"Sì, entrare nelle tv del grande pubblico è qualcosa di potente". Non ci gira intorno Alessandro Carbonara, partito dalla Puglia e trasferitosi a Roma, facendo poi tappa a New York, dove approfondisce il metodo alla Susan Batson Studio. "Il metodo è tutto", ci racconta l'attore, al telefono, in una lunga chiacchierata. Sì, lunga e corposa, perché Alessandro Carbonara, che ha iniziato a teatro, passando poi in tv e al cinema, di cose da dire ne ha, eccome. Sinonimo di talento e di intelligenza. Sintomo di applicazione, di profondità e di pensiero. Con lui, abbiamo parlato de Il metodo Fenoglio, serie Rai 1, dove interpreta Grandolfo, uno dei membri della squadra capitanata da Alessio Boni. Un personaggio sfumato, umoristico, idealista, legato alla giustizia. "Ma la giustizia, oggi, è fragile", confida l'attore.
Con Alessandro Carbonara abbiamo anche parlato dello stato dell'arte del cinema e della serialità - ha preso parte ad una delle serie più importanti degli ultimi anni, I May Destroy You della HBO -, confrontandoci poi sugli anni Novanta. "Che anni leggeri, che erano", racconta l'attore, e confrontandoci poi sul valore della musica, lui che è frontman di un gruppo che suona Fred Buscaglione, che conferma una nostra impressione: "I locali che suonano musica live sono ormai pochi... c'è poco spazio per le band".
Alessandro Carbonara: la nostra intervista
Il Metodo Fenoglio, come ogni serie Rai, arriva ad un pubblico davvero ampio. Come vivi questo presupposto?
Sì, ne sei consapevole quando giri un prodotto che arriverà sulla tv nazionale, e sai che è il mezzo più veloce. Soprattutto quando giri per Rai 1, e hai consapevolezza che la gente la guarderà. Unico dubbio, piacerà o non piacerà? Poi dipende anche dal protagonista, e qui c'è Alessio Boni, che diciamo è un master in questo senso.
Ma come mai il pubblico è così ossessionato dalle storie noir o thriller?
È una domanda che mi sono fatto anche io... la gente ama il poliziesco, segue le trame intricate. Insieme alle love story, e quindi il romanticismo, il pubblico ricerca situazioni in cui prova a capire come va a finire un fatto. Penso a Chi l'ha visto?, un programma seguitissimo. E c'è anche la curiosità insita nell'uomo che vuole sapere di più. Poi, il nostro paese è anche un po' bigotto, e vuole ficcare il naso nelle storie degli altri...
Il tuo personaggio è un puro, appassionato, crede nella giustizia. Tu ci credi nella giustizia?
Oggi vorrei credere nella giustizia, perché cerco e cercherò sempre la giustizia nelle cose. Non solo per me, ma anche per gli altri. Ma ora sono sconfortato. Penso al nostro governo, con queste riforme dei colletti bianchi, a Vannacci che dice certe cose...
Si perde fiducia verso coloro che devono tutelarti, ecco. Basta vedere Israele e Hamas, questo massacro mi spacca il cuore. Si fa fatica a credere nella giustizia, ma bisogna lasciare delle aperture, mantenendo un pizzico di ottimismo. Noi però abbiamo il diritto di voto, siamo parte attiva, bisogna capire dove e come viviamo, facendo sì che si possa cambiare, verso qualcosa di più umano.
Fenoglio è ambientato negli anni Novanta, possiamo dire che le serie e il cinema stanno raccontando la fine del Millennio?
Sì, ci stiamo spostando, e ci sono tante serie ambientate negli anni Novanta. Una decade che sento più viva, anche rispetto alla serie. Ho vissuto quei momenti, e ricordo pure l'incendio del Petruzzelli, perché ero a Bari. Ricordo i costumi, le persone sedute sulle panchine del lungomare. C'era più disordine, ma c'era anche più umanità. C'era uno scambio, venivamo da tanti cambiamenti. E a volte ho un po' nostalgia. Adesso è tutta una corsa...
Cinema e serie: da Bellocchio all'HBO...
Hai recitato in Esterno Notte di Bellocchio. Una riflessione: è cinema o serie? Se c'è qualità le etichette si perdono...
