Ari Aster, intervista esclusiva: “Gli spettatori? Oggi sono più distratti. E le recensioni non le leggo più"

E ancora la "pressione" per Eddington, la "parodia" velata sugli Stati Uniti, il percorso dell'A24 e la musica di Nino Rota: mezz'ora, in esclusiva, con Ari Aster.

Ari Aster sul palco del Cinema in Piazza. Foto di Claudia Rolando

Arriviamo in anticipo, e allora sfruttiamo il tempo per una passeggiata tra i vicoli di Trastevere. Roma, d'estate, è uno spettacolo incredibile. Ci fermiamo al San Callisto, e ripassiamo le domande, provando a dribblare il pensiero che si poggia sul suo nuovo (e atteso) film, Eddington. È ancora top secret (tranne il cast, da Emma Stone a Joaquin Phoenix e Pedro Pascal), fremiamo dalla voglia di sapere, ma non si può ancora rivelare nulla. Tuttavia, è lo stesso Ari Aster, che noi di Movieplayer.it abbiamo intervistato in esclusiva, ad accennare sommessamente al suo quarto lavoro, dopo il controverso Beau ha paura (che noi però abbiamo amato, e glielo abbiamo anche detto). L'intervista è fissata in un hotel non troppo lontano da Piazza San Cosimato, dove ha appuntamento con la solita gremitissima platea, già accorsa sotto il telo bianco del Cinema in Piazza, organizzato da Piccolo America.

Ari Aster Piazza San Cosimato
Ari Aster a Roma per il Cinema in Piazza 2024. Foto di Claudia Rolando

Ordiniamo da bere, non prima di un cordiale saluto: lo ringraziamo per il suo tempo, e per un'intervista che proveremo ad impostare tanto sul suo concetto di cinema, quanto sul concetto legato alla poetica americana, che oggi appare annebbiata. Anche politicamente. La prima impressione, mai radicata come questa volta, è che Ari Aster sia l'espressione diretta dei suoi film.

Cinema In Piazza 2024 Ari Aster
La Piazza San Cosimato di Trastevere gremita per Ari Aster. Foto di Claudia Rolando

Sembra una banalità, eppure le parole del regista, così come il tempo che impiega per ragionare prima di rispondere, riflettono il pensiero dietro Hereditary, Midsommar, Beau ha paura. C'è un'argomentazione, e forse una sorpresa rispetto a ciò che egli stesso finirà per anticipare su Eddington, che si preannuncia marcatamente politico. Aster, quasi a disaggio verso quella che fatica a definire "carriera", ha poi raccontato di New York, di Nino Rota, dello streaming e della poetica A24 che produce e distribuisce i suoi film. Con un auspicio anche qui inaspettato: "stanno diventando molto grandi, speriamo riescano a mantenere la loro identità".

Ari Aster, intervista esclusiva

Ari Aster Beau Ha Paura Set Cinema
Ari Aster e Joaquin Phoenix sul set di Beau ha paura

Ari, molti tuoi colleghi registi ti considerano un autore da seguire. Che effetto ti fa?
Davvero? Non ci credo! Mi sembra che io stesso stia cercando ancora la strada giusta. Ogni volta che faccio un nuovo film, provo a correggere gli errori fatti nel film precedente.

A proposito di film precedenti. Beau ha paura si apre con una sequenza che ha per sfondo un'America disturbante e spaventosa. Un anticipo delle elezioni di novembre?
Direi che i segnali ci sono. Inizia davvero a sembrare così. Però è curioso, è il tema dell'ultimo film che ho appena finito di girare... Comunque, l'apertura di Beau... (riflette ndr) Le prime sequenze, sono una sorta di parodia dell'immaginario tipico di una città americana, ma è anche lo specchio di quello che è davvero. Insomma, una via di mezzo, tra come vedo l'America, e com'è in realtà.

I tuoi film sono distribuiti e prodotti da A24, com'è lavorare con loro? Ormai sono un brand
Sono fantastici, danno libertà, lasciano spazio ai registi, li incoraggiano. Consentono di lavorare in autonomia. Hanno inventato un marchio, uno stile. Sono stati abili a sviluppare il loro brand. E sono stati ingegnosi nel portare alcuni film verso un pubblico più ampio, creando entusiasmo e talento. Questa è una caratteristica. Spero che riescano a mantenere questo aspetto mentre continuano a crescere, perché stanno diventando sempre più grandi...

