Recensione Lonesome Jim (2005)

Non c'è molto da dire su questo film: non è ironico, non è nemmeno graffiante, non è divertente.

Apatici di tutto il mondo unitevi

Lonesome Jim è stato presentato al Festival di Locarno 2005 nell'ambito della sezione "Cineasti del presente". Jim (Casey Affleck) è un ventisettenne con l'aspirazione di diventare scrittore. Nel frattempo si arrangia come può facendo il dog-sitter e il cameriere in un fast-food. Un giorno decide, in preda alla sua cronica insoddisfazione, di lasciare New York per tornare a casa, da una madre sempre fastidiosamente sorridente, un padre più cinico di lui e un fratello, allenatore di una squadra di basket di bambine rigorosamente perdente, che ha tentato più volte il suicidio. Una storia deprimente su una famiglia deprimente, per farla breve.

Non c'è molto da dire su questo film: non è ironico, non è nemmeno graffiante, non è divertente. La comicità, se così si può definire, che usa è alquanto dozzinale e a volte perfino demenziale. Steve Buscemi vorrebbe imitare i Coen, ma non ne possiede l'ironia un po' surreale che almeno li caratterizza. E francamente Jim è anche un personaggio alquanto antipatico: cinico all'inverosimile, egoista, insofferente, apatico. Non bastano certo i due minuti finali a riscattare tutti i suoi difetti. Per quanto riguarda il personaggio di Anika (Liv Tyler), un'infermiera con manie da crocerossina anche nella vita privata, la cosa si fa ancora più triste: una ragazza che vuole scrivere un libro senza averne mai letto uno in vita sua. Chissà che Buscemi non vi si rispecchi un po': lui l'avrà mai visto un film?

Forse nelle intenzioni del regista questa doveva essere una storia ironica sul passaggio alla maturità e a un modo più positivo di vivere: peccato che la scelta finale di Jim sia molto triste, pure quella, e condita con un bel po' di buonismo. E del resto i personaggi non hanno sogni, desideri, ambizioni, è normale che non vadano da nessuna parte.
La fotografia è piena di errori: gli attori sono illuminati in maniera diversa nei momenti di dialogo, quando la luce dovrebbe essere della stessa intensità e dello stesso colore per entrambi.
Peccato che Buscemi abbia deciso di fare il regista, perché come attore non era così male, se non altro aveva la faccia, che da dietro la macchina da presa non lo aiuta.