Verrebbe voglia di sfilarsi la fede dal dito e di passargliela per fargliela tenere tra le dita e farcelo giocherellare un po', con la speranza di vedergli spuntare un lampo negli occhi e di sentirlo improvvisamente sibilare "My preciooous.....", il mio tesoro. E' difficile spiegare perché, ma c'è qualcosa in Andy Serkis che ricorda un po' ognuno dei personaggi a cui ha dato da vita, da Gollum fino alla scimmia Caesar della nuova saga del Pianeta delle Scimmie: un personaggio così complesso e ricco di sfumature, un terreno da esplorare davvero ampio e stimolante per il cinquantenne attore britannico che riesce ancora a stupire regalandoci grazie alla performance capture un'interpretazione talmente intensa e profonda impensabile fino ad ora per una creatura digitale, mai tanto reale ed empatica.
L'ultima frontiera dell'interpretazione virtuale, per colui che incarna il prototipo dell'attore 2.0, "ma non ho visto il film The Congress, anche se tutti mi dicono che dovrei assolutamente...": per forza, visto che dopo aver raggiunto il successo grazie alla trilogia de Il Signore degli Anelli, ha proseguito la sua carriera di pari passo con lo sviluppo della tecnica della performance capture portandola allo sdoganamento come forma d'arte e di recitazione al pari di quella live action (ricordiamo la diatriba per cui molti critici lo volevano candidabile all'Oscar per l'interpretazione di Gollum). "I tecnici della Weta Digital conoscono a memoria ogni mia espressione facciale, potrebbero girare il prossimo film senza di me": da tempo ha anche aperto a Londra The Imaginarium, un suo performing capture studio col quale sta sviluppando i suoi progetti futuri, dei quali ci ha parlato durante il nostro incontro a Madrid. Oltre naturalmente all'incredibile esperienza di Apes Revolution - Il pianeta delle scimmie, e soprattutto del lavoro con il personaggio di Cesare, dove con la performance capture che definisce "uno strumento eccezionale dal punto di vista filosofico", ha raggiunto un risultato incredibile.
Piccole scimmie crescono
Com'è stato lavorare in questo film anche alla luce dell'esperienza del primo?
Il lavoro in questo film è stato più complesso semplicemente perché è il personaggio di Cesare che diventa più complesso. Ne L'alba del pianeta delle scimmie è stata una bella sfida interpretarlo durante la sua infanzia e adolescenza, cresciuto dagli umani come fosse uno di loro e per questo divenuto un outsider per la sua stessa specie. In questo film Cesare si evoluto, fisicamente, emotivamente e psicologicamente, ci sono tantissimi nuovi aspetti del personaggio che dovevano rivelarsi, ma era necessario farlo in maniera graduale. Come vi avrà accennato anche Matt Reeves, non volevamo essere precipitosi e perderci questa fase della sua evoluzione: sapevo che Cesare a questo punto avrebbe dovuto usare un linguaggio articolato in maniera molto particolare e intelligente, questa era la mia paura principale, quella di non riuscire a renderlo plausibile, coerente e realistico. E' stata una grandissima sfida.
Oltre il green screen
Se l'obiettivo era quello del realismo il risultato è pienamente conseguito perché il personaggio risulta molto più empatico e reale di quanto si possa immaginare, nonostante l'intelligenza delle scimmie rappresenti effettivamente l'elemento di fantasia.
L'obiettivo era esattamente questo, da qui anche la scelta di girare co 3D nativo in esterni. Decisamente questo conferisce un appeal al film molto particolare, non è il tipico blockbuster estivo pieno di esplosioni e luci accecanti, il film è molto dark, la maggior parte delle sceme sono girate con la luce naturale. Anche nel design e nella ricostruzione degli ambienti, c'è una logica frutto di molte ricerche.
E dal punto di vista della recitazione e della performance capture è stato molto diverso girare in esterni in un ambiente naturale invece che davanti allo schermo verde in studio? E stata la prima volta per lei?
Sì, è stata la prima volta. Dal punto di vista delle recitazione non c'è molta differenza, a parte proprio il fatto che invece che davanti al green screen in studio giravamo direttamente nelle location naturali; ma l'esperienza è stata davvero eccezionale, perché naturalmente gli stimoli intorno a te si moltiplicano e amplificano le tue sensazioni e questo si riflette nella performance.
