Essere fedeli non significa sempre essere ciechi. Ecco perché, nonostante da queste parti siano sempre state tessute lodi su dei e devoti, questa recensione di American Gods 2x05 la scriviamo con po' di amaro in bocca. A soli quattro episodi dal finale di questa travagliata seconda stagione, abbiamo avuto la sensazione che The Ways of the Dead abbia tergiversato un po' troppo, messo troppi ingredienti nel suo calderone per poi servirci nel piatto una pietanza dal sapore non ben definito. Avremmo preferito un approfondimento più soddisfacente ed esaustivo sul percorso di Shadow, immerso tra le braccia dell'agenzia funebre per neri di Cairo, e invece continuiamo a vagare tra personaggi illustri da incontrare puntata dopo puntata (dopo Argo e il dio Danaro, è il turno del re dei Nani Alviss) e la solita missione di Laura Moon: trovare un rimedio alla sua inesorabile decomposizione.
Insomma, invece di accelerare e ingranare nuove marce, American Gods 2 preferisce girare in tondo, giochicchiare e specchiarsi un po' troppo, ovvero prestare il fianco a tutte le critiche mosse dai suoi detrattori. Per una volta ci uniamo al coro con un pizzico di delusione addosso. Una delusione che nasce dalle enormi potenzialità di una serie tv basata su un romanzo stracolmo di chiavi di lettura, allegorie e soprattutto spietate quanto sincere riflessioni sulla società occidentale contemporanea.
Ed è un peccato che un episodio che sfiora ancora una volta il tema del razzismo americano scelga di gigioneggiare troppo, proprio come fa il suo Mr. Wednesday di cui vorremmo vedere anche altri volti meno compiaciuti e ludici. In questo fedeli, saremo sempre qui a recensire American Gods 2 di settimana in settimana, ma questa volta preghiamo che il prossimo episodio sia meglio di quello di cui vi stiamo per parlare.
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Shadow e Laura: tra morte e vita
Lontani eppure legati. Ancora innamorati nonostante una guerra divina di mezzo, i tradimenti e le delusioni. Shadow e Laura Moon sono due facce della stessa medaglia: un'umanità frastornata, incerta, che non sa in cosa credere e di chi fidarsi. Lui vuole capire perché sia stato scelto da Odino come pedina all'interno di una guerra tra Nuovi e Antichi dei. Lei pronta a fare carte false pur di tornare davvero in vita, smettere di essere uno zombie e poter riabbracciare per davvero suo marito. Così The Ways of Dead decide di metterli sullo stesso piano ma rivolti verso direzioni opposte: Shadow posto dinanzi alla Morte, Laura messa davanti alla prospettiva della Vita.
Come due amanti maledetti, Shadow e Laura capiscono che il rimedio ai loro dubbi è semplice quanto doloroso: la verità. Shadow, in quanto emigrato e nero, abbraccia il fuoco della ribellione di una minoranza da sempre oggetto di odio, pregiudizi e soprusi. Laura, invece, si affida a un sempre poco sobrio Mad Sweeney che la porta al cospetto di due Loa, ovvero spiriti del folklore haitiano (e cubano) che fungono da intermediari tra umano e divino. Qui Laura dovrà fare i conti con se stessa, perché costretta a una spietata sincerità: è davvero amore quello che prova per Shadow? La monogamia è una grande menzogna in cui gli umani fanno finta di credere? Difficile sondare il cuore di una donna così enigmatica, ma siamo certi che il rapporto tra lei e Shadow Moon sta per essere ridefinito e stravolto. E non sarà certo per colpa di una guerra.
Memento mori: guardare in faccia l'odio
C'è una cosa che ci mancava di American Gods: le sue abituali digressioni. Sin dalla prima stagione, la serie basata sul romanzo di Neil Gaiman ci ha abituato a grandi prologhi che affondavano le loro radici nel passato dell'umanità. Leggende e miti si intrecciavano in vecchi racconti ammalianti, messi in scena sempre con grande cura estetica. In maniera meno spettacolare del solito (anche perché il tema non lo richiedeva affatto) anche The Ways of the Dead torna a sporcarsi le mani con una vecchia storia, più precisamente quella di Will James, afroamericano abitante di un'ottusa e gretta Cario di fine Ottocento in odore di western. Colpevole di aver messo i suoi occhi su una giovane donna bianca poi ritrovata morta, James fu umiliato e linciato pubblicamente. Una storia tremenda che ai nostri occhi diventa subito "banale", già sentita. Il vero orrore è qui, nell'assuefazione, nell'abitudine. Puntando il dito contro la normalizzazione dell'intolleranza, American Gods ci sbatte in faccia la storia di un uomo pieno di rancore nei confronti della sua gente. Tornato a maledire la sua razza (tra cui anche Shadow), James ce l'ha con i neri che fanno finta di non vedere, che accettano, subiscono, si sentono persino colpevoli di indossare quella pelle. Non a caso riapparso sotto forma di "fiammifero", James infiamma lo sguardo di un Moon di colpo più risoluto e sicuro di sé, finalmente non spaesato come al solito. A lui il compito di rimettere American Gods sulla retta via dopo questa spiacevole deviazione dove la serie ha ingranato solo la retromarcia.
Conclusioni
Forse è la prima volta che siamo costretti a essere severi. Infatti, in questa recensione di American Gods 2x05 scorre un pizzico di delusione per un episodio che vale come una battuta d'arresto in una seconda stagione finora assai soddisfacente. Giunti a quattro episodi dalla fine, ci saremmo aspettati una narrazione più pregnante, e invece la serie ha tergiversato troppo attraverso linee narrative troppo secondarie e ripetitive, girando attorno a temi e questioni che ormai iniziano a stancare. Ora che la questione razziale è al centro dello show, occorrerebbe più dramma e non i soliti giochetti goliardici. Ci sono ancora tre episodi per rimettersi in marcia dentro questo affascinante viaggio on the road nei paradossi umani.
Perché ci piace
- Il ritorno in scena di racconti antichi.
- La cura sempre maniacale dell'estetica...
Cosa non va
- ...che in questo caso è troppo fine a se stessa.
- Alcune dinamiche iniziano a diventare prevedibili e ripetitive.
- Vorremmo vedere Odino in una veste diversa dalla solita.