Black Phone 2, recensione: non solo un sequel, ma una dichiarata e spaventosa ghost story

Black Phone 2 fa evolvere in modo intelligente quanto introdotto dal primo capitolo, e Scott Derrickson riesce a sviluppare la storia senza tradire lo spirito dell'originale. Pur prendendo una strada differente. Al cinema.

Un'immagine di Black Phone 2, sequel del film di Scott Derrickson

Come si affronta un sequel? È sempre difficile stabilire quale sia il confine tra l'esigenza di restare fedeli al capitolo iniziale e quella di proporre qualcosa di nuovo al pubblico. Un confine su cui James Cameron si è mosso da abile equilibrista almeno due volte, con Aliens e Terminator 2, ma che pochi riescono a individuare: tanti sequel sono mere copie dell'originale, a qualcuno invece sfugge il senso della storia di partenza e fa fatica a mettere a fuoco come portarla avanti. Non succede in Black Phone 2, secondo capitolo dell'horror di successo di qualche anno fa che adattava, bene, la storia del 2004 di Joe Hill, figlio di quell'autorità del campo che è Stephen King.

Black Phone 2 Mason Thames Ethan Hawke
Una scena del sequel di Black Phone

Scott Derrickson dimostra subito un merito nel costruire il secondo capitolo del suo film a tre anni di distanza dall'uscita del primo: capisce le possibili evoluzioni della storia e come svilupparla in modo che sia insieme coerente con i suoi presupposti ma intrigante evoluzione, in modo insomma che abbia una sua propria anima differente ma in continuità con quanto introdotto da Black Phone. Un'evoluzione che si conferma anche in termini di casting, perché ritroviamo Mason Thames nel ruolo di Finney, che nel frattempo abbiamo visto anche come protagonista del Dragon Trainer live action, ed Ethan Hawke come inquietante villain, ma aggiunge anche nuovi personaggi per arricchire il racconto.

Tra anni '80, telefoni e poteri psichici

Black Phone 2 Ethan Hawke Frame
Faccia a faccia col mostro in Black Phone 2

Torniamo negli anni '80, a quattro anni dopo gli eventi del primo film, e Derrickson valorizza subito questo aspetto anche visivamente: Black Phone 2 ci immerge nella realtà di quegli anni più di quanto il primo film, anche per i vincoli dovuti all'essere ambientato quasi interamente in un'unica location, potesse fare. Ritroviamo il protagonista Finney, che è alle prese con le conseguenze di quanto accaduto nel primo film, dell'essere stato rapito e tenuto prigioniero dal Grabber, ma anche con il fatto di essere riuscito a liberarsi di lui. Se la sua situazione interiore non è semplice, non aiuta il fatto che accanto a lui la sorella dalle capacità psichiche, Gwen, inizia ad avere visioni spaventose di bambini mutilati e soffrire di inquietanti incubi in cui c'è, ancora una volta, un telefono che squilla.

Gwen, Finney e l'eredità del trauma

E se la figura centrale del primo film era Finney, l'altra evoluzione significativa di Black Phone 2 è di spostare maggiormente l'attenzione su Gwen e sulle conseguenze delle sue capacità. La storia prende una piega diversa, i sogni della ragazza diventano centrali e guidano il racconto, valorizzati anche da interessanti e suggestive scelte estetiche che ce li mostrano come se fossero girati in pellicola e con il look analogico dei film di quegli anni. L'estetica, insomma, asseconda l'ambientazione sin dal logo Universal che introduce il film, anch'esso contestualizzato sugli anni '80. Espedienti narrativi e visivi che funzionano e che aiutano a definire non solo i personaggi e le loro dinamiche, ma anche il contesto in cui si muovono.

Black Phone 2 Immagine
I protagonisti del sequel diretto da Scott Derrickson

Se tutto funziona è anche perché sia Mason Thames che Madeline McGraw rendono credibili sia i rispettivi personaggi che le dinamiche interpersonali che li legano, tra il senso di protezione di Finney nei confronti di Gwen alla determinazione con cui affrontano il male impersonato dal villain della storia. E lo stesso Grabber di Ethan Hawke si rivela intenso, minaccioso e sinistro al punto giusto, anche con meno tempo su schermo a disposizione.

Da impianto thriller a ghost story dichiarata

Un buon sequel che è naturale evoluzione: se il primo film si presentava inizialmente con un'impostazione e un tono da thriller, Black Phone 2 gioca naturalmente a carte scoperte e si mostra da subito come solida Ghost Story. Il soprannaturale non è più un condimento per una struttura narrativa che si rifaceva a film di altra natura, ma piatto principale, e questo spostamento tematico funziona nell'espandere e amplificare la portata della storia. Poco importa se qualche dettaglio è fuori posto e il ritmo soffre di qualche squilibrio, il film nel complesso è ben costruito, valido e spaventoso, con alcune sequenze particolarmente riuscite che colpiscono per costruzione della messa in scena e alcune immagini che lasciano il segno, a cominciare dalla cabina nel nulla innevato.

Black Phone 2 Ethan Hawke Foto
Il Grabber interpretato da Ethan Hawke

Con questa strada tracciata, con questi presupposti narrativi ampliati ed estesi, non ci sorprenderebbe se Black Phone potesse tornare per ulteriori capitoli, diventando un nuovo possibile franchise horror, con l'immagine iconica e mascherata del Grabber inserita di diritto nell'Olimpo dei villain dello schermo.

Conclusioni

I sequel di buona fattura sono merce rara, ma Black Phone 2 rientra tra quelli che riescono nell'impresa di innovare pur mantenendosi coerenti con l'originale. Scott Derrickson fa un passo netto nella direzione della ghost story e costruisce un film che crea i presupposti per un interessante franchise horror con il Grabber come protagonista. Buona l'ambientazione anni '80 e l'estetica che l'accompagna, a partire dall'iniziale logo Universal di quegli anni.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • L'evoluzione dal primo al secondo capitolo, che crea i presupposti per una potenziale saga duratura.
  • Il cast e il nuovo equilibrio tra il personaggio di Finney e quello di Gwen.
  • Il Grabber, che funziona anche con meno tempo su schermo a disposizione.
  • L'ambientazione e l'estetica anni '80.

Cosa non va

  • Dal punto di vista narrativo c'è qualche squilibrio di troppo, ma nulla che ne rovini la riuscita.