L'animazione è stimolante come linguaggio perché continua a evolversi per sopravvivere. Uno dei due Premi alla Carriera del Cartoons on the Bay 2023 rappresenta perfettamente questo concetto. Stiamo parlando di Ari Folman, regista di pellicole come Valzer con Bashir, The Congress e Anna Frank e il diario segreto che hanno ibridato e sperimentato come mai prima nell'animazione, generando anche nuovi linguaggi come il documentario animato. Della sua carriera, selettiva eppure potentissima, abbiamo parlato durante il nostro incontro con lui al Festival, ma anche del futuro dell'animazione. A partire dal riconoscimento che riceve a Pescara, dove ha anche vinto: "Dieci anni fa ho ricevuto il Premio alla Carriera al Film Festival di Atene, che amo molto, avevo cinquant'anni e mi sentivo troppo giovane. Ho pensato di declissare questa volta, ma come rifiutare un viaggio in Italia? (ride)"
Il processo creativo di Ari Folman
Ari Folman ci dice che non gli piace iniziare nessun progetto per partito preso: "Non ho alcun piano in mente (ride) anche per non bloccarmi sulla tecnica da utilizzare per quel determinato racconto. Per esempio con Anna Frank avrei voluto fare il background del personaggio in stop motion e il presente in animazione tradizionale, un incrocio mai realizzato prima, ma si è rivelato troppo dispendioso in termini di tempo e denaro. Avevamo anche creato la radio come nell'_Isola dei Cani di Wes Anderson, un elemento che mi portò a pensare addirittura di realizzarlo interamente coi pupazzi. Sapevo però che avrei voluto farlo con una palette di colori molto vivida per il presente e sfumature di bianco e nero, seppia per il passato. Soprattutto trattandosi di un racconto di guerra, mentre le sequenze dei sogni sono pura libertà creativa. La storia mi dice quale tecnica utilizzare, non parto prevenuto"._
L'animazione racconta la verità?
Il regista ha lavorato sia con l'animazione che con la stop motion, ma non crede molto nella verità nell'arte e nello storytelling: "Per esempio, anche nei documentari c'è soggettività quando hai una macchina da presa in mano. Se devi scegliere alcune parti di un film per arrivare a 90 minuti, devi tagliare e montare, non puoi essere oggettivo. Ricordo che quando uscì Valzer con Bashir era totalmente nuovo come linguaggio, ovvero il documentario animato, e mi chiesero se ero preoccupato che il pubblico potesse pensare che quella raccontata non era una storia vera poiché si trattava di immagini illustrate. Ma io penso che anche quando giri con una telecamera digitale il risultato è sempre qualcosa di artificiale. La verità non appartiene al filmmaking, è l'arte del mago."
Anna Frank (super)eroina
Anna Frank e il diario segreto è considerato da molti un film su una (super)eroina. "Però vi prometto che non ci saranno sequel" - (ride) - "Molti dei cinecomic tanto in voga non mi piacciono, ma alcuni li trovo davvero brillanti, tutto dipende da chi li realizza. Come il nuovo Spider-Man animato che non vedo l'ora di vedere dato quanto era stato geniale il precedente. Ci sono anche film più sciocchi come Deadpool e divertenti come i Guardiani della Galassia. Non sono come altri colleghi registi storici che pensano che si tratti solo d'immondizia. Se chiedi ai miei figli, ti diranno che sono i miei film ad essere spazzatura (ride)". Poi continua: "Otto Frank, il padre di Anna quando tornò dal campo di prigionia non sapeva che le figlie erano entrambe morte, non sapeva che Anna aveva scritto il diario e decise di dedicare il resto della sua vita a realizzare il sogno della figlia ovvero farla diventare la giovane scrittrice più letta di tutti i tempi. Il mio film voleva onorare anche la sua memoria storica e il suo scopo nell'utilizzo del diario". Fare un altro cartoon sui rifugiati non è nei suoi programmi futuri: "Ora ho sessant'anni e quindi ogni scelta che faccio per un progetto d'animazione dev'essere molto accurata, dato che le produzioni di questo tipo sono l'inferno (ride). Devo poter vedere la fine. Voglio contribuire alla discussione con argomenti diversi"
Anna Frank e il Diario Segreto, la recensione: il messaggio oltre il diario
Politica e guerra nell'animazione
La politica e la guerra sono argomenti delicati da affrontare attraverso lo spettro dell'animazione. Forse è un modo per renderli più accessibili a tutti anche ai più piccoli? Conferma Ari Folman: "Ho abbattuto molti muri in termini d'animazione per adulti ma non ci credo moltissimo poiché puoi raggiungere una ristretta parte di pubblico dato che viene considerata un'arte a se stante, quasi snob. Ci sono sicuramente dei grandi film realizzati in tal senso, come Flee l'anno scorso, sono rispettati ma hanno una circuitazione limitata ai festival e alle uscite evento. In Anna Frank e il Diario Segreto penso che abbiamo allargato il bacino d'utenza anche ai bambini, può essere quella la strada e non deve necessariamente essere un prodotto politico. L'ultimo grande film della Pixar ad esempio per me è Inside Out, una pellicola molto coraggiosa perché parlava di depressione adolescenziale, eppure ebbe successo tanto da permettere agli spettatori più giovani di immedesimarsi. Un coming of age in animazione, divertente ma oscuro. C'è spesso dissonanza tra il film animato realizzato e il target che si vuole raggiungere e bisogna trovare un punto d'incontro come riuscirono a fare in questo caso".
