Blue My Mind, opera prima di Lisa Brühlmann, parte dallo stravolgimento nella vita della giovane Mia (Luna Wedler), quindicenne che è appena giunta nella gigantesca e dispersiva Zurigo assieme ai genitori e che è costretta ad adattarsi da una nuova vita, nuove compagnie, una nuova classe... Timida, scontrosa, piena di paure, cercherà di legare con le ragazze più sfrontate e popolari della scuola, le più irrequiete: Gianna (Zoë Pastelle Holthuizen), Vivi (Yael Meier) e Nelly (Lou Haltinner), creando un solco sempre più profondo con i suoi genitori. Il tutto mentre è alle prese con cambiamenti radicali del suo corpo - di cui parleremo più avanti in questa recensione di Blue My Mind - che in breve andranno ben al di là di ciò che le ragazze alla sua età sperimentano per la prima volta, rivelandone una terrificante e sempre più vicina metamorfosi, dalle conseguenze imprevedibili.
Un mondo freddo e opaco
Blue My Mind - Il segreto dei miei anni, arriva nelle sale italiane a due anni dal suo debutto in madrepatria, dove ha fatto discutere e ha diviso critica e pubblico, venendo premiato come Miglior Film, Miglior Sceneggiatura e Miglior Interprete Femminile agli Schweizer Filmpreis. Già nell'idea di partenza, creare un metafora di forte impatto, che si colleghi al fantastico, alla mitologia norrena, il film di Lisa Brühlmann spezza completamente l'iter abusato del film di formazione, del ritratto generazionale come siamo sempre abituati a vederlo e concepirlo, soprattutto nei banali epigoni che tradizionalmente ammorbano il piccolo e grande schermo italico.
Grazie ad una sceneggiatura audace e capace di sorprendere, di appassionare, di srotolare davanti ai nostri occhi qualcosa allo stesso tempo di familiare e di sconosciuto, Blue My Mind acquista una potenza espressiva a dir poco dirompente. La telecamera ci guida in universo opaco, dove dominano il vetro, le plastiche, i mobili industriali, freddo e dove anche i colori sembrano senza calore, grazie alla fotografia di Gabriel Lobos che rende Zurigo una sorta di enorme labirinto senza anima, una città asettica, feroce e dove la solitudine e la lussuria appaiono represse, rinchiuse in una prigione fragile. Si tratta di un mondo dove la natura è sovente ostile, sconosciuta, dove si è avvolti dal cemento, dai centri commerciali, dalla giungla d'asfalto, dall'oceano delle case in quartieri sicuri ed opulenti.
Un'età difficile
Su tutto e tutti domina una Luna Wedler assolutamente superba nel donarci il ritratto di una giovane ragazza alle prese con qualcosa di immensamente più grande di lei, le cui paure, insicurezze e gesti avventati sono gli stessi che tutti abbiamo visto (o vissuto) ma di cui spesso abbiamo soppresso la memoria nel corso del tempo. Il periodo della prima giovinezza, dai 15 ai 18 anni, così spesso superficialmente descritto come gioioso, felice, spensierato dalla cinematografia italiana, emerge in Blue My Mind in tutta la sua violenza, incertezza, in tutto il suo essere tutt'uno con in concetti di paura, emarginazione, inadeguatezza, solitudine sia cercata che esorcizzata. Il sesso, il suo essere sentito a quell'età come metro della propria evoluzione, come rito di passaggio assolutamente irrinunciabile per l'universo femminile, come prova del proprio essere belle e desiderate dalla controparte maschile (e quindi "normali") è qui descritto con tremenda efficacia. Un film dal punto di vista squisitamente femminile quindi, dove il mondo maschile indipendentemente dall'età è rappresentato in modo rapace, insensibile, miope, come il lupo cattivo delle fiabe, nemico perché ossessionato da una penetrazione esclusivamente fisica, mai psichica e mai dettata dal sentimento, puramente sposata ad un controllo di natura ormonale.
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Contenitore plurimo
Film perfetto nel gettare una luce sulla generazione precoce e fragile dei giovani di questo secolo, sulla loro mancanza di valori, sul loro essere assolutamente autoreferenziali, Blue My Mind si tinge degli oscuri colori del racconto antico, della dualità tra uomo e bestia, tra uomo ed elementi. Guarda in modo insistente alla visione del racconto di Charles Perrault, al sistema di significati nascosti ma resi eloquenti dalla carica emotiva, dai riferimenti narrativi, dalle immagini.
Mia è la personificazione del violento sconvolgimento dell'universo femminile che dall'adolescenza si trasforma in giovane donna, delle paure, dei desideri, del non sapere a cosa si va incontro, del sentirsi mostruosa, del non riconoscersi più e non sapere chi si è, qual'è il proprio posto nel mondo. Contenitore plurimo quindi, Blue My Mind si nutre della perfetta verosimiglianza di eventi e protagonisti all'interno di un racconto fantasy di grande impatto emotivo, violento, crudo, impietoso con il mondo degli adulti descritti come miopi, insensibili, disconnessi emotivamente dalla loro prole di cui quasi sono solo la versione più vecchia non certo più matura.
Conclusioni
Come spieghiamo nella nostra recensione di Blue My Mind, si tratta di un film coraggioso, magari alle volte un po' discontinuo, ma con una regia sempre puntuale, dei giovani intepreti assolutamente perfetti, disturbante, metaforicamente riuscito ed avvincente, mai retorico e banale. Non è facile darne una definizione definitiva, ma di certo è un film che appassiona, che strega, permeato di una sensualità sovente decadente, torbida, affascinante, con personaggi per i quali è facile identificarsi, capaci di risvegliare i ricordi di un'età complicata, sovente sopita con i suoi traumi, il suo percorso metamorfico che rivive nella protagonista, nel suo diventare altro. Un altro che non conosce e nel quale però sarà costretta ad immergersi.
Perché ci piace
- Lisa Brühlmann affronta la tematica dei tormenti adolescenziali con un tocco delicato e brillantemente surreale, in equilibrio tra quotidianità ordinaria e atmosfere da incubo.
- Il tono fiabesco non incide mai in negativo sulla forza psicologica della storia. La giovane Luna Wedler è un concentrato di bravura ammirevole.
Cosa non va
- Alcune immagini forti possono scioccare gli spettatori più sensibili.