Un set sull'orlo del vulcano, un film in divenire, due attori alle prese con l'ignoto. Arsa, nuovo progetto cinematografico dei MASBEDO, arrivato in sala, ha portato Jacopo Bertinori e Gala Zohar-Martinucci a Stromboli per un'esperienza artistica e umana fuori dai confini del cinema tradizionale. Li abbiamo incontrati per farci raccontare cosa significhi girare un film su un'isola che respira, tra improvvisazione, natura e scelte radicali.
Un salto nel vuoto: vivere e interpretare Arsa

"Per me questo film è stato una bellissima sorpresa", racconta Jacopo Olmo Antinori, che in Arsa interpreta Andrea. Quando ricevette la prima chiamata per il provino, due anni fa, stava vivendo un momento difficile, con poche certezze e tanta voglia di lavorare. "Il progetto era vago, misterioso. Non sapevo bene cosa aspettarmi". Poi, nel giro di poche settimane, da uno stato di attesa sospesa si è ritrovato a Stromboli, su un set fuori dall'ordinario, al fianco di due registi con una formazione lontana dal cinema tradizionale: "MASBEDO sono artisti, e questa loro identità si riflette sul modo in cui lavorano".

L'approccio al film è stato infatti sperimentale: la sceneggiatura mutava in corso d'opera, alcune scene trovavano la loro forma solo sul momento, altre prendevano direzioni impreviste. "È stato un esercizio esplorativo", dice Jacopo nel corso della nostra intervista. "Non avevamo tempo né modo di costruirci difese, e quindi ci siamo affidati totalmente alla loro visione". In particolare, ricorda una scena centrale con Gala, tra Andrea e Arsa, che ha vissuto trasformazioni importanti durante le riprese. "Il confronto è stato franco. Anche se poi non tutto è finito nel montaggio finale, l'atmosfera di quella scena è rimasta. È il tipo di lavoro che lascia traccia anche nei silenzi".
Il corpo a corpo con l'isola
Per Gala Zohar-Martinucci, che interpreta la protagonista Arsa, l'ingresso nel film è stato lento, quasi organico. "Abbiamo girato per mesi, a fasi alterne, da maggio a ottobre. E all'inizio cercavo solo di capire il posto, la mia casetta, il silenzio, la natura". Poi, con il tempo, è emersa una connessione profonda con il personaggio. "Arsa non è una donna solitaria perché rifiuta il mondo. Sta bene così, nella sua scelta. E questo, in parte, lo sento anche mio".
Gala racconta di essere molto legata alla natura, e di soffrire la città quando ci resta troppo. Il suo rapporto con l'ambiente, spiega nella nostra intervista, ha influenzato il modo in cui ha costruito Arsa: "La connessione con il mare è fondamentale. E per questo ho voluto girare da sola le scene subacquee, senza controfigura. Mi sono allenata con un coach di apnea. Sapevo che era rischioso, eravamo in mare aperto, ma volevo farlo io".

Entrambi gli attori sottolineano quanto il set di Arsa fosse lontano dai protocolli rigidi del cinema industriale. "Non era un set regolare, dove tutto doveva essere come previsto e se non lo era scattava il panico", racconta Gala. "C'era spazio per cambiare, per improvvisare, per sperimentare. Tutta la troupe era allineata su questa energia". Anche Jacopo conferma: "Era una sfida, certo, ma anche un'occasione rara per liberarsi da certi automatismi. Quando puoi davvero affidarti alla visione dei registi, succedono cose belle".
Lavorare con i MASBEDO, aggiunge Gala, è stato un processo di scambio continuo: "Sono due persone diverse, con sensibilità diverse, ma si completano. E io prendevo un po' da entrambi, senza confusione. C'era armonia". La natura duale del progetto si riflette anche in un confronto, secondo noi, con un altro film italiano recente, Parthenope di Paolo Sorrentino, e alla nostra domanda su come lo vede o l'ha vissuto sul set questo confronto, Jacopo ha detto: "Scherzando, si potrebbe dire che Arsa è l'anti-Parthenope, o viceversa", riflette Jacopo. "Ma non come opposizione. Sono due film che rappresentano due tendenze diverse del cinema italiano. E insieme costruiscono un dialogo".
A emergere da entrambi gli attori è una visione aperta e fiduciosa del futuro del cinema in Italia. "Non c'è bisogno di contrapposizioni, di scuole o correnti in lotta", dice Jacopo. "Abbiamo bisogno di pluralità, di ricerca, di innovazione". Arsa si colloca dentro questo fermento, contribuendo con una voce singolare ma non isolata. "Spero che il pubblico si lasci sorprendere", conclude. "Perché è un film che non ti prende per mano, ma ti chiede di stare, di osservare. Come succede quando si guarda un paesaggio, o quando ci si perde in un sogno".