A Different Man, Aaron Schimberg: “Un film personale contro gli stereotipi su arte, disabilità e deturpazione"

Il bilanciamento tra storia e genere, la narrazione da invertire, la scena di sesso, la crudeltà nella gentilezza: il regista racconta il film con Sebastian Stan, Adam Pearson e Renate Reinsve.

Un'immagine di A Different Man

"C'è un tipico spirito alla Off-Broadway come nel film. Potrebbe esserci un'interruzione perché Aaron sta aspettando gli consegnino un pianoforte". Inizia così la nostra intervista ad Aaron Schimberg, sceneggiatore e regista di A Different Man collegato via Zoom da New York. La stessa città che fa da sfondo alla storia di Edward, un aspirante attore affetto da neurofibromatosi che si sottopone a un intervento medico sperimentale per trasformare drasticamente il suo aspetto.

A Different Man Intervista
Un'immagine di A Different Man

Una volta ottenuto quello che tanto desiderava, la sua nuova vita si trasforma in un incubo quando perde il ruolo che era nato per interpretare. La sua ossessione per recuperare ciò che ha perso lo conduce a interrogarsi su se stesso e mettere in atto comportamenti estremi.

Restare fedeli alla storia

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Aaron Schimberg e Adam Pearson sul set del film

Cupo, ironico, audace. A Different Man si muove all'interno di una cornice thriller dove le atmosfere noir si intrecciano all'umorismo nero. -"Ma non penso molto al genere quando scrivo. Mi concentro alla storia, inserisco ciò che penso sia necessario", riflette Schimberg. "Ad esempio, la procedura medica a cui si sottopone il protagonista non è molto realistica. Ho dovuto guardare un po' alla fantascienza per renderla tale".

"Poi ho riflettuto su come sarebbe avvenuta questa trasformazione e ho pensato al body horror. Ma cerco di non sposarmi con nessun genere specifico e di andare dove mi porta la storia. Ovviamente l'atto di bilanciamento è la parte più difficile perché potrebbero esserci troppe cose in corso contemporaneamente. Devo solo rimanere molto fedele alla storia che sto cercando di raccontare e far sì che tutti gli aspetti del genere fluttuino sullo sfondo".

Invertire la narrazione

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Adam Pearson è Oswald

Quello toccato nel film è un tema molto caro al regista che ha sofferto di labbro leporino e ha fondato il suo cinema sul tentativo di esplorare e dare spazio sullo schermo a personaggi marginalizzati o stereotipati dalla stessa Hollywood. Con A Different Man fa un'ulteriore passo in avanti nell'impegno a invertire la narrazione. Ne è un esempio Oswald (Adam Pearson), anche lui affetto da neurofibromatosi, ma con un approccio completamente differente alla vita rispetto al protagonista interpretato da Sebastian Stan. "È stato un mio grande interesse. Ho la palatoschisi (fessura o spaccatura nel palato, ndr) e questa è una storia molto personale per me", confida il regista.

"È quello che ho cercato di fare nei miei film. L'ho fatto anche con il precedente, Chained for Life", continua Schimberg parlando del suo sforzo narrativo. "Anche quel film cercava di andare contro lo stereotipo. Ma il problema che hai è che devi riconoscere gli stereotipi all'interno del film per cambiarli. Entrambi questi film parlano di arte, disabilità e deturpazione e ho dovuto farlo quasi per necessità. Ho scoperto che non posso semplicemente iniziare con una nuova narrazione, devo affrontare quelle passate e questo, in un certo senso, definisce la trama del film".

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Renate Reinsve Sebastian Stan In A Different Man
Renata Reinsve e Sebastian Stan

"D'altra parte ho anche scoperto che, poiché non ci sono solo stereotipi sulla deturpazione e la disabilità, ma ci sono anche stereotipi sui film sulla deturpazione e la disabilità, significa che è molto difficile per le persone capire come sarà il film. Penso che tutti coloro che vedono A Different Man e Chained for Life pensino di sapere come siano. E quindi il film è già marginalizzato prima che il pubblico lo veda", sottolinea il regista.

"Devi convincerlo per creare questa nuova narrazione. È stata una difficoltà. Ho scoperto che il mio film precedente, nonostante le buone recensioni, lo hanno visto in pochi. La gente ha dato per scontato che tipo di film sarebbe stato. Parte di A Different Man è nato da quell'esperienza e dal tentativo di fare qualcosa di nuovo, creare qualcosa che sarebbe stato intrigante per il pubblico, mostrare loro che è diverso. Ma ho comunque avuto difficoltà. Quasi tutti quelli che lo vedono, dicevano che non è quello che si aspettavano".

