Antoine Cerda è un giovane agente di polizia che viene trasferito dalla prestigiosa Brigade de Recherche et d'Intervention (BRI) alla Brigata Anticrimine per ordine degli Affari Interni, in quanto è venuta alla luce la sua sistematica partecipazione a degli incontri clandestini organizzati da ambienti criminali. Un nuovo inizio nel quale taglia provvisoriamente i ponti con i suoi vecchi compagni, ma come si sa il passato bussa sempre alla porta.

E in Bastion 36 il protagonista si trova a fare i conti qualche mese dopo con una serie di eventi inquietanti legati al suo ex team: due suoi ex-colleghi sono stati uccisi e un altro è scomparso nel nulla da ormai diversi giorni, tanto che la moglie di questi ha chiesto direttamente il suo aiuto. Mentre si trova a fare i conti con una certa ostilità da parte dei piani alti della polizia, Antoine finirà per ritrovarsi coinvolto in un intrigo criminale ai più alti livelli e non potrà fidarsi di nessuno, se intende completare la missione e al contempo aver salva la pelle.
Bastion 36: chi non muore si rivede

Chi conosce il cinema di Olivier Marchal saprà già cosa aspettarsi e Bastion 36, nuova esclusiva del catalogo Netflix, mantiene in pieno quell'idea stilistica e narrativa che accompagna ormai da tempo il regista francese. Ex-poliziotto, ha riversato le sue esperienze personali all'interno dei suoi film, riuscendo a dar vita a contesti sempre credibili che catturano - titolo più, titolo meno - il fascino spesso controverso di questi ambienti "sporchi e cattivi".
Fin dal magistrale 36 quai des orfèvres (2004), cult che l'ha consacrato alla ribalta nel quale Daniel Auteuil e Gérard Depardieu giganteggiavano in una gara di bravura, il Nostro ci ha accompagnato in vicende spinose, popolate da facce giuste al posto giusto alle prese con decisioni sbagliate, con lo spettro della corruzione e una criminalità sempre più spietata a far da sfondo alle storie di poliziotti disillusi.
Il bene non esiste nel film Netflix

Bastion 36 non smentisce la regola e si rivela un solido intrattenimento di genere, un polar moderno diretta evoluzione del cinema di Jean-Pierre Melville, che vede la multi-etnica Francia contemporanea quale ombroso teatro delle vicende, con tanto di distretti popolari - e già visitati in passati dallo stesso Marchal, al punto che il numero 36 ritornante non è certo casuale - e le varie divisioni interne alle forze dell'ordine in contrasto tra loro, quando il fine unico dovrebbe essere quello di porre fine al crimine.
Ma i soldi dominano tutto e chiunque, gettando nell'incertezza anche proprio chi la legge la dovrebbe far rispettare e invece la infanga. La sceneggiatura non fa sconti, rende chiunque potenzialmente sacrificabile e carica l'insieme di una tensiva verosimiglianza, che fino all'epilogo si adombra di incertezze sull'effettivo destino delle diverse parti in causa.
Questione di genere?

Tutto questo naturalmente con un occhio di riguardo all'azione, che sin dai primi secondi mostra i muscoli: l'appostamento iniziale con successivo inseguimento per le strade di Parigi è gestito alla perfezione, con un dinamismo secco e scattante che non lascia indifferenti. Sparatorie e colpi di scena si susseguono nel restante minutaggio, con una buona gestione delle varie fazioni e il giusto mix tra caratteristi e protagonisti.
Il ruolo principale è affidato a Victor Belmondo, nipote d'arte della compianta leggenda del cinema transalpino Jean-Paul, che se la cava discretamente in un ruolo di non semplice lettura, scevro da over-acting o scene madri di sorta. In un racconto che a tratti rischia di diventare schiavo di una certa ciclicità, con le due ore e rotti di visione che avrebbero potute essere orchestrate meglio a livello di ritmo.
Bastion 36 è comunque in grado di mantenere alto l'interesse fino alla definitiva resa dei conti, tra sorprese dell'ultimo minuto e grandi massime a tema: "la morale comincia dove finisce la polizia" è destinata a restare impressa nell'immaginario di genere.
Conclusioni
Un poliziotto trasferito per tendenze autodistruttive, prossime a sfociare nell'illegalità, si ritrova coinvolto nelle indagini sul suo ex team, dopo la morte di due colleghi e la scomparsa di un altro. Ciò che scoprirà metterà a rischio anche la sua di vita e il prezzo della verità potrebbe essere troppo alto... Bastion 36 vede il regista Olivier Marchal tornare al suo genere d'appartenenza, con un altro poliziesco solido, sporco e cattivo come i suoi protagonisti, con i confini del bene e del male tra le due barricate che si mischiano sempre di più, tendendo al secondo versante. Azione e tensione su buoni livelli per tutte le due ore di visione, pur con qualche calo di ritmo qua e là in una storia cupa e senza speranza.
Perché ci piace
- Olivier Marchal e il poliziesco sono ormai un tutt'uno.
- Facce giuste al posto giusto in una storia che non fa sconti.
- Azione e tensione non mancano.
Cosa non va
- Ritmo altalenante soprattutto nella parte centrale.
- A tratti il regista sembra peccare di "manierismo".