Un'idea di cinema ben precisa. Un'idea strutturata, coerente, nonché di sostanza e di estetica. A dieci anni dall'esordio (Report 51, un found footage da riscoprire), Alessio Liguori mette insieme i pezzi per quella che, fin ora, potrebbe rappresentare la summa della sua poetica cinematografica. Una sorta di punto (e a capo?), soffermandosi su una riflessione: la realtà, oggi, potrebbe non essere ciò che sembra. Non vogliamo svelare nulla, ma Black Bits immagina un panorama dove la tecnologia è talmente sviluppata che i suoi scopi finiscono per alterare ogni tipo di concetto. La vita, la morte, l'amore. Tutto, secondo il futuro imminente di Black Bits, è soggetto ad alterazione, inficiando negativamente sulla generale cognizione umana.
Visto il pretesto e il contesto, il film di Liguori è di quelli ambiziosi, che puntano alto, che cercano l'attenzione di un pubblico ben preciso, dimostrando che le idee sono più forti del budget, che anche l'Italia (questa è una co-produzione italiana e polacca) può farsi portavoce di un cinema europeo in grado di affrontare nuovi temi e nuovi flussi, omaggiando i colossi del genere (Black Bits sembra rifarsi, anche per l'estetica, ad un episodio di Black Mirror) ma restando però fedeli alla propria visione. Un pubblico di riferimento, che può via via allargarsi, scoprendo produzioni alternative, in qualche modo sperimentali - sempre riferito al nostro contesto audiovisivo - nel genere e nel linguaggio.
Black Bits, la trama: una corsa contro il tempo
La strada intrapresa da Black Bits, fin da subito, risulta strapiena di deviazioni. Un survival movie, un revenge movie, uno spy-thriller, un action, uno spaccato distopico e futuristico. In poco meno di novanta minuti, il film di Liguori imbocca più strade, rimanendo però fedele alle sue due protagoniste, che sembrano uscite da un videogame. Un paragone non casuale, perché Dora (Alexandra Jordan) e Beth (Yvonne Mai), coppia nella vita come coppia negli affari, hanno raggirato una società del dark web (ecco, qui sarebbe stato interessante un maggior approfondimento), rubando due potenti neurochip (il contenitore dei chip ricorda quello visto in The Rock, che conteneva la letale atropina!).
Per riprendere fiato, si nascondono in una safe house sperduta nel bosco, riflettendo (anche) sulla loro storia d'amore. Nel bosco, però, si nasconde uno strano individuo. Dopo averle spiate a lungo, entra prepotentemente nella casa, con lo scopo di rubare i neurochip. Da qui in poi, inizierà per Dora e Beth una sorta di nascondino nel bosco. Armate fino ai denti, devono trovare un modo per resistere. Difendendosi da un mondo che sembra (ir)reale.
Un'onesta e immersiva sperimentazione cinematografica
In Black Bits, stretto in una durata relativamente breve, viene spremuta l'azione, la riflessione, l'aspetto videoludico di una messa in scena che, visto il contesto, è debitrice dell'estetica e della progettazione di un videogame. Un parallelo tutt'altro che casuale, e correlato al contesto raccontato da Alessio Liguori. Tecnicamente valido, dopo un ottimo inizio molto più riflessivo, il film mischia il digitale all'analogico, la realtà all'immaginazione, creando un pericoloso confine che, tra intelligenza artificiale e il rischio di una vita vissuta tramite il virtuale, illumina, con fare pop, la strada intrapresa dalla tecnologia.
Una tecnologia che si pone dinnanzi all'uomo, superando l'intelletto e quindi le capacità emotive. Un tratto distintivo di Black Bits, accompagnandoci fino ad un veloce plot twist che apre ad una sconcertante riflessione: siamo spettatori passivi di uno show prestabilito, dove la passività stessa è la chiave dei potenti per ottenere sempre più risorse. Anche per questo, l'accostamento a Black Mirror è abbastanza palese, nonché narrativamente divertente per quello che è un film sul futuro dei nostri tempi oscuri. Dunque, un'onesta sperimentazione cinematografica da sostenere e supportare.
Conclusioni
Come scritto nella nostra recensione, Black Bits di Alessio Liguori è un film che andrebbe supportato per la sua ambiziosa idea di rendere europeo un genere che, poco alla volta, sta diventando protagonista. Ovvero, un cinema ibrido che si rifà alla messa in scena da videogioco, coinvolgendo generazioni ben precise. Una scelta che, nonostante alcune incertezze, risulta divertente nella sua tecnica immersiva e adrenalinica.
Perché ci piace
- Una bella location.
- Le citazioni.
- L'estetica.
- La messa in scena da videogioco.
Cosa non va
- Il finale arriva troppo frettolosamente.