Il barbone milionario che viveva nel cuore del parco londinese di Hampstead Heath è esistito davvero: si chiamava Harry Hallowes e ci ha lasciato solo lo scorso anno, senza poter vedere questo Appuntamento al parco, che il regista Joel Hopkins e lo sceneggiatore Robert Festinger hanno realizzato ispirandosi alla sua esistenza fuori dalle convenzioni.
Se avrebbe apprezzato, in questo film, l'elegia del suo eccentrico e corroborante stile di vita, non ci azzardiamo a ipotizzarlo: di sicuro l'omaggio alla sua vita è per lo più nelle premesse narrative di Appuntamento al parco, con Brendan Gleeson nei panni di un uomo che vive da diciassette nel cuore del parco, in una baracca messa insieme con mezzi di fortuna, che nella rievocazione della personalità e della filosofia di vita di "Harry l'eremita".
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Gli amanti di Heampstead Heath
In realtà l'aderenza alla vicenda reale è poco più che uno spunto, e quella che lo script di Festinger imbastisce è una romcom dallo sviluppo piuttosto prevedibile e con qualche falla logica non da poco. Poco male quando hai a disposizione due interpreti come Gleeson e la sempre splendida Diane Keaton per dare vita a un credibile romance senile che possa essere apprezzato da un pubblico che non sia solo quello che ha da un bel po' tagliato il traguardo degli -anta. Gli interpreti sono indubbiamente degni di tanta fiducia: Keaton è luminosa e divertente come sempre anche se tra i dialoghi della sua Emily c'è qualche momento davvero difficile da vendere anche per un'attrice di razza; Gleeson, con un ruolo più fisico e allo stesso tempo più immediatamente empatico, se la cava anche meglio e ci regala il ritratto piacevolissimo di un uomo solitario e bizzarro con un'anima amabile e una non indifferente carica erotica.
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Purtroppo quelle che dovrebbero essere le riflessioni al cuore della scrittura di Appuntamento al parco, che riguardano la dipendenza della vedova americana da un contesto sociale in cui è un pesce fuor d'acqua, e la scelta di Donald di vivere consapevolmente al di fuori di tutte le regole della società rinunciando a doveri e privilegi sono tratteggiate in maniera tenue e approssimativa, finendo per svanire sullo sfondo di una storia d'amore che funziona fino al momento un cui una inspiegabile scelta di sceneggiatura, verso la fine del film, non stravolge inaspettatamente la caratterizzazione dei personaggi.
Al cast di contorno tocca un po' la stessa sorte, sbiadire rapidamente dopo un'inizio promettente: Lesley Manville avrebbe potuto essere tagliente nel suo ritratto di borghese piccola piccola, e Jason Watkins avrebbe potuto essere buffo con dialoghi un po' più curati. Il bel James Norton, che interpreta il premuroso figlio di Emily, ha appena lo spazio necessario a farci ripensare all'agghiacciante psicopatico che interpreta in Happy Valley.
Il sole su Londra
Oltre al carisma dei protagonisti, il film di Hopkins è apprezzabile per la capacità di sfruttare cinematograficamente le amenità del nord di Londra - il parco, i piccoli negozi che fanno beneficenza, il cimitero di Highgate con i suoi illustri inquilini - regalandoci una rappresentazione inusitatamente ridente della capitale britannica, il cui cuore torbido e avido, il centro e la City, si vedono soltanto a grande distanza dalle terrazze di Alexandria Palace.
Scenario e fotografia dunque contribuiscono a rendere il film un'esperienza piacevole sebbene piuttosto dimenticabile; un peccato perché sarebbe bastato forse un po' di coraggio, oltre a un impegno maggiore nella concezione e nella scrittura, perché la storia di una seconda possibilità inattesa, di una brillante alternativa alla vita che diamo per scontata, potesse avere un impatto più incisivo e duraturo.
Movieplayer.it
2.5/5