Per quanto riguarda Esterno notte, il discorso cinema è legato alla praticità della cosa. È andato a Cannes, e Cannes è cinema. Bellocchio è uno degli ultimi maestri rimasti, e si fa fatica forse a pensare a Bellocchio nella serialità mainstream. Per quanto riguarda la differenza tra le due cose... beh, amo il cinema e sarebbe bello vedere una miniserie ben fatta. Si sosterrebbero anche gli esercenti. Oggi di serie se ne fanno tante. Però sì, forse c'è un intreccio se penso a serie di qualità come The Crown. Poi, c'è anche una questione di prestigio. Bellocchio la gira da cinema, ecco.
Sei anche in I May Destroy You, eccezionale serie HBO arrivata molto tardi in Italia. Ma oggi la golden age della serialità si sta un po' spegnendo?
Sono d'accordo ed HBO è stata la prima a sfornare opere pazzesche. Si sta flettendo perché il mercato è fatto da imprenditori. C'è l'artista che mantiene la poesia, ma la fase principale si piega alle leggi del mercato. Sono attenti alla piattaforma, ai nomi che vendono, ai format. Ci si lancia sulle piattaforme, e c'è tutto di più. Ognuno prova a prendersi la sua fetta, e si mette da parte l'arte per avvicinarsi al mercato. C'è una flessione. Poi se le cose sono di nicchia, c'è il richiamo, se vai nelle grandi catene, trovi le cose fatte per monetizzare e investire. Se cerchi film di qualità vai su MUBI, dove trovi film interessanti. In giro c'è gente che scrive cose belle, ma in Italia ora si sgomita. Se all'orizzonte ci sono anche dei tagli, allora è dura... in fondo tutto è ciclico, è il mercato.
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Il cinema, tra l'altro, sta risorgendo.
Sto vedendo bei film al cinema. C'è ancora domani di Paola Cortellesi per esempio ha avuto una risonanza anche perché la gente va al cinema perché si gode l'esperienza data da un bel film. È positivo abbia portato tanta gente in sala. Conosco persone che si sono incuriosite, e che magari non andavano mai in sala, scegliendo proprio C'è ancora domani. Ecco, è positivo: il film tra l'altro l'ho apprezzato molto, e sono sincero, non pensavo di rimanere così sorpreso. È riuscita a raccontare la sua comicità ma al servizio di un film profondo.
Il metodo americano e Marcello Mastroianni
Hai studiato a New York, ma come vengono visti gli attori o aspiranti attori italiani in America?
Gli americani impazziscono per gli italiani. Poi c'è gap della lingua: se non lo parli bene, risulti maccheronico. Se ci vivi, è un paese difficile. Il livello è alto, e noi italiani non siamo abituati. Sono assidui, si allenano, si preparano. Quando studiavo, dal ragazzino alla signora, avevano un approccio determinato. Lì impari a stare sul pezzo. Qui invece prima andiamo a cena, e poi studiamo. Il che va bene, ma a lavoro si potrebbe fare di più. In Italia non c'è ancora una grande scuola che formi gli attori: molti attori sono usciti dal Centro Sperimentale, ma non hanno ancora un metodo. Questo manca. Sarebbe bello ripartire, abbiamo un sacco di attori talentuosi.
Alessandro, qual è l'attore che ti ha fatto capire di voler intraprendere questo lavoro?
Marcello Mastroianni. Forse scontato, ma sono cresciuto con i suoi film. Mi piaceva la sua morbidezza, che rivedo in me, e lo dico con onestà. Mi affascinava la sua sensibilità, il suo stare in scena. Creativo, ma moderato e leggero.
Tu sei anche musicista, sei il frontman di Stasera si Busca, che propone le canzoni di Fred Buscaglione, e ti chiedo: quanto è importante la musica nel cinema?
La musica fa l'80% di un film. La musica è vibrazione, un suono ti entra dentro e qualcosa smuove. Mi vengono in mente le colonne sonore di Ennio Morricone per Tornatore. Immagina Nuovo Cinema Paradiso senza quelle musiche...
Tra l'altro ho composto la colonna sonora di un documentario, Documento. Ho scritto il testo della canzone pensando alla tematica: c'è un unione pazzesca per quanto è potente. Noi artisti abbiamo un compito, e quando si può si deve portare un messaggio. E la musica può canalizzare la poesia.