Recensione Hot Fuzz (2007)

Il ritmo infernale favorito dallo schizofrenico montaggio, la scrittura dei personaggi, i toni demenziali e le continue gag fanno di Hot Fuzz una perfetta macchina da intrattenimento.

Birra e sbirri

E' ovvio che dalle nostre parti non credano molto nel potenziale commerciale del duo comico inglese Edgar Wright e Simon Pegg. Dopo la svista distributiva che ci ha privati dell'uscita cinematografica dell'irresistibile commedia horror Shaun of the Dead - recuperato poi in home video con il discutibile titolo L'alba dei morti dementi - ecco che anche il loro nuovo Hot Fuzz arriva timidamente dalle nostre parti, a ben sei mesi dall'uscita inglese, dove i nostri hanno fatto il botto incassando oltre i cento milioni di euro con una produzione che non superava i sette milioni. Ma i numeri, per quanto illuminanti, sono sostegni da ragioniere. E raccontano, in definitiva, un successo anche eccessivo per un film che non ha il fine umorismo e la freschezza di Shaun of the Dead o della sit-com Spaced che li lanciò nel 1999.

Abbandonata l'idea di un sequel del loro cult zombesco, Wright e Pegg si buttano sul poliziesco allestendo una parodia vorticosa dell'immaginario che Hollywood ha imposto al genere dopo averlo spremuto di tutti i suoi contenuti più densi: dall'iconografia culturista degli anni '80, all'esasperazioni contemporanee dello stra-citato Bad Boys 2, passando dal mondo delle serie tv action passate e recenti. La centrifuga - che non può non ricordare alcuni modelli auto-parodistici hong-konghesi e financo la moderna commedia d'azione tailandese - è attivata da un plot esilissimo: l'integerrimo poliziotto londinese Angel (Pegg) viene spedito, per placare i suoi bollenti spiriti, nell'addormentata cittadina di Standford dove il massimo livello di allarme investigativo è la sparizione di un cigno. Ad affiancarlo l'imbranato Butterman (Nick Frost) perfettamente adeguato alla realtà alcolica e sonnacchiosa di Stanford, fino a quando una serie di terribili omicidi cambia le carte in tavola.

Non c'è dubbio che Hot Fuzz funzioni, sebbene sia difficile non imputargli una durata un po' eccessiva. Il ritmo infernale favorito dallo schizofrenico montaggio, la scrittura dei personaggi, i toni demenziali e le continue gag (da gustarsi preferibilmente in lingua originale) ne fanno una perfetta macchina da intrattenimento. Una macchina forse anche troppo ben oliata e studiata nei minimi dettagli. Wright e Pegg sembrano infatti rinunciare a una scrittura più ricercata per adagiarsi su un cinema parodistico di grana grossa estremamente vicino alle esigenze del pubblico ma un po' troppo piatto nello sviluppo narrativo. Le numerose trovate comiche, dovute principalmente alla perfetta sincronia di Pegg e Frost, sorreggono il film e strappano frequenti momenti di riso ma ciò non toglie che Hot Fuzz sembra privo dello sguardo personale che avevano fatto di Shaun of the Dead un piccolo cult.