Tonino Esposito è un uomo goffo e maldestro, un buono d'animo, peccato sia figlio di un celebre boss della Camorra del Rione Sanità e che alla sua morte debba dimostrare a tutti i costi di essere all'altezza del padre. Ma Tonino proprio non ce la fa a riscuotere il pizzo, fare la voce grossa, ordinare omicidi su commissione; ma un inciampo nella sua carriera di camorrista mediocre, gli permetterà di trovare l'occasione del riscatto. È questo il personaggio che regala a Giovanni Esposito il suo primo ruolo da protagonista in una commedia Benvenuti in casa Esposito diretta da Gianluca Ansanelli e ispirata al libro omonimo di Pino Imperatore. Producono Andrea Cannavale e Alessandro Siani, con un cast che rispolvera oltre a quello del protagonista, tutti i più grandi nomi della tradizione napoletana da Nunzia Schiano alla voce narrante di Peppe Lanzetta, da Francesco Di Leva a Antonia Truppo. La risata esorcizza e i cattivi ridicolizzati appaiono in tutta la loro bassezza: "Francesco riesce a giocare con una versione ironica del cattivo, ma senza perderne l'autenticità", commenta il regista del film, che dopo l'uscita in sala del 23 settembre scorso, è disponibile dal 13 febbraio anche in streaming su Prime Video.
Tonino Esposito, un antieroe comico
Giovanni Esposito finalmente in un ruolo da protagonista...
Gianluca Ansanelli: Giovanni Esposito è un antieroe atipico per il cinema, ha alle spalle una carriera di caratteri e comprimari fortemente caratterizzati, questa volta però c'era il peso del protagonista: come attore in questo caso non puoi dare tutto subito, hai un lungo percorso davanti e devi avere il fiato necessario per percorrerlo. Era la cosa più difficile da fare.
Giovanni Esposito: Tonino Esposito porta dentro di sé tanta tenerezza, scopre poi all'improvviso che esiste un'altra strada che nessuno gli aveva mostrato prima. Gli avevano dato un binocolo per vedere solo la strada dissestata della camorra e della criminalità, si accorge invece che c'è un posto dove può abitare anche la sua bontà di animo.
Protagonisti sono due modelli di famiglia: una positiva che si oppone a una negativa...
Francesca Di Leva: Il film mette a fuoco un percorso variegato. Noi napoletani conosciamo benissimo il dramma che vive l'intera città, e credo che anche la famiglia di Don Pietro sia un grido di allarme. Vengo dalla periferia e quando sparano dico sempre che è il loro modo di urlare alla città per essere ascoltati. Qui disegniamo un personaggio che è molto più simile a un Gianluca Vacchi con i soldi e l'aspirazione a comprare quadri di un certo valore senza capirne il senso; l'altra parte della città si ribella e questo succede anche nella realtà. Questa è la Napoli che amiamo e vogliamo, disprezzo qualsiasi forma di arroganza e presunzione verso la mia città, ma come attore godo nel prendere in giro questi personaggi e ridicolizzarli agli occhi del pubblico.
Nunzia Schiano: Anche la cosiddetta famiglia buona non è uniforme, perché al suo interno ci sono varie anime: c'è una ragazza (la figlia di Tonino Esposito) che con l'istruzione va verso una direzione e ci sono i suoceri che come molte persone di Napoli vivono la condizione di persone comuni assuefatte ad una situazione che ormai gli sta bene così. All'interno della stessa famiglia si creano delle diversità e sarà proprio questa commistione a portare ad una scelta: alla fine ciò che conta è che il livello di istruzione della ragazza e la sua capacità di andare oltre sono così forti da portare anche il padre dalla sua parte. Il resto della famiglia è nel mezzo: la moglie Patrizia, sua suocera Assunta che interpreto e il marito sono degli ignavi, gli sta bene tutto perché Tonino è quello che porta i soldi a casa. Non sono criminali, ma neanche buoni fino in fondo.
Benvenuti in casa Esposito, la recensione: Una risata per dire no alla camorra
I numeri musicali e le anime del cimitero delle Fontanelle
Oltre a recitare nel film Giovanni canta e balla grazie a un siparietto musicale, "E latitanza sia". Come lo avete costruito?
G. E.: Mi vergogno sempre molto quando devo cantare, ma il pezzo "E latitanza sia" scritto da Enzo Savastano insieme a Valerio Vestoso, è stata un'idea perseguita da Gianluca in tutti i modi contro ogni tipo di imprevisto. Ci ha creduto sin dall'inizio, anche se a me sembrava azzardato fare una cosa del genere, e invece ha avuto ragione: quando l'ho visto al cinema mi sono accorto di quanto sia un momento meraviglioso, una frattura all'interno del film ma divertentissima.
G. A.: C'era tanto da raccontare, partendo dal libro che è lungo circa trenta capitoli ho dovuto da un lato selezionare solo alcuni fatti e dall'altra scrivere una parte di trama che nel libro non c'era, come la storia della figlia e quella del magistrato. La latitanza invece è un elemento del libro e inserire una canzone mi consentiva di fare una sintesi molto efficace di un momento che dura più giorni e che altrimenti avrei dovuto raccontare con dei tagli di montaggio. In realtà ero partito da una canzone di Tommy Riccio, Nu' latitante, che in molti conoscono, anche chi non segue il neomelodico, poi però ho voluto farne una nostra versione e ho contattato Enzo Savastano, una maschera che fa una parodia molto intelligente e raffinata della musica.
Come è nata la scena al cimitero delle Fontanelle in cui Tonino va a chiedere consiglio a uno dei suoi ospiti, il Capitano?
G. A.: L'episodio fa parte del libro e al cimitero delle Fontanelle esiste davvero un teschio dedicato alla figura leggendaria di un capitano spagnolo.
G. E.: Il Capitano rappresenta l'anima del padre con cui Tonino non si è mai potuto confrontare, quella parte mi fa molto riflettere sull'importanza di avere una guida per poter vedere un'altra strada. Quel teschio lo mette in pace e gli dà dei consigli.