una ragazzina di razza elfica vivace e ribelle. Dopo un terribile e sanguinoso assalto alla casa da parte di ignoti banditi, Izou fa la conoscenza di Raiden, un orco che, stanco di una vita di furti e malefatte, deciderà di aiutarlo a portare Sonya in salvo a nord, nella terra degli elfi. Inizia così per i tre un pericoloso viaggio da Kyoto a Yokohama, braccati da un gruppo di loschi personaggi che sembrano fare capo ad una misteriosa organizzazione di Inferni, un gruppo di individui il cui unico scopo è quello di risvegliare il Signore Oscuro.
25 migliori anime su Netflix da vedere
Un Giappone in bilico tra vecchio e nuovo
La prima cosa che notiamo è una parziale aderenza della trama del film animato a quella del live action: in entrambi abbiamo una coppia di compagni, composta da un umano e da un orco, che si ritrovano a dover portare in salvo una bambina di razza elfica dai poteri straordinari. Se però Bright decideva di raccontare per prima cosa le disuguaglianze sociali che intercorreva tra le varie razze, questo Bright: Samurai Soul lascia un po' indietro i pregiudizi, che comunque rimangono presenti ed evidenti, per mostrare prima di tutto un pezzo di storia del Giappone, raccontando anche i difficili equilibri di potere in un'epoca così delicata, dove il Sol Levante iniziava ad aprirsi all'occidente cambiando molte delle sue usanze in nome del progresso. Quello che vediamo in questa pellicola animata è un paese diviso tra un passato che non riesce a dimenticare e un futuro ancora incerto, caratteristiche incarnate perfettamente dai protagonisti, specialmente da Izou che non riesce a dimenticare i dolorosi eventi di qualche anno prima che rischiano, così, di schiacciarlo in un tormento eterno.
Una musica dissonante
Questa dicotomia tra vecchio e nuovo, tra antico e moderno, è ben rappresentata dalla musica. L'incalzante colonna sonora, contemporanea ed elettronica, è spesso dissonante con le immagini proposte: combattimenti con le spade e fughe tra i bellissimi e sconfinati paesaggi rurali di un paese che non ha ancora del tutto ceduto a quella rivoluzione industriale che ne avrebbe per sempre cambiato il volto. Ovviamente questi elementi in opposizione si notano subito, arrivando quasi a stridere tra loro rendendo il giudizio sulle musiche estremamente soggettivo: sicuramente tra gli spettatori ci sarà qualcuno che avrebbe preferito delle musicalità più tradizionali, che rafforzassero l'immaginario orientale in cui la storia è calata, ma in un film così originale in cui i contrasti vengono in più modi rappresentati, riusciamo a trovare coerenti anche delle sonorità più elettroniche e concitate.
Una messa in scena suggestiva e dinamica
Tutta l'originalità di questa produzione, però, si mostra grazie al suo stile grafico estremamente evocativo e particolare. Ispirato alla tecnica di incisione della xilografia giapponese, il design di Bright: Samurai Soul si avvicina più a quello di un'opera pittorica che a un anime. I fondali sembrano usciti da un opera di Hokusai e anche i personaggi presentano un character design estremamente particolare che ben si sposa con la componente fantasy dell'opera. Un ulteriore valore aggiunto sono le animazioni realizzate in 3DCGI che permettono una messa in scena estremamente dinamica, con un punto di vista in grado di girare intorno ai personaggi durante le scene di combattimento che in questo modo diventano ancora più spettacolari, frenetiche ed interessanti. Una cosa è certa: questo film può riuscire dove, in parte, la pellicola di Ayer aveva fallito, ovvero portare nuovi spettatori verso un franchise che sembra avere ancora tanto da dire grazie a un world building interessante e dal potenziale ancora inesplorato.
Conclusioni
Per concludere la nostra recensione di Bright:Samurai Soul possiamo affermare che questo film animato di Netflix riesce ad adattare una storia ispirata a quella del live action in modo originale ed efficace. Bellissimo e suggestivo lo stile grafico a supporto di una messa in scena dinamica e moderna, come moderne sono le musiche, in dissonanza con le ambientazioni e la storia ambientata agli albori del periodo Meiji.
Perché ci piace
- Lo stile grafico evocativo, ispirato alla xilografia giapponese.
- La messa in scena estremamente dinamica.
- Il worldbuilding, perfetto anche per una storia ambientata nel passato.
- Le musiche, elettroniche e incalzanti, spesso dissonanti con le immagini…
Cosa non va
- …che potrebbero però infastidire alcuni spettatori che avrebbero preferito una maggiore coerenza con lo stile.