Arsa ha 18 anni. È bellissima e solitaria. Vive da sola in una casupola che affaccia sul mare su un'isola. A separarla dal resto del mondo ci pensa un canneto. Una sorta di frontiera che divide la sua solitudine - scelta e rivendicata - dai turisti che osserva da lontano con un binocolo. È lei la protagonista dell'omonimo film diretto dai Masbedo, il duo di artisti composto dal milanese Nicolò Massazza e dal ligure Iacopo Bedogni, che arriva in sala dopo il passaggio alla Festa del Cinema nella sezione Freestyle.
Tra consumismo, inquinamento e natura

A dare voce e corpo ad Arsa l'esordiente Gala Zohar Martinucci che su quell'isola si muove sicura. L'ha scelta e la vive abbracciandone bellezza e durezza. Silenziosa e selvaggia, la ragazza comunica con la natura e vive raccogliendo oggetti persi e abbandonati sulla costa o in fondo al mare. Gli stessi ai quali dona una nuova vita realizzando piccole sculture in un laboratorio-silos in cui custodisce un tesoro di plastica e argilla. Quella che lavorava suo padre (Lino Musella), un artista che per (soprav)vivere era costretto a realizzare oggetti solo apparentemente belli destinati ai turisti mettendo da parte la cura ai dettagli. Un compromesso come tanti ai quali tutti ci pieghiamo quotidianamente.
Quando un giorno arrivano sull'isola tre ragazzi in vacanza che alloggiano in una casetta non lontana dalla sua, il mondo di Arsa viene invaso. Uno di loro, Andrea (Jacopo Olmo Antinori), affascinato dalla ragazza cerca di entrare in contatto con quel micro universo fatto di ritmi e regole diversissimi dai suoi.

Arsa fin dalla primissima inquadratura ci trascina in una realtà dai contorni fiabeschi profondamente radicata nella natura. Stromboli, con la sua vegetazione, i sassi, il vento, l'asprezza e l'incanto del suo perimetro, assurge a co-protagonista assoluta del racconto. Nello scegliere di vivere lì senza telefono o comodità, Arsa compie un atto radicale che rimanda al rapporto e al rispetto con la natura che ci circonda. La riserva in cui vive è per lei sacra e qualsiasi intrusione è vissuta come una violenza. In quest'ottica il film dei Masbedo assume i contorni di un racconto attuale e un rimando diretto al consumismo di cui siamo schiavi accondiscendenti avvelenati da un'inquinamento che contribuiamo ad alimentare.
Il rischio di restare in superficie

Cadenzato da molti silenzi, Arsa affronta svariati temi. Dal rapporto uomo-natura, al già citato consumismo passando per la sostenibilità, il recupero degli scarti e il lutto. Sia la protagonista che Andrea hanno perso il padre. Ma se la ragazza ha scelto di affrontare la perdita del genitore diventandone una sorta di estensione e introiettando la sua stessa creatività, Andrea non è riuscito a trovare un modo per affrontare quel dolore e quella perdita.
Visivamente molto curato, anche grazie all'ottimo lavoro sulla fotografia firmata da Gherardo Gossi, il film rischia però di restare in superficie e non addentrarsi - come fa la protagonista con le profondità marine - in una dimensione più intima. I lunghi silenzi accompagnati da dialoghi poco incisivi - esclusa la sequenza con Tommaso Ragno o il ricordo di Andrea del padre - rischiano infatti di lasciare gli spettatori emotivamente un passo indietro.
Conclusioni
Vivere con poco in una casa spartana in mezzo a una riserva naturale su un'isola. È la scelta consapevole fatta da Arsa, diciottenne che vive in simbiosi con la natura che la circonda, dopo la morte del padre. Un artista costretto a piegarsi alle regole del mercato dal quale ha ereditato la sua creatività. È lei la protagonista del nuovo lungometraggio dei Masbedo grazie alla quale costruiscono una riflessione attuale su consumismo, sostenibilità, trasformazione, inquinamento, lutto e il rapporto tra gli esseri umani e il mondo naturale. Un film che tocca svariate tematiche ma che non affonda mai appieno restando in superficie e rischiando di lasciare lo spettatore emotivamente distaccato.
Perché ci piace
- Il rapporto uomo/natura
- La riflessione sul consumismo e il recupero degli scarti
- La fotografia di Gherardo Gossi
Cosa non va
- Dialoghi poco incisivi
- Il coinvolgimento emotivo degli spettatori rischia di latitare