Anemone, recensione: l'absolute di Daniel Day-Lewis per un denso film anti guerra

Ronan Day-Lewis, figlio d'arte, debutta alla regia con un dramma concettuale, a volte troppo visionario, ma comunque potente e universale. Al cinema dal 6 novembre.

Una scena di Anemone

Anemone, film d'esordio di Ronan Day-Lewis, non è solo il ritorno in scena di uno dei più grandi attori di sempre, ma è anche un'opera densissima sul concetto di famiglia. In mezzo, però, molto altro. Un concetto legato infatti al trauma e alla redenzione, in grado di amalgamare il materiale umano di grande impatto narrativo, al netto del più classico approccio di un debuttante segnato dalla voglia di fare e, forse, strafare. Dettagli, se poi Anemone, passato in anteprima al New York Film Festival, porta (o riporta) in scena - letteralmente, quasi fossimo a teatro - Daniel Day-Lewis, che firma la sceneggiatura insieme al figlio. Nemmeno a dirlo, una prova feroce e folgorante, a otto anni da Il filo nascosto.

Anemone: un dramma famigliare con un grande Daniel Day-Lewis

Anemone Daniel Day Lewis
Daniel Day-Lewis in Anemone

Quello di Ronan è, comunque, un dramma quasi concettuale, a volte spiritico, a volte visionario nell'osservazione sicura e potente di un uomo divenuto relitto, schiacciato dal peso delle proprie scelte. Un peso consumato dalla rabbia e dall'ossessione. Il protagonista è Ray (Day-Lewis), ex paramilitare che vive ormai da eremita in una casupola dispersa tra i boschi dello Yorkshire. Si è imposto una sorta di esilio, dopo un trauma risalente a vent'anni prima. Tuttavia, le cose però cambiano quando il fratello Jem (Sean Bean), che intanto si è sposato con Nessa (Samantha Morton), ex compagna di Ray, lo va a trovare per chiedergli di tornare da suo figlio Brian (Samuel Bottomley), anch'esso consumato da una sommessa rabbia.

Sguardi e parole

Daniel Day Lewis Anemone Trailer
Un primo piano dell'attre

Sarebbe banale raccontare Anemone solo dalla prospettiva di Daniel Day-Lewis, ma d'altra parte è innegabile quanto il talento dell'attore catalizzi l'attenzione, impossessandosi della scena (duettando con un altro fuoriclasse come Sean Bean). La riempie, la plasma, la occupa secondo un criterio cinematografico libero da ogni sovrastruttura, trascrivendo - attraverso gli sguardi e attraverso le parole - lo stato psichico e fisico di un uomo distrutto. Istinto, tecnica, natura. Tra la razionalità e l'irrazionalità: l'attore inglese è categoria a parte. Perché è chiaro, il film di Ronan Day-Lewis non sarebbe stato lo stesso senza l'apporto emotivo (e produttivo) del padre (e pure l'attenzione sarebbe stata minore), al centro tra l'altro di due monologhi impetuosi e macabri. Nemmeno a dirlo, il cuore del film.

Un metro estetico già riconoscibile

Potremmo però citare anche l'ottima colonna sonora di Bobby Krlic, dalle note estreme, quasi spigolose, la plumbea fotografia di Ben Fordesman, o gli afflati surreali e metaforici inseriti dal regista, interessanti ma probabilmente fin troppo costruiti secondo un metro estetico che sembra voler dimostrare più che mostrare, uscendo fuori dal testo e dal contesto per diventare - a tratti - una sorta di vetrina in cui mostrare le talentuose scintille registiche.

Anemone Daniel Day Lewis Sean Bean Scena
Daniel Day-Lewis e Sean Bean in scena

Nel profondo, però, Anemone porta avanti il discorso sulla famiglia e sul passato. Miscelandole, scorticandone i profili per creare un unico blocco in cui tutto è sovrapposto. Riflette con decisione sul trauma come rifugio e scudo, masticando i rimorsi che appaiono e scompaiono come i fantasmi; discorsi legati da un dramma totale, che si appoggia sulle confessioni e sul dolore, codificando i graffi e la dolcezza attraverso la ricerca dell'allegoria, che sia solo suggerita o direttamente mostrata. Come una potente grandinata capace di riportare la quiete, ad anticipare un finale più luminoso e carico di commozione.

Conclusioni

Denso, oscuro, ma carico di vita e verità. Ronan Day-Lewis esordisce alla regia con un film a tratti estremo, quasi teatrale, eppure potente e verace, nonostante una ricerca dell'effetto metaforico, quasi surreale. Un film sulla famiglia, sul rimorso, sul perdono e sulla paternità. Soprattutto, un film anti-militarista. Strepitoso Daniel Day-Lewis, ma non è certo una notizia.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • Daniel Day-Lewis è inspiegabile.
  • Il finale.
  • La location e la musica.
  • Il tema anti-militarista.

Cosa non va

  • A volte, troppo metaforico.
  • Gli sprazzi visionari non funzionano.