Bolidi e pupe
64 album e 20 milioni di copie vendute. Dati da leggenda. Numeri che hanno consegnato alla storia del fumetto, uno dei personaggi più popolari tra i comics di tutto il mondo. L'unico tra gli eroi disegnati ad essere un paladino delle strade. Michel Vaillant non è un pilota automobilistico qualunque. E' il pilota di Le Mans, capace di trovare tra i suoi concorrenti più agguerriti piloti reali (da Jacky Ickx a Michael Schumacher), in modo da rappresentare in forma del tutto personale la sfida che la fiction ha lanciato in questi anni alla realtà. E in effetti, il vero punto di forza del "Champion du Monde", partorito dal geniale disegnatore francese Jean Graton e apparso per la prima volta nel 1957 sulle pagine di Journal Tintin, era proprio la sua capacità di appassionare il lettore, catapultandolo in una sorta di immaginario pseudo-reale, una zona liminale sospesa tra fantastico ed esistente. Alla naturale carica di adrenalina dettata dalla competizione sportiva veniva affidato il resto.
Riportare sul grande schermo l'epopea di Michel Vaillant costituiva in un certo senso una sfida nella sfida: rendere omaggio al fumetto cercando di riprodurre lo stesso ritmo serrato e lo stesso immaginario collettivo che aveva reso celebre il personaggio e la scuderia Vaillant. Non tanto la regia di Louis-Pascal Couvelaire, al suo secondo film dopo il thriller d'azione Sueurs, quanto la sceneggiatura di Luc Besson doveva pur costituire una garanzia sull'effetto finale. E invece la verità è che per l'ennesima volta un film ispirato al mondo delle corse automobilistiche non riesce a convincere. E non stiamo parlando della tecnica visiva, molto ricercata e accurata con inquadrature spregiudicate, panoramiche aeree, avvincenti giochi di macchina da presa e quant'altro è possibile annoverare nel repertorio di un film girato ad alta velocità. Ciò che spiazza è l'inconsistenza della trama di fondo che si risolve nella contrapposizione di due squadre (la Vaillant Vs la Leader) e di due differenti mentalità (quella onesta, solidale e familiare di Michel Vs quella cinica, priva di scrupoli e valori della bella Ruth Wong).
Di fatto, la consistenza dell'eterna lotta tra bene e male ci pare risieda ad altri livelli e comunque, in ogni caso, richieda sicuramente un maggiore impiego di creatività. Anche perché della già citata caratteristica distintiva del fumetto, ossia la sapiente commistione tra fantastico e reale, non vi è più traccia nel film. Per tutta la sua durata, la pellicola anziché avvincere attraverso scariche di adrenalina pura (il titolo italiano - La leggenda di Michel Vaillant doveva essere pur indicativo in tal senso), finisce per scorrere fiacca e prevedibile, senza effettivi colpi di scena o soluzioni interessanti di alcuna sorta. In alcuni frangenti si rimpiange addirittura la visione di Giorni di tuono o del più recente The Fast and the Furious, il che è tutto dire. E così della leggenda di Vaillant non rimane che la splendida accoppiata Donne-Motori (bellissime tanto le macchine Vaillant/Lola e Leader/Panoz, quanto le attrici Diane Kruger e Lisa Barbuscia), felice binomio sperimentato per la prima volta dal mitico Henry Ford per promuovere a livello pubblicitario uno dei suoi più storici modelli automobilistici.