L'enigma Ingrid

A Different Man Intervista Regista Aaron Schimberg Film Sebastian Stan
Un'immagine di A Different Man

A scombussolare la vita solitaria di Edward ci pensa la sua nuova vicina di casa, Ingrid (Renate Reinsve). Un'aspirante drammaturga che, a differenza degli altri, sembra avere a cuore il destino del suo dirimpettaio. Ma è la stessa Ingrid che, tempo dopo l'operazione, mette in scena uno spettacolo Off-Broadway ispirato proprio all'amicizia con Edward. Un personaggio complesso, a tratti spaventoso. "Ad essere onesti ero un po' preoccupato perché non riuscivo a immaginare chi potesse interpretarla", ammette Schimberg.

"Chiunque pensavo la potesse interpretare, temevo non avrebbe funzionato. Solo quanto ho visto Reinsve ne La persona peggiore del mondo ho pensato potesse essere interessante. Ma non pensavo avrebbe accettato. E invece l'ha fatto! Era il suo primo film in lingua inglese e gran parte della brillantezza di quel ruolo sta nella sua interpretazione. Ho una sorta di regola quando scrivo: non voglio sapere cosa stanno pensando i personaggi. Credo questo giochi con questa idea di quando sei disabile o sfigurato. Non sai davvero se le persone se ne accorgono o meno. Volevo che Ingrid rappresentasse questo. C'è crudeltà nella sua gentilezza o c'è gentilezza nella sua crudeltà? Cosa c'è dietro di lei? Cosa vuole? Voglio che il pubblico se lo chieda nello stesso modo in cui se lo chiede Edward".

Molto più di una scena di sesso

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Sebastian Stan in una scena di A Different Man

Sempre Ingrid insieme a Guy (la nuova identità di Edward post operazione di cui lei non è a conoscenza) è protagonista di una scena di sesso che contiene al suo interno una stratificazione di significati. "Sulla pagina quella scena era corta. C'erano sono solo alcune righe di dialogo", ricorda il regista. "Non era un gran problema per me perché molte delle mie scene sono lunghe cinque pagine e sono quelle che ritengo essere le principali. Quella era talmente breve che non ci ho pensato davvero finché non siamo stati sul set e stava accadendo".

"A quel punto mi sono detto: "Non riesco a credere a cosa sta succedendo". Non mi sono reso conto dei livelli all'interno della scena. Era davvero qualcosa di cui immagino di essere stato consapevole in un certo modo quando stavo scrivendo, ma è stato solo quando l'ho visto svolgersi davanti a me che ho pensato che fosse un momento molto intenso".

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Una storia universale?

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Sebastian Stan e Renate Reinsve

A Different Man si muove attorno ai temi di identità e gelosia. Due poli in cui, anche grazie ai social, è facile trovare punti in contatto con la nostra società. "Per me è una storia personale che ho sempre voluto raccontare. Credo che le idee nel film siano sempre rilevanti, ma non pensavo necessariamente in termini di universalità o che fosse un argomento attuale che dovesse essere affrontato", spiega il regista.

"Riguarda il protagonista e la sua esperienza con la sua deturpazione. Ero preoccupato quando lo stavo scrivendo se qualcuno sarebbe stato in grado di relazionarsi a questo film o se lo stavo facendo solo per me stesso perché stavo davvero esprimendo molti sentimenti personali. Immagino che potrei dire che è stato gratificante. Non so se è la parola giusta, ma così tante persone si sono identificate con il film e ci si sono rispecchiate dicendomi che è universale e che parla del momento attuale. Ma non posso dire che nello scrivere ci stessi pensando".

La prova di Sebastian Stan

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Sebastian Stan nei panni di Guy

Con A Different Man Sebastian Stan ha dato ulteriore prova della sua intenzione di prendere parte a progetti che si discostino dallo stereotipo dell'attore di Hollywood. "Quando abbiamo iniziato a parlarne ho subito capito che c'era qualcosa in lui, che era giusto per il ruolo", ricorda Schimberg. "Non voglio dire che è insicuro, non credo lo sia. Ma penso ci fosse una parte di lui torturata che stava cercando di esprimere in questo ruolo".

"Le persone lo vedono in un certo modo e ha sempre interpretato un certo tipo di ruoli. Penso che in base al suo aspetto le persone diano per scontato cose su di lui. Quando dicevo alla gente che Sebastian Stan era nel mio film, erano confusi. Deve interpretare ruoli come questo per mostrare un'altra parte di sé. Penso davvero sia stato in grado di esprimere quel lato torturato e consapevole di sé in questo film in un modo che non ha potuto fare in altri ruoli".