Valzer con Bashir fu innovativo come primo documentario animato e viene tuttora usato durante le sedute di terapia per i soldati per il disturbo da stress post-traumatico, perché possono relazionarsi col passato dei personaggi: "Non deve necessariamente essere autobiografico per ottenere quell'effetto e parlare ad un gruppo specifico di persone. Ci sono i film che funzionano su un ampio spettro di pubblico e altri che funzionano in modo diverso" e poi continua sulla crisi della sala cinematografica: "Personalmente non penso che sia colpa della pandemia ma che sia iniziata molto prima a causa della crisi economica. Perché non costa poco come un tempo, soprattutto se hai dei bambini, e non c'è più l'avvento dei multisala come una volta che spinge ad andarci. Non ha più quel fascino di un tempo, e la frase 'Non c'è niente come stare in sala al buio' è molto romantica ma poco ancorata all'attualità. I cinema piccoli potrebbero avere un revival di pubblico, sta già succedendo in parte. Lo stesso vale per le arene all'aperto, che potrebbero proporre un'esperienza spettacolare che non puoi avere in streaming a casa. Ci saranno anche delle riduzioni drastiche di budget secondo me e quindi avremmo da una parte blockbuster enormi e dall'altra pellicole molto indipendenti e più artistiche, ma le vie di mezzo saranno molto più difficili da realizzare e forse andranno direttamente sui servizi streaming, come sta già accadendo del resto".
Che tipo di spettatore è Ari Folman?
Il regista ci racconta quanto sia selettivo non solo nei progetti ma anche come spettatore: "Andrò al cinema sicuramente per il nuovo Spider-Man, ma di solito lo faccio per i film arthouse, i vecchi classici che ripropongono, ma anche in streaming come su MUBI, ci sono tantissime opzioni di visione. Ad esempio con la scusa del viaggio in Italia ho visto i film di Alice Rohrwacher una delle voci più diverse che abbiamo oggi nel cinema". E le serie TV? "Con le serie è più complicato, perché non ho pazienza, come con Succession, ci ho provato ma sono durato sette episodi. L'ultimo serial che ho visto per intero è stato Better Call Saul che è di ottima fattura. Per il resto non mi sembra che ci siano prodotti che meritino davvero un tale impegno nel tempo e tante stagioni da vedere... a parte BoJack Horseman. È geniale". C'è poi il rapporto coi suoi figli: "Mi piace accettare consigli di visione dai miei figli e li uso moltissimo come primo feedback durante la produzione dei miei lavori, si lamentano tutto il tempo (ride). Anna Frank ad esempio ha fatto parte di quasi tutta la vita di mia figlia, perché la gestazione è stata molto lunga, dalla pre-produzione fino alla presentazione a Cannes due anni fa. Al momento ho in lavorazione una possibile serie tv animata su due scimmie che divorziano dal punto di vista dei figli e un live action sulla guerra in Ucraina. Mi manca lavorare con gli attori in carne ed ossa. Speriamo riaccada presto".
Verso il futuro (animato)
Il futuro dell'animazione? Sta nella scommessa e nel coraggio: "Non si può prevedere di che tipo di contenuti fruiranno le nuove generazioni. Ad esempio quando ero piccolo, non avevamo la tv a casa perché mio padre pensava che avrebbe rovinato me e mia sorella. I miei figli invece hanno ognuno il proprio televisore nella propria camera. I genitori oggi pregano i propri figli di guardare la tv pur di non stare cinque ore su TikTok. È così che vanno le cose, sono cresciuti coi videogiochi e molti di questi sono diventati delle serie su Netflix, vanno meno al cinema ma in realtà vedono anche meno la televisione. Una cosa è certa: le storie rimarranno sempre, lo storytelling del leggerle ai bambini prima di andare a dormire anche, ma sul modo in cui lo faremo non abbiamo invece alcun indizio. Dieci anni fa si era convinti che non sarebbero stati più prodotti album musicali invece li abbiamo tutt'ora, anche se in forma diversa, su Spotify o Apple Music. Il progresso tecnologico nel cinema invece non sempre ha funzionato: pensiamo alla caduta del 3D."