L'evoluzione del linguaggio
Come ha lavorato sul linguaggio? Perché anche in questo senso nel film si passa ad un altro livello.
Ne L'alba del pianeta delle scimmie, Cesare pronunciava solo quattro parole: quello che volevamo fare era di non arrivare subito al punto in cui le scimmie parlano correntemente, ma volevamo trovare un modo per descrivere il processo logico attraverso il quale ci arriveranno. C'è stata un preparazione lunghissima, abbiamo effettuato un vero e proprio Ape Camp dove, partendo da uno studio scientifico approfondito, con tutti gli attori abbiamo pian piano improvvisato una vera e propria colonia scimmiesca come quella del film, dove ogni specie di scimmia sviluppava il proprio modo di comunicare e la propria vocalità.
Cesare conosceva il linguaggio dei segni perché gli era stato insegnato, e noi abbiamo accuratamente tradotto lo script letteralmente nell'American Sign Language originale, quello che usa non è una derivazione scimmiesca. Su questo abbiamo combinato una serie di espressioni facciali e gestuali, che infine hanno portato all'uso di qualche parola nel linguaggio umano. L'idea era comunque che in questa fase le scimmie non sono evolute ancora al punto di poter parlare, la conformazione di un particolare osso nella gola lo impedisce: le parole che pronunciano sono espressione di una emozione o un sentimento forte che stanno provando che si trasforma col fiato attraverso la gola. Per rendere questa sensazione al meglio usavo una specie di museruola che impediva alla lingua di poggiare sul retro dei denti e quindi di articolare i suoni: ogni parola era una conquista, abbiamo cercato di testimoniare il modo in cui si evolve un linguaggio. Da questo punta di vista è stato un viaggio davvero incredibile, reso ancora più difficile dal fatto che Cesare nel film sviluppa un intelletto che lo porta e fare delle riflessioni filosofiche anche molto profonde e quindi ancora più difficili da esprimere in termini di linguaggio.
Un film politico
Quindi un blockbuster fatto col cervello, dove si parla di tante cose: evoluzione, fiducia, guerra...
...Empatia, pregiudizio...
...natura e diritti umani. E per lei personalmente? Di che cosa parla soprattutto questo film?
Penso che possa parlare ad ognuno di tante cose, intanto in base alla parte del mondo in cui vive o è cresciuto. E' un film che parla di empatia e di come la violenza genera violenza; parla di natura umana, perché le scimmie siamo noi, sono una grande metafora per descrivere gli uomini. Personalmente, io penso che sia un film soprattutto sulla famiglia, e su quelli che sei disposto a fare per preservare la tua famiglia anche a discapito della famiglia di qualcun altro. Ovunque nel mondo dove ci sono guerre, cambi di regime e guerre civili, le decisioni prese hanno sempre dei retroscena fatti di vittime innocenti, madri, figli e famiglie, che non sono mai in primo piano. In definitiva l'empatia è il vero tema del film, da cui nasce la necessità di trovare soluzioni pacifiche a qualsiasi tipo di conflitto.
Quindi pensa che in un certo senso questo possa essere anche un film politico, specialmente in questo momento storico con quello che sta avvenendo in Medio Oriente?
Assolutamente sì, ma senza essere necessariamente specifici riguardo alla geografia o alla cultura di un popolo in particolare: l'intenzione era quella già per l'originale nel 1968 quando si parlava di diritti civili, la metafora delle scimmie aveva lo scopo di farci riflettere su noi stessi, sulle decisioni che dobbiamo prendere come specie dominante nel mondo e spesso non sono quelle giuste.
E Cesare quindi è una sorta di politico...
Lo è davvero, ma non somiglia al genere a cui siamo abituati. Lui è un leader egalitario, la società che ha creato si basa sul contributo e sul valore di ognuno dei suoi membri: questa è per lui la definizione di una società che funziona. Ascolta le opinioni di tutti e cerca di incorporarle nella cultura che sta creando: questo potrebbe essere interpretato come un segno di debolezza, ma lui è piuttosto una creatura empatica ed il suo conflitto interiore nasce proprio dalla sua empatia per la razza umana di cui si sente parte. Ma è proprio questa empatia che lo rende saggio oltre che complesso, nella sua volontà di evitare lo scontro: il suo limite in questo caso è pensare che le scimmie siano migliori degli uomini, l'esclation che porta alla guerra nasce dal suo volersi fidare della natura di Koba.
