Brick, recensione: un film senza via d'uscita (che assomiglia ad un prompt di ChatGPT)

Tra rimandi all'attualità e i retaggi del lockdown, il film tedesco potrebbe essere la definitiva riprova di un'idea: i Netflix Originals sono direttamente e indirettamente tutti uguali tra loro.

Brick, l'artwork del film

Brick di Philip Koch è vittima di se stesso. Vittima delle sue esacerbate e ridondanti metafore, vittima pure di uno schema narrativo in cui la prevedibilità sembra alla portata degli spettatori più distratti. Eppure c'è sconforto, perché anche questa volta il presupposto iniziale incuriosisce, e acchiappa. Almeno ad una prima lettura. Via via che l'opera(zione) entra nel vivo comprendiamo invece quanto la sceneggiatura smani per inserire nella storia quanti più twist possibili, ammiccando continuamente a temi di stretta attualità senza una vera continuità di forma e di sostanza. Di più, Brick - targato Germania - è forse la prova definitiva di un'idea che ronza ormai da tempo: ogni film originale Netflix è in qualche modo uguale e continuo agli altri, rimandando direttamente e indirettamente al catalogo della piattaforma. Una strada produttiva e narrativa senza via d'uscita.

Brick: un film senza via d'uscita

Brick Scena
Brick: Matthias Schweighöfer e Ruby O. Fee in una sequenza

La stessa via d'uscita che non trovano i protagonisti del film. Tim e Olivia (Matthias Schweighöfer e Ruby O. Fee), coppia in crisi, si ritrova bloccata in casa. "Lasciami andare", dice la ragazza, "questa non è opera mia", risponde lui, al risveglio, quando si rendono conto che le finestre e le porte sono sbarrate da uno strano muro avente pure un campo magnetico. La linea internet è assente e i telefoni sono off-line. Cosa sta accadendo? Si ritrovano in un'escape room? L'host di AirBnB li ha intrappolati? E se fossero gli alieni? Oppure è una segreta misura difensiva? Poco importa, bisogna uscire dall'edificio. I due iniziano a buttar giù le pareti, ritrovandosi a casa dei vicini, anch'essi sconvolti. L'idea è quella di scavare in verticale, arrivando ai tunnel della metropolitana di Amburgo. Il gruppo poco a poco si allarga, ma lo spazio d'azione si ristringe. E qui con la trama, qualora foste interessati, ci fermiamo.

Un pessimo film senza uscita

Brick Ruby O Fee Immagine
Ruby O. Fee in azione

Continuiamo col dire che in Brick la verticalità è un fattore importante, come già visto ne Il buco. Il film di Koch - che per Netflix aveva già firmato la sceneggiatura di 60 Minuti e la regia di diversi episodi di Tribes of Europa - è infatti un apparente rompicapo, alternato da deboli scene introspettive, prevedibili colpi di scena (compreso il finale) e, come se non bastasse, pure un inutile momento weird. In mezzo, un corollario di personaggi standard dall'evoluzione scontata. Ci rendiamo conto infatti che nel film si ammicca in modo forzato ad un linguaggio che conosciamo, sia dal punto di vista narrativo che dal punto di vista scenografico.

Brick Sira Anna Faal
Sira-Anna Faal, un'altra del gruppo protagonista

Al netto della sua oscura traccia pop, che punta all'intrattenimento pessimistico, ogni elemento all'interno dello script è stato inserito seguendo la traccia dell'algoritmo, magari rivisto con l'aiuto dell'intelligenza artificiale. Si ammicca a Squid Game, si citano le teorie del complotto riguardanti il Nuovo ordine mondiale, e poi non mancano i sistemi di difesa militari, il concetto di guerra ibrida, l'intrusione della forza bruta nella quotidianità.

Un film come Brick, tra l'altro, sembra essere il frutto di un'epoca ansiogena, figlia del #restateacasa, del lockdown, dell'ossessione tecnologica, senza però essere mai incisivo né troppo convinto rispetto agli strumenti utilizzati per stupire (?) e intrattenere (?). Insomma, in un'ora e quaranta non manca nulla. Una costante aggiunta di elementi che sembrano stati indirizzati da Chat GPT. Con un assunto conclusivo: sarà proprio l'aiuto di uno smartphone a risolvere il puzzle dietro Brick. Triste metafora dei nostri tempi. Triste metafora di un linguaggio streaming che potrebbe aver stancato.

Conclusioni

Brick ha un'idea forte che gioca con una certa scia lasciata dal lockdown: non poter uscire di casa. Peccato però che tutto il resto sia un collage di film originali Netflix, tra auto-citazioni e linguaggi similari, senza una cognizione narrativa che possa essere minimamente univoca. L'aggiunta di troppe citazioni al mondo contemporaneo, tra l'altro, non aiuta, facendo assomigliare l'opera ad un prompt di ChatGpt.

Movieplayer.it
1.5/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • L'idea iniziale.

Cosa non va

  • L'utilizzo del contemporaneo è forzato.
  • Prevedibilità smaccata.
  • Costante sensazione di averlo già visto.
  • Il finale.