Recensione Miss Lovely (2012)

Il film di Ashim Ahluwalia sembra incaricarsi di smentire tutti i luoghi comuni sul cinema di Bollywood di ieri e di oggi, con un'estetica sporca e da prodotto occidentale anni '70 e una storia di marca tipicamente noir.

Bollywood noir

Vicky e Sonu sono due fratelli, entrambi appassionati di cinema, che negli anni '80 decidono di aprire una piccola casa produttrice di film horror. Gli affari vanno da principio bene, ma a un certo punto i contrasti sul tipo di pellicole da presentare, e soprattutto l'orientamento sempre più netto di Vicky verso una proposta di marca soft porno, finiscono per incrinare i rapporti tra i due. Inoltre, i due fratelli si innamorano entrambi della stessa donna, la conturbante attrice Pinky, che nasconde forse un oscuro passato. Nel frattempo, il sodalizio stretto da Vicky con un losco produttore di pellicole pornografiche rischia di mettere i due nei guai...

Tra le pellicole presentate nella sezione Un certain regard di questa sessantacinquesima edizione del Festival di Cannes, Miss Lovely è certamente tra le più insolite. Il film del regista indiano Ashim Ahluwalia sembra incaricarsi di smentire tutti i luoghi comuni sul cinema di Bollywood di ieri e di oggi, con un'estetica sporca e da prodotto occidentale anni '70 (nonostante la storia sia ambientata nel decennio successivo) e una storia di marca tipicamente noir, con al centro il complesso rapporto tra due fratelli. Gli psichedelici titoli di testa, e l'iniziale sequenza facente parte di uno dei film prodotti dai due, potrebbero trarre in inganno lo spettatore, e far pensare a un prodotto che in qualche modo flirti coi generi al centro della sua storia; in realtà, al film di Ashim non sembra interessare la riflessione sul cinema, quanto piuttosto rappresentare la brama di denaro e di potere, e la sua nefasta influenza sui rapporti familiari. Il clima è cupo e con un senso di tragedia imminente che non abbandona mai lo spettatore, mentre la tensione montante tra i due protagonisti viene resa con toni sostanzialmente realistici, al netto di qualche inserto onirico.
Una sceneggiatura non perfetta, tuttavia, non consente di considerare questo Miss Lovely una pellicola pienamente riuscita. La narrazione procede a singhiozzi e con una struttura abbastanza episodica, non mancano le palesi incongruenze e i passaggi poco comprensibili, mentre la stessa fascinazione esercitata dal personaggio femminile (una sorta di dark lady sui generis) è resa in modo superficiale e poco convincente. Il film ha senz'altro il merito di abbozzare una riflessione sul sistema di censura indiano negli anni '80, e sulla realtà sociale di un paese in cui i precetti religiosi condizionavano pesantemente la libertà artistica; nell'ultima parte del film, inoltre, è visibile un chiaro atto d'accusa nei confronti di un sistema carcerario disumano e irrispettoso dei diritti civili. Resta in effetti, l'ultima parte, quella più riuscita dell'intera pellicola, con uno sviluppo abbastanza sorprendente nella sua durezza e violenza, e un climax certamente d'impatto. L'efficacia della messa in scena, specie negli ultimi minuti, non può tuttavia far dimenticare gli evidenti limiti di sceneggiatura; limiti strutturali, che compromettono in parte la riuscita dell'intera pellicola, nonostante un'intrinseca durezza nei temi e nel modo di rappresentarli che le fanno meritare, comunque, almeno una visione.

Movieplayer.it

3.0/5