E se dovesse trovare un vero uomo politico come riferimento per Cesare?
Ci sono personaggi che hai in mente o a cui pensi come termini di paragone quando reciti, e io mentre interpretavo Cesare ho pensato molto a Nelson Mandela. Perché vivendo in un regime di oppressione ha riunito insieme un gruppo di persone disperate, ha riunito in modo pacifico una nazione profondamente divisa.
L'attore 2.0
Nel film la tecnologia è decisamente asservita alla storia. C'è un film recente chiamato The Congress che prospetta un futuro in cui gli attori verranno completamente scannerizzati e diverranno dei file di proprietà degli studios che utilizzeranno la loro immagine a loro piacimento. Lei lo hai visto?
No, non ancora, ma tutti mi parlano di questo film!
Lo credo, perché lei è Andy Serkis, ed è il pioniere della performance capture. Certo questo scenario è un po' estremo, ma qual'è la sua opinione sulla proprietà intellettuale?
Questo è molto interessante in effetti. Il mio corpo e la mia faccia sono stati scannerizzati migliaia di volte, la Weta Digital con la quale ho lavorato negli ultimi 14 anni conosce ogni singola espressione della mia faccia, ogni volta che inarco un sopracciglio sanno qual'è l'emozione che sto provando, potrei pensare che riescano a fare il prossimo film de Il Pianeta delle Scimmie anche senza di me... Ma in realtà no, non potrebbero!
Una volta che prendi possesso mentalmente del ruolo puoi essere qualunque cosa, un gorilla di due metri e mezzo o uno hobbit alto tre piedi
Ma quando recita con questa tecnica ha veramente la sensazione di non avere più nessun limite? O comunque che le potenzialità siano molto più estese di quando recita in live action?
In realtà sì. Perché filosoficamente quello che la performance capture fa per un attore è dargli una specie di costume magico con il quale puoi essere qualunque cosa, non importa se sei uomo, donna, bianco, nero o cinese: una volta che prendi possesso mentalmente del ruolo e lo reciti puoi essere qualunque cosa, un gorilla di due metri e mezzo o un hobbit alto tre piedi. Dal questo punto di vista per me è uno strumento eccezionale e abbatte ogni limite. Oltretutto, il linguaggio che parla la gente al momento e quello del blockbuster movie, e questi personaggi creati con questa tecnica usata in questi film hanno l'opportunità di rivolgersi a un'audience molto vasta e dire qualcosa di importante alla gente. Adoro recitare in piccoli film indipendenti a basso budget e dai contenuti intimisti, ma sono film che spesso non hanno mercato e non vengono visti da nessuno.
E se potesse interpretare con questa tecnica un grande personaggio del cinema o della letteratura del passato chi sceglierebbe?
Ho sempre pensato che un ruolo che vorrei fare sarebbe quello di Quasimodo ne Il Gobbo di Notre Dame. Penso che sarebbe incredibile interpretarlo, la sua caratterizzazione sarebbe una vera sfida, poche righe di dialogo, tutte le emozioni espresse attraverso il linguaggio del corpo. Sarebbe perfetto per questa tecnica.
Progetti futuri
E il suo prossimo progetto?
Passare alla regia. Al momento sto lavorando a Il libro della giungla di Rudyard Kipling. L'idea è quella di tornare alla storia originale, lo script ha un taglio molto dark. Siamo in fase di casting e stiamo sviluppando la metodologia con cui creeremo i personaggi, usando una combinazione di performance capture e recitazione live action. Non so ancora se io reciterò oltre a dirigere, stiamo decidendo.
E le voci su La fattoria degli animali da George Orwell?
Ci stiamo lavorando da un anno e mezzo, sarà il primo progetto che realizzeremo con The Imaginarium, il performance capture studio che ho aperto a Londra, creato specificatamente per sviluppare questo tipo di tecnica, ma pensato anche come laboratorio creativo per scrittori, sceneggiatori, registi, artisti del digitale, per ritrovarsi e creare insieme personaggi digitali per film, videogames o programmi televisivi.
E poi c'è anche Star Wars....?
Naturalmente! Coraggio, cosa vuoi che ti racconti... (ride, ndr). No, ovviamente di quello non posso rivelare nulla.
Beh, di sicuro comincerà con "Tanto tempo fa in una galassia lontana lontana...".
Esatto, inizia proprio così, questo lo posso dire!