Zippo, Regina, Billy: bastano i nomi a definire l'immaginario di un mondo come quello di Billy che tra pennellate pop, slanci surreali e le atmosfere soporifere della provincia finisce per imporsi allo spettatore. In mezzo c'è la sospensione del tempo, una girandola di personaggi "storti" e una poetica, quella di Emilia Mazzacurati, che inizia a definirsi ponendo il primo mattoncino di una narrazione che saprà regalarci ancora tanto. Proveremo ad analizzarla in questa recensione di Billy, il suo film d'esordio, in sala dal 1° giugno ed evento di chiusura del 41esimo Bellaria Film Festival.
Non è un'opera perfetta, spesso troppo asservita a certi accademismi e attenta a riproporre in maniera pedissequa alcuni riconoscibilissimi stereotipi del cinema indie americano, ma lascia il desiderio di rincontrare altrove il microcosmo che la abita. Merito di una regista, Mazzacurati, che mostra senza indugi uno sguardo già riconoscibile al netto degli inciampi di un'opera prima.
Il racconto di formazione
Non poteva essere diversamente per un'autrice che si rivela sensibile e attenta, cresciuta tra "la nebbia padana e la campagna toscana" con alle spalle studi in Storia dell'Arte e, l'esperienza di assistente alla regia prima con Metti una notte di Cosimo Messeri, e di fotografa di scena dopo, sul set de La sedia della felicità del padre Carlo e su quello di Io vivo altrove di Giuseppe Battiston. Ora il debutto alla regia con un film, Billy, che se da un lato prende in prestito i codici del coming of age, dall'altro strizza l'occhio al cinema indie d'oltreoceano. Lo fa sin dalle prime inquadrature tra panoramiche dall'alto e carrelli che scivolano via in mezzo alle villette a schiera di una provincia del Nord-Est italiano, anonima se non fosse per un cartello che ne denuncia l'identità, Imelia. In questo fazzoletto di terra adagiato lungo la riva di un fiume vive il giovane protagonista del film, Billy, ex bambino prodigio diventato famoso a 9 anni grazie a un podcast di musica sul suo idolo di infanzia: il rocker Zippo, figura che negli anni ha assunto tratti quasi mitologici, è infatti scomparso nel bel mezzo di un concerto, salendo su un autobus che ne avrebbe fatto perdere le tracce per sempre.
Oggi Billy di anni ne ha 19, soffre di attacchi di panico, è segretamente innamorato della sua vicina di casa Lena, che accompagna stoicamente a esibirsi in psichedelici locali notturni, vive con l'eccentrica madre Regina, suo padre se ne è andato quando era molto piccolo, saluta sempre con un cenno timido della mano e frequenta solo bambini più piccoli di lui. Il migliore amico Roberto ha 8 anni e da un bel po' ha smesso di parlare. Il suo rifugio è una roulotte scalcinata con un buco sul tetto dove la combriccola si riunisce spesso per fantasticare sul mondo fuori o parlare di riscaldamento globale. Billy non sa che fare della sua vita, è alla continua ricerca di se stesso oltre che di un modo per stare dietro a una madre dall'umore ballerino e pagare le bollette di casa. Finché un giorno Zippo non ricompare in città, ospite dell'amico Massimo, un pompiere con la fobia del fuoco che vive su una casa-barca di legno ormeggiata sul fiume.
La provincia del nord-est tra surreale e tinte pop
Acquatico, lunare (le fasi della luna scandiscono la divisione del film in capitoli), sospeso tra il cinema d'autore e i rimandi all'immaginario della più recente serialità americana: Billy è una creatura anfibia ed Emilia Mazzacurati sa bene come tenere insieme le sue mille istanze e le vite incompiute dei personaggi che la abitano, inchiodandoli in un non luogo. Imelia è una provincia immobilizzata nel postmodernismo, una terra di confine dove gli adulti fanno fatica ad emanciparsi da una forma di infantilismo radicato e i più giovani cercano di rimetterli in carreggiata. Il nord-est italiano con i suoi lembi di terra che si estendono a perdita d'occhio, i corsi d'acqua che serpeggiano tra i campi, le strade vuote e le villette basse diventa un paesaggio dell'anima, malinconico come l'umanità buffa che vi galleggia. Suggestioni e atmosfere in parte già presenti nel corto Manica a vento: la stanza d'hotel sulla riva del mare dove vive Mara, la protagonista che non riesce più ad uscire da sola, fa il paio con questo angolo di mondo oltre il quale è difficile persino immaginare un'altra vita possibile, perché "spesso è più bello immaginarsele le cose piuttosto che viverle". Il tutto accompagnato dalle musiche di Alessandro "Asso" Stefana e dalla voce di un outsider come Micah P. Hinson, che canta uno dei brani principali della colonna sonora, Darling, enemies and friends.
Peccato solo per una coralità non sempre gestita alla perfezione e nella quale i personaggi rischiano di affogare senza la possibilità di evolvere, nonostante le performance degli interpreti scelti tutti, si vede, con estrema cura: dal giovane Matteo Oscar Giuggioli che trova in modo assai naturale e mai sopra le righe la sua personalissima chiave d'accesso a Billy, alla Regina di Carla Signoris, madre un po' naif, persa tra un passato indecifrabile e le locandine di Billy the Kid che ne tappezzano la camera da letto, al rocker scombinato di Alessandro Gassman, fino al pompiere di Giuseppe Battiston che nella sua casa galleggiante ha trovato la propria dimensione. Un film sul tempo, il ricordo, la perdita e su un modo di stare al mondo fatto dal coraggio di chi rimane come di quello di chi sceglie di andarsene, di ballate tristi, di piccoli chioschi di provincia, di treni che non si fermano, fasi lunari e ricomposizioni.
Conclusioni
La recensione di Billy si conclude con una consapevolezza, la scoperta di autrice con un’identità precisa e che ha ancora tanto da raccontare. Billy è solo il primo tassello di una poetica che avrà tempo e modo di consolidarsi, per ora non resta che correre al cinema a guardare un film prezioso, una tragicommedia ricca di suggestioni e di una girandola di personaggi a cui è impossibile non affezionarsi. Appena un’ora e mezza in cui poter assaporare le atmosfere di un mondo dove il tempo è scandito dalle fasi lunari e le relazioni umane seguono un percorso lontano da quelle definite dalle categorie dominanti.
Perché ci piace
- Le atmosfere della provincia italiana del nord-est che diventa un non luogo, terra di confine. sospesa nel tempo, una bolla che è anche paesaggio dell’anima.
- Il gusto dolce amaro del racconto di formazione.
- Un cast che funziona alla perfezione dagli interpreti principali ai comprimari.
Cosa non va
- I personaggi rischiano di affogare in una coralità non sempre gestita alla perfezione.
- La riproposizione pedissequa di alcuni modelli di riferimento che cede troppo al manierismo.