Beau ha paura, la recensione: il film di Ari Aster è una meravigliosa menzogna

La libertà e la narrativa (in crisi) degli Stati Uniti

Eddington Ari Aster Nuovo Film
Il ciak di Eddington, il nuovo film di Ari Aster

Libertà. Come si fa ad essere liberi in un panorama produttivo pieno di paletti e remore?
Beau ha paura al botteghino non è andato bene. E quindi in questo nuovo progetto sono stato sotto pressione. Eppure, Beau è frutto del successo dei primi due film che ho fatto. Sto... navigando. Affronto il mio nuovo film, ma non so bene come parlarne. Distribuire e produrre un'opera è anche una questione economica. Ciononostante, l'esperienza di un set è molto diversa da questo aspetto più tecnico.

Secondo te, la narrativa americana sta vivendo un periodo di crisi?
Non saprei dire dove ci troviamo. Non credo ci sia un ritorno al passato, ma è sicuramente cambiato tutto: lo streaming, per esempio. L'impressione è che i film che escono in sala siano sempre più di nicchia. È chiaro che non è una chiave discorsiva semplice. Sono cresciuto con l'idea di fare film, puntando ad una certa cultura. Oggi c'è però alienazione, e mi sto rivolgendo ad una cultura nuova.

Una cultura più distratta?
Sì, gli spettatori sono molto più distratti. Ed è un peccato.

Tu, come Jordan Peele, utilizzate l'horror per parlare del mondo. Per questo i vostri film sono così politici?
Mi piace questa considerazione, è un'ipotesi, e mi piace. Ma non posso confermare...

Il valore della critica (che Aster non legge più)

Da ragazzo hai fatto critica, scrivendo recensioni. La critica cinematografica ha ancora valore per te?
Ero all'Università quando scrivevo recensioni per un giornale locale. Poi ho scritto per Criterion e Film Comment. È stato un divertimento, più che altro. La critica? Devo dire che non mi fa bene leggere le recensioni. Confesso che per i primi due film, beh, non me n'è sfuggita una, di critica. Le ho lette tutte. E questo mi ha portato ad uno stato di depressione, e mi sono messo sulla difensiva. Quindi, in generale, ora tendo ad evitare. E non credo che cambierò idea.

Ari Aster Set Cinema Midsommar
Sul set di Midsommar con Florence Pugh

Sei nato a New York, te ne sei andato, sei tornato. Che spunti ti trasmette?
Sì, sono nato a New York, ma l'adolescenza non l'ho trascorsa lì. Ci sono tornato dopo. Ed è a New York che ora vivo, da quando è iniziata la mia carriera. Se la vogliamo chiamare carriera... (si ferma a pensare ndr). Diciamo che la città sta formando la mia coscienza e consapevolezza. Mi piacerebbe girare un film a New York, questo sì, ma ancora non è successo.

Siamo a Roma, devo chiedertelo: qual è il cinema italiano che ami?
Ci sono tanti film italiani che per me sono fonte di ispirazione. Penso alla fase centrale della carriera di Federico Fellini. La strada, Amarcord, . Amo Vittorio De Sica, Dino Risi... Adoro Il sorpasso. Potrei continuare con l'elenco... La poesia di Pasolini. E poi stravedo per i compositori italiani, Nino Rota ed Ennio Morricone. Ora mi stai facendo riflettere su chi potrebbe scrivere la colonna sonora di Eddington... Magari ci fossero ancora loro!

Il privilegio dei sacrifici

Ari Aster Toni Collette Hereditary Set Cinema
Dove tutto ebbe inizio: dietro le quinte di Hereditary

È vero che una carriera di un regista si basa più sui no che sui sì?
Ho la fortuna di scrivere le mie sceneggiature, e il trucco sta nel limitare i compromessi per quanto riguarda le cose importanti. Ed è fondamentale riconoscere le cose meno importanti, quelle superficiali. E su questo magari cedere.

Peccato che viviamo in un modo molto superficiale, allora. Già, questo è un problema.

In Italia c'è il retaggio che vuole il cinema un non lavoro, o un lavoro per privilegiati. Anche in USA la pensano così?
Sì, questo retaggio c'è anche negli Stati Uniti. E tutto sommato, è vero. Chi sono io per dire il contrario? (ride ndr.)

Molti registi italiani non sarebbero d'accordo. Qui si fanno molti sacrifici per girare un film.
Qualcosa devi sacrificarlo, sempre. Ma francamente, mi reputo molto fortunato. A volte è tosta, si soffre, ma per me è un privilegio fare questo mestiere.