Alina Marazzi presenta Vogliamo anche le rose

La regista del piccolo gioiello Un'ora sola ti vorrei presenta a Roma il suo nuovo lavoro, dedicato alla storia dell'affermazione femminile.

Vent'anni di liberazione sessuale nel periodo delle grandi rivoluzioni del femminismo che portarono a quelle importanti conquiste che oggi vengono messe in discussione da chi non riesce a capire fino in fondo l'universo femminile: con Vogliamo anche le rose, delizioso documentario passato con successo ai festival di Locarno e Torino, Alina Marazzi riesce a cogliere l'urgenza delle donne di affermare sé stesse e lo fa riportando a galla le parole, mai così attuali, di chi, quarant'anni fa, ha combattuto, nel proprio privato o nel fermento della piazza, per far sentire la propria voce. Caratterizzato da un montaggio sbalorditivo che esalta al meglio il materiale d'archivio recuperato dalla Marazzi per questo suo "come eravamo", Vogliamo anche le rose uscirà nelle sale il 7 marzo, sarà distribuito in home video a maggio e avrà il suo primo passaggio in autunno sul canale Cult di Sky. La regista Alina Marazzi lo ha presentato alla stampa romana alla Casa del cinema di Roma.

Alina Marazzi, perché un altro film sulle donne, dopo i suoi precedenti Un'ora sola ti vorrei e Per sempre?

Alina Marazzi: Tutto nasce dall'osservazione del mio presente. Rivisitare la storia di quegli anni parte dall'esigenza di capire delle cose dell'oggi. Io sono del '64 e nel periodo che racconto nel film ero piccola, ma ho fatto in tempo a iscrivermi al liceo alla fine degli anni Settanta, così alcune atmosfere me le ricordo. Sentivo l'esigenza di realizzare questo film perché volevo capire in che modo vivo le mie relazioni oggi, da dove vengono certi miei comportamenti. Mi interessa lavorare sui materiali d'archivio, cercare le tracce, gli indizi con cui mettere insieme la storia, per capire come sono andate le cose. Nel film parlo soprattutto di tre storie private, grazie ai tre diari di altrettante donne, ma la cosa stupefacente di quegli anni è che a un certo punto si scoprì che le esigenze personali, individuali erano in realtà collettive, quindi sociali e politiche.

Qual è stato il criterio che ha seguito nella scelta del materiale da utilizzare e dei temi da trattare nella realizzazione del film?

Ho iniziato il lavoro di ricerca in maniera aperta. Il tema che volevo affrontare era quello della liberazione sessuale in Italia. Inizialmente si voleva parlare di un arco di tempo più lungo che arrivasse fino ad oggi, ma c'era una vastità di argomenti e di materiale di repertorio che andava contenuta. I materiali mi suggerivano delle cose, e ho fatto subito la ricerca dei testi. Sono emersi dall'Archivio di Pieve Santo Stefano questi tre diari che erano perfetti per quello che volevo dire. E' un film costruito al montaggio e le scelte narrative sono state fatte con Ilaria Fraioli, con la quale condivido un percorso che parte da Un'ora sola ti vorrei. Mi interessavano gli interni, le scritture autobiografiche, mettere in relazione il collettivo con il soggettivo. Sono state fatte delle scelte a monte, perché ci trovavamo di fronte alla possibilità di scegliere tra il raccontare la storia dell'emancipazione della donna o porre invece l'accento sul percorso della liberazione sessuale, con le tematiche del corpo e del sesso in primo piano. Abbiamo scelto questa seconda strada, tralasciando riferimenti e avvenimenti storici importanti come la strage di Piazza Fontana o il rapimento Moro, e mi sono permessa perciò di raccontare un aspetto della storia privilegiando gli interni, gli aspetti intimi di storie private.

Nelle ricerche per il film c'è qualcosa che l'ha sorpresa particolarmente di quegli anni che racconta?

Mentre facevo ricerca mi colpiva molto la lucidità e la consapevolezza che le persone sembravano avere quando interrogate su questi temi, e l'urgenza e la voglia di dire queste cose. C'era desiderio di migliorare la qualità delle relazioni interpersonali.

Cosa si è perso oggi rispetto alle battaglie del femminismo?

Credo si sia persa un'abitudine al dialogo e alla discussione. Oggi si tende a rimanere ognuno chiuso nelle proprie emergenze quotidiane. Si è persa una passione rispetto a un sentire comune, la passione per la poltica.

Oggi c'è solo nostalgia?

Per me Vogliamo anche le rose non è un film nostalgico, forse lo può essere per chi ha vissuto quegli anni e ci si riconosce. Ho fatto due proiezioni in due diversi licei, non sapevo cosa aspettarmi e sono stata colpita dal fatto che questi temi rappresentano delle urgenze anche per i ragazzi, che vogliono conoscere la storia ed ascoltarla dalle esperienze di chi l'ha fatta. Sono ottimista riguardo a un possibile dialogo coi ventenni, ma soprattutto con le donne immigrate che sono un po' come le nostre donne di cinquanta anni fa.

Quanto ci è voluto per realizzare il film?

Abbiamo impiegato due anni, uno dei quali in ricerche e riflessioni, e poi ci siamo concentrati sul montaggio, ma tenendo la ricerca sempre aperta. Abbiamo passato cinque mesi al montaggio e poi c'è stato il lavoro sulla musica, sulle voci e su tutto il resto.

Come commenta lei la situazione attuale in Italia in merito ai temi etici di cui tanto si discute in campagna elettorale?

Penso che sia paradossale, un tentativo strumentale di porre in discussione la 194, la legge sull'aborto, che dovrebbe sicuramente essere aggiornata alla luce del cambiamento della società, ma le questioni importanti oggi sono altre. Si vuole dividere la società in buoni e cattivi, mentre ci si dovrebbe occupare seriamente di temi importanti come la fecondazione assistita e le coppie di fatto.