Beppe Fiorello diventa L’angelo di Sarajevo e si commuove anche solo a raccontarlo

Vive la guerra, anche se solo per fiction, e la racconta in L'angelo di Sarajevo: Beppe Fiorello torna su Rai Uno il 20 e 21 gennaio portando in scena il libro dell'inviato Franco Di Mare che in quel conflitto ha trovato (e adottato) una bimba...

Persino nella guerra più atroce può esistere un barlume di speranza. In questo caso ha gli occhi di una bimba di un orfanotrofio in Bosnia che nel 1992 hanno incontrato quelli di un reporter di guerra. Nella finzione de L'angelo di Sarajevo (su Rai Uno martedì 20 e mercoledì 21 gennaio) si chiama Marco De Luca ed è interpretato da Beppe Fiorello, nella realtà è Franco Di Mare. Al suo romanzo Non chiedere perché (edito da Rizzoli) si ispira infatti la fiction coprodotta da Rai Fiction e Picomedia di Roberto Sessa in collaborazione con Iblafilm.

Diretta da Enzo Monteleone, la miniserie vanta nel cast anche Luca Angeletti, impavido cineoperatore, ed Emanuela Grimalda. Per la promozione della fiction Beppe Fiorello ha preso una piccola pausa dalla tournèe di Penso che un giorno così... (al Teatro Ambra Jovinelli di Roma dal 22 gennaio al 1° febbraio), a riprova della grande devozione per un progetto che ha fortemente voluto e che ha contribuito a scrivere assieme a Enzo Monteleone. Girato in loco per due mesi, ha voluto raccontare il lato più umano del conflitto.

L'angelo di Sarajevo: Beppe Fiorello in una scena della fiction
L'angelo di Sarajevo: Beppe Fiorello in una scena della fiction

Una storia diversa

L'angelo di Sarajevo: Giuseppe Fiorello nella fiction
L'angelo di Sarajevo: Giuseppe Fiorello nella fiction

"Racconta un evento drammatico un po' dimenticato - spiega il regista - così lontano eppure così vicino di là dall'Adriatico. La Rai ha dimostrato grande coraggio nel farlo". E il coinvolgimento emotivo del cast ha travalicato il periodo di riprese quando, ricorda Luca Angeletti, "ci siamo fatti gran pianti dietro i monitor. La gente lì ci si diceva che in guerra ci si amava di più". Ecco, allora, che si ritorna all'idea di qualcosa di buono può nascere persino nel periodo più buio che un paese possa vivere. Tutto è nato quasi per caso: "Mi trovavo a Sanremo - ricorda Beppe Fiorello - per gli Oscar della tv, ero nella mia camera in hotel e nell'anticamera la tv era accesa su un'intervista credo di Lorella Cuccarini a Domenica In. L'intervistato era Franco Di Mare e sono rimasto sorpreso da questa storia. Fino a quel momento lo conoscevo come un professionista preciso e diretto". Il suo lato privato gli era del tutto ignoto, eppure, continua il protagonista, "ognuno di noi ha una storia bellissima da raccontare. Ecco perché interpreto storie di grandi eroi ma anche uomini della strada, di semplice fattura civile. Franco mi ha folgorato: mi sono precipitato a contattarlo, poi ho parlato con il produttore. Abbiamo preso il suo libro raccontandolo così com'è anche se un po' romanzato per renderlo più adatto alla narrazione di una fiction. C'è un grande paradosso: l'amore tra un uomo e una bambina nasce in una guerra, proprio in una situazione in cui di solito si annienta la vita. In questo caso, invece, è nata una famiglia".

Una professione delicata

L'angelo di Sarajevo: Luca Angeletti in una scena della fiction
L'angelo di Sarajevo: Luca Angeletti in una scena della fiction

Ad attirare l'attenzione dell'artista non è stato solo il risvolto umano di un conflitto terribile, ma il senso di responsabilità in un mestiere pericoloso. "Questa è la celebrazione di un mestiere importante per la civiltà, il giornalismo - spiega Beppe Fiorello - essere inviato di guerra è una missione complicata, si rischia la vita. Il dovere del giornalista è dire sempre la verità, altrimenti lo avrà sulla coscienza. Franco mi raccontava che a volte i giubbotti antiproiettili non bastavano per tutti i reporter e li usavano a turno. Avevano di fronte un nemico fantasma, che si nascondeva in un assedio che forse era il più forte di tutti i tempi". "Tutto il narrato - commenta Franco Di Mare - è senza alcuna retorica, com'era la nostra vita. Nell'azienda Rai abbiamo diversi molti, io sono stato solo più fortunato. Beppe Fiorello ha colto l'essenza vera di questo lavoro. Oggi i giornalisti sono diventati obiettivi e se vai all'estero come inviato stai certo che morirai, all'epoca invece la casualità ti metteva al riparo, avevi le stesse probabilità di vivere dei colleghi. E sono andato ai funerali di 13 di loro".
Nel futuro di Beppe Fiorello torna però la commedia: "La mia natura è quella - spiega - ho iniziato con il cabaret, ma da Salvo D'Acquisto in poi sono diventato un attore drammatico, per non parlare di quando mio fratello Fiorello dice che nelle fiction muoio sempre. La commedia è un sogno: impazzirei pur di rifarla ancora in tv".