Alla fine del film siamo rimasti sospesi, basiti, esterrefatti. Quasi divertiti, se non fosse per il mal di testa. Eppure, sono solo ottanta minuti. Sì, ottanta minuti di colonna sonora martellante, e di un film girato totalmente (totalmente!) tramite infrarossi, termocamere, telecamere 3D ed effetti visivi da computer grafica anni Novanta, di quelli che tempestavano le notti insonni davanti alla PlayStation. Un mal di testa che non vi raccontiamo, per un'opera che si divincola da qualsiasi stereotipo, preferendo l'istinto e l'ambizione di mettere insieme qualcosa che non era mai esistito, e per questo - ai fini pratici - indistinguibile nella sua struttura cinematografica. Mal di testa a parte, stiamo ancora ragionando su Aggro Dr1ft, lo sperimentale esercizio di Harmony Korine, che ha scelto Venezia 2023 per presentarlo in anteprima.
Stiamo ragionando, e sì, lo ammettiamo: senza scervellarci troppo, potremmo definire l'operazione come qualcosa di inclassificabile. Qualcosa che si esula dal giudizio o dal racconto, un film che rifiuta ogni definizione per antonomasia, avendo dalla parte sua un'azione anche coraggiosa di presa di posizione, e di rottura nei confronti del cinema stesso, che Korine influenza l'anima synth di un film che si sviluppa come si potrebbe sviluppare un videogioco (l'influenza è quella di GTA, sembra palese), per poi abbracciare una tecnica che sfrutta il 3D, l'animazione, gli effetti visivi, e queste dirompenti telecamere termiche, che danno ad Aggro Dr1ft un gusto proprio, indistinguibile - e quindi affascinante - nella sua folle e anarchica presa di posizione.
Se Harmony Korine incontra Travis Scott
Ma di che parla Aggro Dr1ft? Ecco, la narrazione, come prevedibile, è quasi asciugata all'osso, e serve da funzione ritmica per un film accompagnato quasi esclusivamente dal voice over del protagonista. Seguiamo il vagabondo sicario Bo (Jordi Mollà), che si aggira tra le strade di Miami (ecco GTA...) con l'obbiettivo di far fuori il prossimo bersaglio (e tra una digressione e l'altra, spunta pure Travis Scott in un ruolo indefinibile), una specie di criminale orrorifico, rappresentato come se fosse un orco infernale con tanto di spada, di ali, di risata sardonica e malvagia, contornato da prostitute, scagnozzi, dollari, nani mascherati. Del resto, Harmony Korine getta sul tavolo gli ingredienti e mischia tutto, tenendoci a far risaltare una latente violenza, tesa sulle corde di una follia narrativa quanto ideologica nel suo assurdo esperimento cinematografico.
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Aggro Dr1ft è tutto e niente
Esperimento che, potremmo ora essere seri, risulta anche accattivante, spiritoso nonché dolente nella sua disamina, lineare e sempliciotta, sull'amore e sulle relazioni. Il resto di Aggro Dr1ft è materiale spesso, indistruttibile, estremo nella sua tonalità che rifiuta il copione, avvicinandosi ad un flusso di coscienza che viaggia ruota libera, avendo in sé solo la bozza di idea, e mai la scrittura precisa. Può essere cinema allo stato puro, ma pure la negazione stessa del cinema, aggrappandosi alla stessa concezione di un videogioco, e miscelando senza dosaggio inflessioni, bruttezza, ossessioni, vacuità, vagabondaggine (infatti Aggro Dr1ft è il diminutivo di "aggressive drifter", ossia vagabondo aggressivo).
È tutto ed è niente, è la bellezza e la bruttezza, è il paradigma - decisamente più unico che raro - di un film che non può mai essere valutato, e per questo enfatizzato nella sua sperimentalità che insegue - orgogliosamente - l'originalità. Del resto, Harmony Korine non è mai banale, non è mai fine a se stesso, non è mai troppo celebrale. Aggro Dr1ft, che gira in loop sul sound sincopato di AraabMuzik, è quindi un'esperienza estenuante nella tonalità e nella messa in scena, parallelamente ad un'indole che colpisce nel segno, regalandoci qualcosa che potrebbe essere, alla fine del gioco, irresistibile. Forse...
Conclusioni
Sì, una provocazione: abbiamo scelto di dare il massimo voto ad Aggro Dr1ft per la sua totale assenza di genere, di struttura, di percezione. Un'idea dirompente, che funziona ma, intanto, rende estrema ed estenuante la visione. Un esercizio di stile, un esperimento, una traccia lasciata in loop. Un'opera assurda, tra videogioco e videoarte.
Perché ci piace
- Tutto e niente.
Cosa non va
- Tutto e niente.