Asakusa Kid, la recensione: il biopic su Takeshi Kitano è su Netflix

La recensione di Asakusa Kid, il film disponibile sul catalogo di Netflix che racconta gli esordi nel mondo dello spettacolo di Takeshi Kitano come Beat Takeshi.

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Asakusa Kid: un momento del film

All'inizio della nostra recensione di Asakusa Kid dobbiamo compiere una scelta. Se parlare di questo film disponibile su Netflix come un biopic sugli anni giovanili e l'esordio nel mondo dello spettacolo di Takeshi Kitano, conosciuto dai più come il comico Beat Takeshi, oppure se accogliere un diverso punto di vista sulle vicende e trasformare il film in una storia quasi onirica di un mondo perduto che continua a vivere nella sola memoria del protagonista. Dovessimo limitarci alla superficie del film, tratto dall'omonima autobiografia di Kitano, non avremmo dubbi: il film di Gekidan Hitori è un vero e proprio biopic, semplice nelle informazioni, canonico nel racconto. Attraverso diversi flashback lo spettatore e il protagonista ripercorreranno la storia di come un giovane ragazzino, pieno di tic nervosi e insicuro, ha iniziato una lunga gavetta con il maestro della risata Senzaburo Fukami per poi brillare di luce propria. Ma in questa struttura uguale a molti biopic c'è qualche elemento straniante che ci fa propendere per l'altra interpretazione, facendo in modo che Asakusa Kid, per quanto non privo di difetti, riesca ad emergere rispetto allo standard del genere.

Sai dire manzai

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Asakusa Kid: un'immagine

Siamo a Tokyo, nel quartiere Asakusa, nel 1972. Nel teatro Français un giovane ragazzo, ingobbito e timido, lavora come addetto nell'ascensore: ogni giorno porta al quarto piano gli spettatori dello spettacolo teatrale dove ballerine titillano le fantasie del pubblico e dove il leggendario re della risata Senzaburo Fukami si esibisce in sketch comici. Ogni giorno il ragazzo cerca di trovare il coraggio di approcciarsi al Maestro per dimostrare qualche talento che, però, non crede di avere. Questo ragazzo, il protagonista della storia, si chiama Takeshi Kitano e, anche se ancora non lo sa, diventerà uno dei comici più apprezzati del Giappone col nome di Beat Takeshi (suo il celebre programma televisivo Takeshi's Castle arrivato in Italia grazie a Mai dire Banzai), nonché poi regista di successo. Un giorno "Take" (così come lo chiamano gli amici) riuscirà ad approcciarsi al severo Maestro, che nonostante il suo carattere scorbutico riuscirà a insegnarli i trucchi della comicità. La situazione forse sarà destinata a cambiare: l'allievo dovrà abbandonare il Maestro, mettersi in proprio con un amico (dando vita alla coppia Two Beats specializzata in manzai, cioè pezzi di cabaret a due) e percorrere la propria strada, staccarsi dal Français e dal quartiere Asakusa, smettere di un essere un ragazzo e diventare finalmente un uomo.

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Questione di ritmo

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Asakusa Kid: una scena del film

Tutto inizia col tip tap. Sarà questo il leitmotiv che tornerà spesso e volentieri nel corso del film come simbolo di un legame artistico e di vocazione talentuosa verso il mondo dello spettacolo. Il ritmo delle suole che battono il pavimento diventa il taglio musicale del film stesso. Non si può dire che Asakusa Kid non abbia ritmo: il film procede spedito a raccontare, cercando in tutti i modi di non annoiare lo spettatore e anzi provando ogni trucco per evitare cali di attenzione. Le due ore procedono spedite, a volte persino un po' troppo, sacrificando parte del peso drammaturgico. Manca quella tensione narrativa essenziale per poter percepire il peso degli eventi, la forza dei cambiamenti, la sofferenza delle decisioni e l'importanza dei cambiamenti. Come a voler condensare sin troppo in poco tempo, il film risulta un biopic non sempre riuscito, eliminando proprio quei momenti che lo spettatore si aspetta, dando spesso e volentieri la sensazione di una storia che in teoria bisognerebbe già conoscere e che viene data sin troppo per scontata. Ne risente proprio la descrizione della comicità rivoluzionaria dei Two Beats.

Un viaggio nei ricordi

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Asakusa Kid: un'immagine del film

Se come biopic il film risulta sin troppo tradizionale e non del tutto convincente, Asakusa Kid funziona molto di più se visto come un memoir nostalgico personale, come un viaggio nei ricordi in cui non è tanto la carriera, il talento o il lavoro ciò che conta, ma i rapporti umani e il trascorrere del tempo. L'ascesa di Takeshi coincide con il declino di Fukami e di quel tipo di spettacolo (teatro contro televisione) insieme alla maniera di intendere un tipo di comicità. La seconda metà del film indugia su questo lato nostalgico, perdendo un po' di vista il semplice racconto biografico del protagonista (interpretato benissimo da Yûya Yagira) e concedendo spazio ai comprimari. È in questa fase che si riescono a rileggere sotto un altro punto di vista i vari inframezzi sin troppo onirici, ricolmi di luci e colori, che sembravano stonare con il resto del film composto da una regia asciutta e limpida. Di conseguenza si apprezza anche di più l'estetica molto digitale che sembra scontrarsi con il periodo storico in cui è ambientato (e va detto che manca un po' di quel calore cinematografico che gli argomenti richiederebbero) e ci si lascia andare a qualche emozione in più, specie grazie a un finale perfetto, che sembra un po' mancare durante i passaggi di pura cronaca.

Conclusioni

A conclusione della nostra recensione di Asakusa Kid possiamo dire di aver apprezzato il film più come un viaggio nella memoria che come biopic di Takeshi Kitano. Non si tratta di un film perfetto: il ritmo sembra sin troppo rapido e non tutto viene raccontato al meglio, complice un’impostazione sin troppo tradizionale. Lacune che in qualche modo passano in secondo piano quando è la nostalgia a parlare, quando l’ascesa di Beat Takeshi diventa un omaggio nostalgico a un mondo che non c’è più, quando Takeshi Kitano, settantenne, rivede il suo Maestro, di una comicità ormai invecchiata e perduta, e torna a sentirsi quel ragazzo di Asakusa.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
3.5/5

Perché ci piace

  • Il film è un biopic tradizionale che funziona molto di più come viaggio nel viale dei ricordi.
  • Ottimo il cast, specialmente il protagonista nei panni di un giovane Takeshi.
  • La sequenza finale riesce a donare un’emozione che sembrava mancare nel resto del film.

Cosa non va

  • Il ritmo è alto, tanto da dare l’impressione che il film stia procedendo senza soffermarsi su ciò che andrebbe approfondito, mancando quella tensione narrativa necessaria.
  • L’estetica molto digitale non sempre funziona.