Si chiama apparente, ed è il vento percepito durante la navigazione, un refolo illusorio nato dalla somma del vento reale e di quello avvertito quando si è in movimento. Una sensazione effimera e passeggera, la stessa che al "risveglio" finirà per sorprendere i protagonisti di questa composta commedia borghese, Breve storia d'amore, che segna l'esordio alla regia di Ludovica Rampoldi.
Sceneggiatrice di successo, tra le più acute della nuova andata autoriale del cinema italiano, (Gomorra, 1992, Esterno notte, The Bad Guy, Il traditore) decide di scrivere e dirigere la sua opera prima: un breve trattato sul tradimento e la vita di coppia, che nonostante alcuni spunti interessanti inciampa nello stereotipo del racconto corale sulle relazioni umane che si consumano tra le pareti di cartapesta dell'ormai sempre più abusato italico salotto borghese.
Breve indagine sulle relazioni di coppia
Per sua stessa ammissione l'idea di Breve storia d'amore nasce quando Rampoldi aveva venticinque anni e "idee intransigenti e assolute sulle relazioni"; anni dopo, quando quella bozza di soggetto le ricapitò fra le mani, si accorse che le domande da cui era partita, erano rimaste le stesse ma prive della perentorietà della gioventù: cos'è una coppia? Quali sono i suoi confini? Cosa la tiene insieme e cosa la fa naufragare? Cosa è lecito e cosa inaccettabile? Da qui e con una consapevolezza diversa, l'idea di farne il suo primo film da regista su uno dei topos più esplorati dalla commedia sentimentale: lui, lei, l'altro.
Ludovica Rampoldi lo rispolvera e lo incasella in una struttura quasi da camera, costruendo un congegno a orologeria e tessendo un intreccio di vite e tradimenti dalla precisione chirurgica. Dentro ci scaraventa i quattro personaggi (due coppie) osservati alla "giusta distanza": i trentenni Lea (Pilar Fogliati) e Andrea (Andrea Carpenzano) e i cinquantenni Rocco (Adriano Giannini) e Cecilia (Valeria Golino). Lea, aspirante scrittrice rassegnata a fare interviste a donne illustri per un femminile che nessuno legge, incontra Rocco in un bar; lui, sismologo, ha appena vinto uno dei suoi incontri di chessboxing del venerdì sera, disciplina che unisce scacchi e boxe.
Tra i due inizia una relazione clandestina, destinata a consumarsi in una decadente stanza d'albergo, uno spazio di assoluta anarchia e libertà, dove Lea e Rocco trovano quello che i rispettivi compagni non riescono più a dargli: da un lato Andrea, attore piacente di cui Lea non si fida più ("prima sapevamo che se volevamo potevamo durare per sempre, adesso ci scegliamo per abitudine, è la sensazione di chi aveva la grazia e l'ha perduta"), dall'altra la compassata Cecilia, rinomata psicologa che ogni tanto si diletta a tirare al poligono. Sembrerebbe un tradimento come tanti, ma quando Lea comincia a insinuarsi nella vita di Rocco, quell'apparente "storia di corna" prenderà una piega imprevista che coinvolgerà l'assortito quartetto in una surreale resa dei conti.
Breve storia d'amore, dalla commedia al thriller psicologico
L'indagine dei non detti e delle dinamiche interne alla coppia, che Rampoldi immagina proprio come il ring della scena d'apertura, si articola in una struttura suddivisa in capitoletti, ben otto. Dentro i personaggi si agitano ignari come le formiche che Rocco e Cecilia custodiscono gelosamente in una teca di plexiglass in salone o come i pesciolini rossi nell'acquario a casa di Andrea e Lea. Un incastro perfetto di adulteri e smarrimenti in una riflessione sull'amore e le sue imperfette declinazioni, che nella prima parte si adagia sui toni del romance e nella seconda si veste da thriller psicologico adottando ritmi e atmosfere da mistery e depistando lo spettatore fino a un classico colpo di scena finale.
Ma sullo sfondo incombono i cliché della commedia italiana contemporanea: il microcosmo dei salotti borghesi, i dialoghi sussurrati, la realtà ovattata di case elegantissime e a volte improbabili. Breve storia d'amore si rivela nel complesso un'opera vittima della sua stessa eleganza formale e di dialoghi a volte schiacciati sulla banalità, nonostante gli sforzi di un cast che trova in Pilar Fogliati il suo punto di forza. Tuttavia le va riconosciuto il merito di ribaltare il canone narrativo della storia di tradimento: non c'è morbosità, non c'è voyeurismo e neanche una condanna morale. C'è invece un'indagine sul desiderio, sullo spaesamento e la volontà chiara di non dare risposte certe.
Conclusioni
Seppur con qualche ingenuità Breve storia d’amore rivela lo sguardo di un’autrice che saprà farsi strada anche come regista. Lontano dai facili sentimentalismi, il film sceglie la via dell’osservazione distaccata, quasi un trattato analitico sulle relazioni di coppia. Via i toni consolatori, per fare spazio all’eleganza formale e al rigore a scapito però di una dimensione emotiva che viene a mancare.
Perché ci piace
- Non propone soluzioni né condanne morali, ma racconta con lucida onestà la complessità del desiderio e le fragilità di coppia.
- La capacità di alternare toni da romance a momenti da thriller psicologico.
Cosa non va
- Il racconto rischia di rimanere vittima dell’eleganza formale che pure è la sua cifra stilistica.
- La storia scade nei cliché della commedia borghese italiana, con dinamiche già viste.