Con tre regie all'attivo, Border, Profeti e l'acclamato Sulla mia pelle sul caso Cucchi, Alessio Cremonini ha denunciato la sua propensione verso un cinema d'impegno civile, rigoroso nella forma e profondo nei contenuti. Un cinema non facile, che l'ha costretto spesso a lottare per trovare i finanziamenti necessari come ammette lui stesso: "Sulla mia pelle è stato un grande successo eppure per realizzare l'opera successiva, Profeti, ci sono voluti cinque anni. Potrebbero volercene altri cinque o più per vedere un altro mio film".
Mentre prova a concretizzare i nuovi progetti cinematografici, Cremonini ha pubblicato un romanzo per Einaudi, Ora dormono, ispirato alla storia della sua famiglia, e si è preso una pausa dal lavoro per partecipare alla giuria del concorso lungometraggi del Lucca Film Festival 2023, esperienza a cui si accosta "da spettatore, che è il mestiere più bello. Non potrei mai giudicare i miei colleghi. Sono uno spettatore onnivoro, perciò non cercherò similitudini col mio cinema. Spero solo che quando emetteremo il verdetto non ci odino troppo".
L'"ossessione" per il Medioriente
Prima di diventare regista a sua volta, Alessio Cremonini ha firmato la sceneggiatura dell'esordio alla regia di Saverio Costanzo, Private, dedicato al conflitto israelo-palestinse. Quel film ha provocato in lui la nascita di un interesse ossessivo nei confronti del Medio Oriente e dei suoi conflitti. Border, il suo primo film, racconta la storia di due sorelle siriane costrette ad affrontare le conseguenze della diserzione del marito di una delle due, che ha scelto di unirsi all'esercito di liberazione. Lo scorso anno è stata la volta di Profeti, che vede Jasmine Trinca nei panni di una giornalista ostaggio dell'ISIS: "Private ha fatto nascere in me la passione per il melting pot mediorientale. Border l'ho autoprodotto con Francesco Melzi d'Eril, ci hanno lavorato quasi solo studenti. Non è uscito in Italia, ma è andato a Toronto".
Dopo Profeti, Cremonini assicura di aver esaurito il filone, anche perché "non è facile parlare di questi temi in Europa, soprattutto in un paese come il nostro che quasi non ha politica estera. Un tempo avevamo la capacità di fare da ponte tra Oriente e Occidente, ma oggi le condizioni sociopolitiche sono mutate e il dialogo si è affievolito". Altrettanto difficile è stato realizzare un film come Sulla mia pelle che ricostruisce gli ultimi giorni di vista di Stefano Cucchi, dal momento dell'arresto alla morte nel reparto detenuti dell'Ospedale Sandro Pertini. "Prima di tutto il cinema è cinema" chiarisce il regista. "È fatto di inquadrature, scelte stilistiche, non solo di contenuto. Nel caso di Sulla mia pelle, però, volevo incidere sulla battaglia legale e visti i tempi lunghi del mezzo ho cercato di anticiparmi. Ho cercato di visualizzare la storia per denunciare ciò che è successo a Stefano e informare la pubblica opinione. Sono i cittadini che decidono".
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Il lavoro con l'attore
Sulla mia pelle ruota attorno all'incredibile prova d'attore di Alessandro Borghi nei panni di Stefano Cucchi, con tanto di radicale trasformazione fisica. Di spessore anche la Jasmine Trinca di Profeti, chiamata tra l'altro a recitare in un'altra lingua. Parlando del suo rapporto con gli attori, Cremonini usa un'interessante metafora per spiegare il suo metodo: "La regia è come una finestra che illumina una stanza. La stanza è il film. Io amo i registi trasparenti, che non compaiono, anche se è difficilissimo. C'è chi ama il cinema muscolare, le belle inquadrature, ma io preferisco far passare tutta la luce, fare un passo indietro. Ci vuole umiltà, ma credo che questo sia il modo migliore per mettere a suo agio un attore. Gli attori sono creature meravigliose, non credo che vadano torturati".
La maggior parte dei personaggio nati dalla penna di Alessio Cremonini sono donne e anche nel caso Cucchi ha un ruolo centrale la sorella di Stefano, interpretata nel film ancora una volta da Jasmine Trinca. "Sono nato in una famiglia di donne" ammette il regista. "Le mie amiche più intime sono donne, ho un rapporto speciale con le donne. Si tratta di una maggioranza trattata da minoranza e mi viene spontaneo aderire alle loro ragioni. Nel nostro paese si verificano 150 femminicidi l'anno e questa è la punta dell'iceberg di un fenomeno che ancora non trova soluzione".
"La commedia? La fanno già in tanti, non serve che mi getti nella mischia"
Lo sguardo di Alessio Cremonini si espande poi sulla situazione del cinema italiano, anch'esso conseguenza dei limiti di una situazione italiana in cui la cultura non ha un ruolo centrale "come, ad esempio, in Francia. Quante volte va al cinema un francese? Quanti libri legge l'anno?" si chiede il cineasta. La cultura non può essere imposta. L'emorragia di pubblico è solo un aspetto del fenomeno. Il cinema non è questione di grandezze, è una crisi di coraggio". Secondo Cremonini la ricetta sarebbe raccontare storie importanti e curare le confezioni, in modo da avere "storie belle e coraggiose". A livello personale, il regista nega, però, l'intenzione di cambiare genere. "La commedia la fanno già in tanti e qualcuno molto bene" specifica. "Non serve che mi getti nella mischia. Io preferisco proseguire quello che ho fatto finora e mentre aspetto di trovare i finanziamenti scrivo libri".