Alita - Angelo della battaglia, la recensione: un action all'avanguardia dagli occhi (e il cuore) grande

Alita: Angelo della battaglia, la recensione del film di Robert Rodriguez, tanto sognato da James Cameron, tratto dall'omonimo manga giapponese di culto.

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Alita - Angelo della battaglia: Rosa Salazar durante una scena del film

Da appassionati del cinema di James Cameron fa un certo effetto scrivere questa recensione di Alita: Angelo della battaglia senza per questo poter parlare ufficialmente di un nuovo lavoro del regista di Titanic e Terminator. Per chi non lo sapesse, Alita è un manga di Yukito Kishiro datato 1990 e diventato da allora un vero e proprio cult, ma anche uno dei (tanti) progetti dei sogni di Cameron, che ne comprò i diritti di adattamento oltre 20 anni fa e realizzò la sua serie TV Dark Angel quasi come banco di prova per quello che sarebbe dovuto essere il suo film.

Abbiamo aspettato anni - ma quando si tratta di Cameron le lunghe attese sono praticamente la norma - ed oggi 14 febbraio 2019, giorno che segna l'uscita del film in quasi tutto il mondo, possiamo finalmente vedere Alita - Angelo della battaglia in live action, sul grande schermo. Ed è un gran bel vedere, anche se dietro la macchina da presa non c'è direttamente lui, ma Robert Rodriguez: non esattamente la stessa cosa, soprattutto quando si ha a che fare con progetti imponenti come questo, ricchi di performance capture e tecnologie all'avanguardia. Ma, almeno per quanto riguarda l'aspetto visivo e spettacolare del film, è evidente che Rodriguez abbia fatto propri gli insegnamenti di Cameron e del produttore Jon Landau, ereditando tecniche e segreti di quella meraviglia visionaria che era Avatar già 10 anni fa.

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Una trama più action che sci-fi

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Alita - Angelo della battaglia: Rosa Salazar in un momento del film

Se invece la trama di Alita: Angelo della battaglia vi sembrerà tutt'altro che rivoluzionaria, è perché sia il manga che l'anime hanno fatto scuola qualche decennio fa, influenzando in maniera decisiva tante produzioni successive: la protagonista del film è una giovane cyborg che ha perduto la memoria e il cui cervello e cuore vengono ritrovati da un cyberdottore, Dyson Ido, all'interno di una enorme città discarica che si trova al di sotto di Salem, una metropoli sospesa tra le nubi completamente inaccessibile da coloro che vivono sulla terraferma. Il dottore dona a questa ragazza sia il nome, Alita, che il corpo meccanico che erano una volta della figlia, e la cyborg comincia così il suo viaggio in questo universo immaginifico che anche noi spettatori viviamo attraverso il suo sguardo quasi alieno.

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Alita - Angelo della battaglia: Rosa Salazar è Alita, in una scena di lotta

Sulla sua strada troverà fin da subito tanti nemici e tanti ostacoli, ma anche l'amore per il giovane fuorilegge Yugo; tra un combattimento e una partita al violentissimo Motorball, Alita cercherà di saperne di più sulla sua vita passata e del perché in tanti sembrino essere così interessati a lei e a quel che rappresenta. Se però l'opera originale di Kishiro era anche e soprattutto una riflessione filosofica sul valore della vita (umana e non) e su un futuro condannato sempre più a fare i conti con la tecnologia e il progresso, il film di Rodriguez è costretto, sicuramente anche per questioni di minutaggio, a limitare certe digressioni tipiche del genere fantascientifico e a spingere di più sul pedale dell'azione pura. Ed è proprio nelle tante sequenze action che il film dà il suo meglio, con combattimenti perfettamente coreografati ed una messa in scena sì spettacolare, ma pulita e chiara anche nei momenti più concitati.

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Cast da Oscar ed effetti speciali... da Avatar

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Alita - Angelo della battaglia: Keean Johnson e Rosa Salazar in una scena

Ma che il film avrebbe molto di più da dire, ce lo dicono gli occhi di Alita, enormi e da fumetto: un prodigio di tecnologia, realistici e magici al tempo stesso, ricchi di fascino e profondità. Sono occhi che sprizzano curiosità e desiderio e nascondono molti segreti: quelli di un passato tragico e apparentemente inaccessibile, ma anche quelli legati ad abilità sovrumane che la rendono un "angelo da battaglia" letale e, all'occorrenza, anche spietato. Un contrasto tra fragilità e forza reso perfettamente grazie alle meraviglie tecnologiche della Weta - azienda che ancora una volta si dimostra un passo avanti rispetto alla concorrenza, soprattutto quando si parla di performance capture - ma anche all'interpretazione "nascosta" di Rosa Salazar: esattamente come era stato per Zoe Saldana e Avatar, anche la giovane attrice di origini peruviane mette tutta se stessa in un corpo alieno e meccanico, riuscendo così a far emergere tutta la propria umanità.

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Alita - Angelo della battaglia: Rosa Salazar una scena drammatica del film

Se quello di Alita è un personaggio bellissimo e a cui è impossibile non affezionarsi fin da subito, non si può dire lo stesso per tutti gli altri. In questo caso però il demerito non è certo del cast, di altissimo livello, ma della sceneggiatura che sceglie di tratteggiarli spesso in modo approssimativo. Christoph Waltz, Jennifer Connelly e Mahershala Ali sono tre attori pluripremiati (a cui si aggiunge anche un'altra superstar non accreditata di cui non vogliamo rovinarvi la sorpresa), ma soltanto il primo ha effettivamente un ruolo all'altezza del suo nome e della sua carriera. Un difetto piuttosto grave che, insieme al mancato approfondimento di temi importanti, pesa sul risultato finale e impedisce al film di Rodriguez di diventare un classico alla stregua di Avatar.

Quanti sequel per Alita?

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Alita - Angelo della battaglia: Jennifer Connelly e Mahershala Ali in una scena

E non è un caso se continuiamo a citare il film di Cameron, perché è evidente che il destino di questo Alita - Angelo della battaglia sia stato per troppo tempo legato a doppio filo al campione d'incassi del 2009 e continua ad esserlo ancora oggi: non solo Cameron non ha potuto dirigere personalmente questo film perché impegnato alla lavorazione dei tanti sequel del suo film, ma è evidente che laddove Avatar era stato pensato e realizzato per essere un film a sé stante, questo Alita è solo una prima parte di un progetto più grande. Quella che, se ci trovassimo davanti ad un film di supereroi qualsiasi, definiremmo una origin story. Alita ha esattamente i difetti tipici de "primi film" di una saga, ma al tempo stesso ha anche il grande merito di lasciarti desideroso di più, molto di più: di uno o più sequel, di nuove storie e nuovi personaggi, di approfondire un nuovo universo cinematografico affascinante ma per il momento appena abbozzato. Per Avatar un sequel non era veramente necessario eppure lo aspettiamo da 10 anni, Alita 2 è invece a questo punto quasi dovuto. Ma quanto dovremo aspettare?

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Movieplayer.it

3.5/5